Giovanni Robertini: Hai visto? C’è una novità quest’anno nel grande romanzo sanremese: le interviste ai big in gara spalmate a tappeto nei giorni di avvicinamento al Festival, tanto per ribadire che l’Ariston non è più una zona temporaneamente autonoma bensì un loop infinito. E l’aria che si respira è di grande angoscia: c’è la cantante che non è sicura di sé, quello che va dallo psicanalista, chi ha paura del successo e chi di essere dimenticato, ansie e attacchi di panico, collassi esistenziali. Altro che “sono solo canzonette”, c’è disagio. Ma la speranza che un po’ di questo disagio entri, con la grazia di un arpeggio di Nick Drake o con la cazzimma delle rime strascicate di Paky, nelle canzoni del Festival è poca. Sfoglio Tv Sorrisi e Canzoni cercando un po’ di senso nei testi delle canzoni, mi aggrappo all’Arca dell’umanità andata a fondo scritta da Bianconi per Anna Oxa – la canzone si chiama Sali (Canto dell’anima) –, e poi mollo subito il colpo, il disagio a questo punto è il mio.
Alberto Piccinini: L’ho letta anch’io l’Arca, non c’ho capito niente. Non ho capito soprattutto verso dove dovrebbero salire l’uomo e la donna per dimenticare tutta “la falsità che nutre il mondo” di cui anche giustamente ci si lamenta nei versi iniziali. E poi Noè non c’è. Perché? Ma in generale l’ottimismo di Bianconi mi lascia senza parole. Andare all’Ariston a cantare la cover di Sarà perché ti amo coi Coma_Cose è puro revival di Spazio Petardo, una mano tesa agli ultimi snobboni di Sanremo, cioè noi. Già che c’erano, avrebbero potuto fare Mamma Maria con il parroco di The Voice Senior, don Bruno della Valsassina, hai presente? Ma io quest’anno sarò duro. Vade retro Sanremo. Approfitto di questo silenzio prima della battaglia per concepire degli adesivi da distribuire in giro prima che tutti perdano la testa, magari degli sticker per i profili social. Li vorrei brutti, un po’ cringe. “Sanremo contro” a forma di barchetta. Che ti pare? Sanremo, nein danke giallo col simbolo radioattivo. Come dici? Ah sì, giustissimo, Sanremo con l’A anarchica, tipo vecchio punk. Molto attuale.
GR: L’anarchismo era una cosa da cantautori, e pure di un certo peso, De André e Guccini. Poi è diventato un brand per cantanti pop che, dopo lunghe riunioni con esperti di marketing delle case discografiche e pavidissimi sorridenti uffici stampa, avevano capito che schierarsi a destra o a sinistra rischiava di far perdere qualche follower: “Ecco, puoi dire che sei anarchico… anarchico libertario. Così sei parato, a destra e a sinistra. Eh, non male, vero?”. E in mezzo c’è Morgan, che da anni ci percula tutti. Ho trovato un estratto di una sua vecchia intervista su Rivista Anarchica online. Diceva che Gaetano Bresci era un esempio da seguire tanto che “il titolo dell’album Da A ad A sarebbe dovuto essere Quando l’anarchico Bresci passò per Monza”. Ora tifa Giorgia e la whatsappa pure. Nessuna morale, per carità, solo “che noia”.
AP: Purtroppo Rivista Anarchica ha chiuso per sempre due anni fa quando il suo direttore Riccardo Finzi si è buttato sotto un treno. Grande amico di De Andrè, ha lasciato online tutto il suo archivio nel caso qualcuno volesse ripassare, con l’aria che tira. Altri tempi. Altro giornalismo. Ah, a proposito, ho già letto qui su Rolling Stone Grignani e i Coma_Cose. Molto pensierosi, fin troppo. Ho letto sempre qui un’intervista agli Statuto che andarono a Sanremo nel ‘92 ma prima, raccontano, misero ai voti la spedizione tra i mod di piazza Statuto appunto. Meravigliosi. E comunque penso che adesso si potrebbe lavorare finalmente sull’anteprima vera, quella delle canzoni. Darle solo ai giornalisti come adesso è buttata via. Perché non farne sentire tre o quattro note prima del festival, anche una nota al giorno tipo quei vecchi giochi Il Musichiere o Sarabanda? Magari un concorso a premi, un abbonamento premium. L’anno prossimo faranno così, te lo dico.
GR: Intanto faccio un po’ di detox preventivo con il nuovo video di Paky insieme al rapper albanese Finem, girato tra Rozzano e il quartiere di Tirana Katror. E mi chiedo cosa è cambiato da quando gli albanesi sognavano di venire qui imparando l’italiano con le canzoni di Sanremo. Se è Katror che è diventata Rozzano, o viceversa. E tra Sanremo e Rozzano/Katror chi ha vinto?
AP: Hai sentito che roba? Finem, Paky, Gjujna nga/ Ducati
Mafia, Napoli/ Mase-Masera-ti-ti. Tò-tò-to Totò Riina. Ne vado pazzo. Paky sputa in faccia la verità a questo Paese che si balocca da un mese con Messina Denaro, il 41bis, i covi, le intercettazioni, Minnie e Topolino, fingendo tutti di essere buoni e giusti. Ce l’aveva già spiegato Saviano che tra capitalismo e mafia non c’è confine. Però Paky ha addosso la tuta del Napoli.