La strana danza di Philip Selway, il batterista dei Radiohead | Rolling Stone Italia
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La strana danza di Philip Selway, il batterista dei Radiohead

Per il suo terzo e più intimo album 'Strange Dance' ha affidato la batteria all'italiana Valentina Magaletti per concentrarsi sul songwriting. E sui Radiohead ci ha detto: «Ci incontriamo con regolarità e c'è l'intenzione di fare nuova musica assieme»

La strana danza di Philip Selway, il batterista dei Radiohead

Philip Selway

Foto: Phil Sharp

Un disco di Carole King se avesse collaborato con Daphne Oram, con lui alla batteria: erano queste le intenzioni di Philip Selway, batterista dei Radiohead, nonché compositore di colonne sonore, per il suo terzo album solista (dopo gli ottimi Familial e Weatherhouse) in uscita il prossimo 24 febbraio. Il disco si intitola Strange Dance ed è un flusso di coscienza che si fa strada in mezzo al caos: la voce di Phil sussurra epifanie esistenziali lucide e angoscianti e cerca di mantenere la rotta in mezzo a un frastornante e sinistro caleidoscopio orchestrale ed elettronico costruito in collaborazione con la produttrice bresciana Marta Salogni e la compositrice Laura Moody. Un viaggio in solitaria in cerca di risposte che, per quanto insufficienti, si possono trovare forse solo tra le braccia degli affetti più cari.

Non è un pandemic album, come ci racconterà Philip, ma la solitudine è al centro della scena. In ogni caso il disco è una gemma degna della decoratissima carriera di Selway, e forse è il suo lavoro più personale, qualsiasi cosa voglia dire: il lavoro di «un cinquantacinquenne che non vuole nascondere di esserlo», in cui Selway appare nella sua versione più inerme e fragile. Oltre a lui, Marta Salogni e Laura Moody, nel disco ci sono diversi musicisti come Hannah Peel, Adrian Utley e Quinta, con una menzione speciale per l’italiana Valentina Magaletti: la maggior parte delle batterie che si sentono nel disco sono opera sua, e con una punta di orgoglio patriottico osserviamo che essere scelta come batterista per il disco solista del batterista dei Radiohead non è certo una cosa comune.

Abbiamo quindi fatto una chiacchierata con Philip Selway per farci raccontare tutti i dettagli di questa sua strana danza.

La prima cosa che si nota di questo disco è che tutto ruota attorno a canzoni scritte con un approccio cantautorale. Tu sei membro di una band, compositore di colonne sonore, persino percussionista in una band di maghi in Harry Potter e il calice di fuoco, ma hai più volte dichiarato che la il tuo rapporto con la musica è iniziato scrivendo canzoni: come è stato per te tornare in qualche modo a queste origini?
Diciamo che alla fine di ogni progetto per cui lavoro mi accorgo di avere imparato delle cose: ogni colonna sonora, ogni pattern di batteria per i Radiohead o per altri progetti mi portano dentro a un processo che alla fine mi lascia a un nuovo punto da cui partire per il progetto successivo. Scrivere le canzoni per questo album è stato uno di quei momenti in cui mi sono sentito di nuovo all’inizio di qualcosa da approcciare con ciò che ho imparato negli anni. Per me ogni progetto è un nuovo punto di partenza per scoprire delle cose su di me e sul mio modo di vivere la musica.

E cosa hai scoperto di te stesso facendo questo disco?
Credo che uno dei punti di forza di questo disco sia la connessione tra voci musicali diverse. È stato un processo di composizione molto collaborativo. Una delle cose interessanti del fare canzoni è che sono in grado di rivelarsi sotto luci nuove in qualsiasi momento del processo. Mi spiego: penso ad esempio alla scrittura dei testi, io non riesco a sforzarmi o a pensarci troppo, al contrario devo riuscire a entrare in un certo stato mentale e lasciarmi trasportare dal processo e dalla situazione, quindi molto spesso mi capita di non capire subito nell’immediato il perché di certe cose che scrivo. Quando poi il lavoro va avanti, capita che le cose si facciano più chiare, anche all’improvviso. Quando succede mi sorprende sempre, rivelandi molto di me e del mio lavoro.

Secondo Gigwise sei il ventiseiesimo batterista più grande di tutti i tempi…
Wo-hoo!

Ma nel tuo disco non suoni le batterie: che cosa è successo?
In realtà ho provato ad andare in studio e suonarle, e qualcuna di quelle tracce è rimasta nel disco finale. Però in generale mi sono accorto che la cosa non stava andando come volevo. Ero molto focalizzato sugli arrangiamenti e sull’avere una visione di insieme del disco, ma quello che stavo facendo come batterista non mi convinceva fino in fondo.

E quindi hai scelto Valentina Magaletti.
Me l’ha suggerita Marta Salogni, che aveva già lavorato con lei in vari altri progetti. Valentina è straordinaria, con lei è stato tutto velocissimo, ci ha messo l’anima e si è visto, ha capito subito come poter dare il suo apporto al disco.

Philip Selway - Check For Signs Of Life (Official Video)

In studio con voi c’era anche il pittore Stewart Geddes, che ha realizzato l’artwork dell’album. Ci racconti come è andata?
Io e Stewart siamo amici, durante il lockdown ci sentivamo praticamente ogni settimana per confrontarci su quello che stavamo facendo, e ho notato fin dal primo momento che non erano semplici conversazioni stimolanti: in qualche modo entrambi reagivamo concretamente a quello che ci dicevamo, non saprei spiegarlo in un altro modo. Così è venuto abbastanza naturale il fatto che a un certo punto lui venisse a trovarci durante le sessioni di registrazione e provasse a dipingere qualcosa cercando di cogliere l’atmosfera che si stava creando, riportandola nei suoi lavori. E in maniera altrettanto naturale uno di questi lavori è diventato la copertina del disco.

In un verso della title track ti definisci un “hollowed, brittle fool”.
Sì, ero molto compiaciuto in realtà da quel verso, quando mi è uscito.

E cosa intendevi? È stato liberatorio darsi dello stupido?
Diciamo che non è uno stato mentale che vivo sempre, ma che cattura uno di quei momenti che secondo me capitano a tutti, in cui prendi per un attimo le distanze dalla tua vita e dal tuo percorso e non riesci a capire fino in fondo il senso di cose che di solito invece ti sembrano normali, ordinaria amministrazione della tua vita. Sono quei momenti in cui ti chiedi per davvero il perché di quello che stai facendo, e ti viene il dubbio che non ci sia, e che tu sia, appunto, uno stupido che semplicemente cerca di gestire tutte le contorsioni che devi fare per mantenere uniti gli elementi contrastanti della tua vita.

È questa la Strange Dance di cui parli e a cui hai intitolato l’album?
Sì, direi di sì. Ma c’è una bellezza in questo, a modo suo.

Philip Selway - Picking Up Pieces (Official Video)

C’è una domanda che ti devo fare per forza, non vorrei ma devo…
Fammi indovinare (ride) è una domanda sui Radiohead?

Centro. Hai detto di recente che vi state incontrando per «valutare nuove idee».
Sì, confermo. Nel senso, ci incontriamo regolarmente e abbiamo assolutamente intenzione di tornare a fare qualcosa insieme come band, anche se nell’immediato futuro abbiamo tutti deciso di lasciarci un po’ di spazio per i nostri progetti al di fuori della band. Anche se comunque, non so come spiegare, ma in qualche modo tutto quello che facciamo ci piace pensare che rientri in un certo senso sotto l’ombrello dei Radiohead: la nostra esperienza come band ci stimola idee per i nostri progetti separati e i nostri progetti separati stimoleranno i nuovi lavori dei Radiohead.

Gli altri hanno ascoltato il disco o aspettano la pubblicazione ufficiale?
L’hanno ascoltato, certamente. Siamo sempre in contatto.

Torniamo al tuo disco: l’ultimo pezzo si intitola There’ll Be Better Days. È una promessa, una speranza o una minaccia? Qual è il tuo rapporto con il futuro?
Nonostante quello che scrivo e che suono, posso dire che complessivamente sono una persona abbastanza ottimista. Volevo lasciare il disco in un posto bello, in un futuro in qualche modo luminoso nonostante tutto.

A proposito di futuro: c’è qualche progetto più o meno recente che ha catturato la tua attenzione nell’ultimo periodo?
Sì, direi di sì, ce ne sono tanti. Posso rispondere con quello che stavo ascoltando poco prima di questa intervista: stavo ascoltando Little Simz, che di recente è esplosa e che secondo me è davvero molto brava.

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