Per la destra le elezioni regionali in Lazio e Lombardia hanno superato ogni più rosea aspettativa, anche quelle (già piuttosto ottimistiche) delineate dai sondaggi delle ultime settimane. Francesco Rocca e Attilio Fontana hanno staccato nettamente i candidati delle opposizioni, confermando che la coalizione di Giorgia Meloni, a poco più di quattro mesi dalle elezioni dello scorso settembre, gode ancora di ottima fama e consensi.
Quello di Rocca, nuovo governatore del Lazio dopo due mandati consecutivi di Nicola Zingaretti e storico volto della Croce Rossa Italiana, è un mandato pienissimo: il suo successo clamoroso (oltre il 50%, superiore anche alla somma dei candidati del centrosinistra-terzo polo, e del Movimento Cinque Stelle), in base ai sondaggi pubblicabili prima del voto, non è comunque stato mai messo in discussione. Ma adesso, fin dal varo della nuova giunta, avrà il compito non facile di mantenere gli equilibri all’interno della propria maggioranza, con il ruolo ingombrante di Fratelli d’Italia che punterà ad accaparrarsi gli assessorati di peso (in primis sanità e rifiuti) e che rischia di lasciare solo le briciole a Lega e Forza Italia, lontanissimi dai risultati ottenuti dal partito di Meloni.
Contro ogni aspettativa, anche la rielezione di Fontana è stata agevole: ha raggiunto il 54,4% delle preferenze, seguito da Pierfrancesco Majorino (centrosinistra-M5s) che si è fermato al 33,3%. L’ex sindaco di Varese è reduce da cinque anni parecchio complicati, soprattutto per via di una gestione della pandemia da Coronavirus parecchio discussa e criticata, oltre che per la riconosciuta scarsa qualità dei servizi offerti da importanti aziende controllate dalla regione come Trenord (l’azienda ferroviaria regionale) e ALER (che gestisce migliaia di case popolari in varie città lombarde). Eppure, nonostante i consensi in caduta libera della Lega e del suo segretario Matteo Salvini, Fontana è stato riconfermato con un risultato che addirittura migliore di quello ottenuto nel 2018, quando raccolse il 49,75 per cento dei voti.
Come nel caso delle elezioni politiche, anche il voto delle regionali deve essere riletto alla luce di un astensionismo sempre più sistemico. I dati definitivi dell’affluenza nei 1.882 comuni al voto per le regionali di Lombardia e Lazio confermano il forte calo della partecipazione: ha votato il 40% (rispetto al 70,63% alle precedenti omologhe, quando si votò in un solo giorno). Insomma, votano in pochi, e quei pochi sono dei fedelissimi di Meloni e alleati. È questo, forse, il dato più doloroso in assoluto: non crediamo più nella politica (intesa nel senso più nobile del termine, ossia come unico mezzo possibile per migliorare la qualità delle nostre vite). Neppure la ripetizione ossessiva delle massime più gettonate («Occupati di politica, o la politica si occuperà di te»; «Il voto è un dovere civico») si è rivelata utile per portare gli elettori alle urne nelle due regioni più popolose d’Italia.