Bluem trasforma le leggende sarde in pop elettronico d’autore | Rolling Stone Italia
Futuro remoto

Bluem trasforma le leggende sarde in pop elettronico d’autore

‘Nou’, il suo nuovo album, è un viaggio in un club mediterraneo tra paesaggi avant pop e miti di un’isola in cui il tempo si è fermato. E sull’essere donna e produttrice: «Si dà per scontato che debba farmi aiutare»

Bluem trasforma le leggende sarde in pop elettronico d’autore

Bluem

Foto: Valeria Cherchi

Nou in sardo significa nuovo, una parola che istintivamente associamo al futuro ma che nella sua semplicità può spesso portare ad altre imprevedibili strade. È il caso ad esempio di quelle che spesso sceglie Bluem, artista sarda trapiantata a Londra, già da un po’ nei radar dei più attenti, specie quelli abili ad associare la parola nuovo a un certo tipo di percorso sonoro. Classe 1995 ma con il pedigree di chi ne sa — il suo alias è ispirato alla Blue Moon di Billie Holiday, per capirci — Chiara Floris arriva al suo primo esame di maturità dopo l’esordio di Notte, album che mescolava pop elettronico e R&B mediterraneo e in cui si scorgeva già l’idea dell’artista di cercare una svolta quasi esotica al cantautorato italiano.

Nou — che sì, è il titolo del nuovo album, oltretutto — è per Bluem il primo tassello verso una maturità ragionata, che continua a tenere botta alla prima ondata di hype che il suo debutto ci raccontava. Ed è soprattutto un disco in cui miti e leggende della Sardegna rivivono in vesti sempre diverse: prima nel passato, poi nel domani. Tra figure mitologiche e magiche (Creusa di Corinto, la leggenda sarda delle Janas), letteratura e incursioni in una tradizione senza tempo, è un inno alla femminilità che esplora i lati più intimi di un’artista che pesca dal passato per proiettarsi sul futuro.

E nonostante l’ascolto del disco ci porti avanti rispetto a molte cose che sentiamo in Italia, ci accorgiamo di essere rapiti tra le lande deserte dell’entroterra sardo, dove l’orologio si è fermato. Quindi di che futuro parliamo, davvero? Lo abbiamo chiesto alla diretta interessata.

Notte, che usciva quasi due anni esatti fa, si può definire come un ritratto nostalgico e molto sentito di una Sardegna vista da lontano, quella che hai incontrato di nuovo dopo la tua partenza a Londra. In quel caso lo avevi descritto come una raccolta di cartoline sonore che la ricordavano, qui mi pare di capire ci sia un lavoro più pensato e maturo: con che idea sei arrivata a Nou?
Sì, fondamentalmente sono due dischi nati da un’esigenza molto diversa: Notte nasce in un appartamento a Londra, durante un periodo per me molto duro ed in cui la nostalgia verso casa si faceva sentire più che mai. Lavoravo in un bar, avevo un rapporto piuttosto tossico con una persona, quindi tutto ciò che venne fuori da quel disco era essenzialmente un sentimento di nostalgia per ricordi felici. Un mio amico mi aiutò a finire la produzione e attraverso dei contatti in Italia a definirne la release, quindi fu tutto abbastanza estemporaneo. Nou al contrario nasce già con molte più aspettative addosso, perché il progetto era poi partito ed in poco tempo diventato qualcosa di “serio”, diciamo così.

Cos’è altro è cambiato per te in questi due anni?
C’è stata sicuramente più pressione, lo immaginavo e va anche bene che ce ne sia stata. Ma volevo soprattutto che arrivassi più io, e in maniera giusta: per qualche ragione il grosso del lavoro del mio primo album era stato attribuito a Simone (D’Avenia, co-produttore di alcuni brani del disco, ndr), che mi ha aiutato in produzione e mi ha accompagnato in tour. E questo nonostante avessi messo me stessa al 100%, sia a livello di scrittura che di produzione, fino ad arrivare all’identità creativa del progetto. Fa un po’ parte di questo retaggio culturale in cui si dà per scontato che la donna debba farsi aiutare dagli uomini, soprattutto se parliamo di musica pop. Per la maggiore si pensa che una donna in grado di produrre musica può fare solo un progetto di nicchia, quello che non ascolta nessuno, ma non è affatto così. E questo mi aveva fatto passare un periodo non facile.

BLUEM - angel (Official Visualizer)

Quindi stiamo ascoltando Bluem, al 100%.
Bluem c’era anche prima, ma per quello che sottolineavo si trattava più di una difficoltà degli altri ad attribuirmi vero valore come artista. Simone aveva una figura molto più tecnica che creativa, mi ha aiutato molto e non ha mai provato ad imporsi in alcun modo, anzi. Dall’altro lato invece era percepito come il “proprietario” del progetto in quanto co-produttore, cosa che vedo accadere spesso anche nei casi di altre artiste.

E questo alla fine ti ha stimolato ancora di più.
Sì, è un preconcetto che viene fuori anche senza cattiveria, a volte, ma che mi ha creato sofferenza in maniera non indifferente. Mentre Nou stava prendendo vita ho scoperto la storia di molte altre donne produttrici, che ho coinvolto nel lavoro del disco, che hanno avuto esperienze simili. Ed in cui cresce un’inaccettabile paranoia per loro stesse, come per me in quell’occasione.

Come hai affrontato quel momento?
Sono partita per la Sardegna la scorsa primavera e per questo disco pensavo avrei fatto tutto da sola, per evitare succedesse ancora. Però mi sono resa conto che pur di dimostrare qualcosa stavo togliendo a me stessa la possibilità di esplorare altri territori, attraverso nuove persone. Non era la risposta giusta.

Infatti alla fine ci sono diverse collaborazioni, nel disco, dall’Italia (con Arssalendo, Giumo, Luigi Visconti e Bawrut) a Londra (come Milo Merah). Ci sono soprattutto tante storie di donne, dalla voce di Yasmina al violino di Adele Madau, fino a Francine Perry, che ha mixato il disco, in un racconto a più mani della tua Sardegna.
Sì, assolutamente. E tutti gli uomini con cui ho collaborato nella produzione sono sempre stati estremamente rispettosi della mia visione e di quello che volevo dal disco, senza mai imporsi. Hanno ascoltato qualsiasi appunto ed io sono riuscita a creare l’equilibrio che cercavo, per cui è stata un’esperienza che in questo senso mi ha ridato speranza, in questo senso.

Nel cuore della storia, Nou parla di un luogo senza tempo: hai messo insieme miti e leggende sarde (dalla Creusa di Corinto alla Sula raccontata da Sergio Atzeni nel romanzo Passavamo sulla Terra leggeri), e nel singolo Adele è presente un sample del cantu a tenore sardo. Come hai messo insieme tutti questi elementi?
Nou in Sardo significa nuovo e la cosa ironica è che il titolo nasce ancora prima dell’album: volevo dare un’impronta di cambiamento e creare un ponte tra il pop e più linguaggi possibili, e ho cercato di farlo in ogni brano. A differenza del flusso di coscienza di Notte qui è stato tutto intenzionale, ho proprio cercato le parole di un racconto che avesse importanza per me stessa, e l’ho trovato in quello della femminilità attraverso i luoghi della Sardegna.

Nonostante una forte componente folk rimane però sullo sfondo un panorama di influenze e citazioni sempre molto versatili, dall’elettronica più marcata di Gold alle ballate pop Piano Song e Angel fino all’ingresso in un club al centro del Mediterraneo con Moonlight e Adele. Senti che in questo disco Bluem abbia trovato uno stile ben definito?
Sì, credo in Nou si percepisca soprattutto il fatto io mi sia trasferita appena maggiorenne a Londra e colto influenze differenti pur combinandole con quelle del mio passato. È stato un salto totale rispetto alla vita precedente, credo mi abbia stimolato ancora di più a unire diverse anime del racconto, dove si incontrano le mie origini – fatte di una famiglia con una forte connessione con la natura, storie e personaggi mitici, che rivivono durante i brani – e quella che sono diventata dopo.

BLUEM - piano song (Official Visualizer)

In un certo senso è come ricordare il rapporto con una persona cara, la tua terra, ma attraverso ricordi mai vissuti.
È bello tu abbia detto questa cosa, perché mi capita spesso nel confronto con altri creativi e artisti sardi si faccia riferimento alla Sardegna come una donna, una madre. Quindi sì, una persona e anche una figura ben precisa. Sono arrivata alla conclusione, e mi è stato confermato da chi rimane a viverci, che chiunque la lasci per molto tempo riesce a raccontarla e capirla meglio. Come arrivasse ad una comprensione migliore del rapporto, in un certo senso.

Oltre alla musica, la direzione artistica e creativa di Bluem è sempre molto curata, si percepisce come un aspetto che curi molto nei dettagli. Com’è cresciuta questo tuo aspetto nel tempo?
Per me è importante tanto quanto la musica, deriva dalla passione per la fotografia, che è stata presente sin dal liceo. A Londra ho avuto l’opportunità di lavorare alla Photographers’ Gallery a Soho, che mi ha permesso di conoscere artisti come Jasmine Färling, che ha curato il racconto fotografico di Notte. Per rappresentare il comparto visivo di Nou ho invece lavorato con Valeria Cherchi, anche lei sarda, che è autrice di Some of You Killed Luisa, un viaggio foto-testuale nelle storie dell’anonima sarda tra gli anni ’60 e ’90. Mi sembrava perfetta per la dimensione che si respira nell’album: da parte mia c’è sempre uno sforzo significativo per far sì che in Bluem questa componente creativa ed estetica vada di pari passo alla ricerca sonora ed alla musica.

C’è quindi molto lavoro dietro questo disco, ma dalle tue parole intuisco che il progetto sia sempre in movimento verso il nuovo, per citare lo stesso album. Come ti immagini il futuro di Bluem?
Per la devozione che ho al progetto so già che continuerò a farlo crescere in maniera lenta, ma anche coerente e proporzionale a quello che mi sento di fare davvero: dicono no a molte cose. È il percorso che mi ero promessa di fare, sia che si tratti di coltivare un pubblico che di esportare la mia musica in Regno Unito, come sto cercando di fare vivendo qui a Londra. Sicuramente vorrei non rimanere confinata al mercato italiano, questo sì, ma ogni scelta sarà coerente a quanto ho fatto finora, anche dopo questo album.

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