Londra, Hammersmith, Riverside Studio, una bella serata estiva. Andare a West per uno che vive a East London significa che ne deve proprio valere la pena. L’occasione la offre Tarantino Live, uno spettacolo su cui avevo messo gli occhi da qualche settimana e che mi aveva incuriosito. Un musical ispirato dai film e dalle colonne sonore di Quentin. Proviamo. E ho fatto bene. Tarantino Live è un tour de force in cui i personaggi di Pulp Fiction incontrano quelli di Kill Bill, intrecciandosi con Bastardi senza gloria e C’era una volta a… Hollywood. Il copione è un collage delle scene più famose del cinema di Quentin, le canzoni sono usate come filo narrativo, l’esperienza è immersiva, gli attori scendono continuamente in platea, interagendo con il pubblico. C’è una band che suona e un cast composto da professionisti del musical del West End, scelti appositamente per l’occasione.
Già, perché Tarantino Live in realtà è uno show che va avanti da un pezzo, e con grande successo, come quello che sta riscuotendo a Londra, dove i biglietti vanno a ruba ogni sera. L’impostazione è quella che sta andando per la maggiore nelle ultime stagioni, non un’ingessata rappresentazione con la platea seduta, ma un set-up da comedy bar con tavolini nella zona più vicina al palco e centocinquanta posti a sedere tradizionali, comunque vicinissimi al palco. Non a caso lo show di maggiore successo degli ultimi anni nella capitale britannica è la nuova versione teatrale di Cabaret, che ha debuttato nel dicembre 2021 con Eddie Redmayne e Jessie Buckley protagonisti al Playhouse Theatre, per l’occasione convertito nel Kit Kat Club, un vero e proprio locale degli anni Trenta dove è possibile anche cenare durante lo spettacolo, facendone di fatto parte. È sold out praticamente da un anno e mezzo.
Se avete in programma di andare a Londra entro il 13 agosto, vi consiglio intanto di prenotare il vostro posto a Tarantino Live, che, come vi dicevo, è ormai uno spettacolo rodatissimo, come mi ha raccontato Anderson Davis, co-creatore dello show. «Tutto è nato 13 anni fa con Shane Scheel, che è il mio socio in affari e il co-creatore di For the Record, la società che produce questo e altri spettacoli. Inizialmente era solo un concerto con le canzoni tratte dalle colonne sonore dei film di Tarantino. Gli interpreti erano tutti nostri amici, attori e cantanti di talento che però non riuscivano a sfondare, me compreso a dire il vero. Ci esibivamo in un piccolo cabaret, cinquanta posti a sedere, la gente impazziva, cantava insieme a noi e ballava sui tavoli. Poi con Shane abbiamo pensato di sviluppare l’idea e farne qualcosa di diverso, e così è nato lo show, che in dieci anni è cresciuto e ha girato grandi nightclub, navi da crociera, è andato a Las Vegas e poi al South by Southwest Festival e al Montréal Jazz Festival, e in tanti altri posti in giro per il mondo».
Un successo travolgente, come lo spettacolo d’altronde, che gioco forza nel giro di dieci anni è cambiato, perché nel frattempo Tarantino ha girato un paio di film. «E ogni volta lo show deve adattarsi, e abbiamo ampliato il concept. Siamo partiti da una serie di scene che ripercorrevano i punti salienti della sua carriera, si iniziava con Le iene e si finiva con il film più recente. Poi abbiamo incominciato a creare un mondo interconnesso e sovrapposto in cui tutti i personaggi dei suoi film interagiscono in un unico universo. Lo spettacolo che portiamo in scena a Londra si apre con Charles Manson e C’era una volta a… Hollywood, per molti versi una versione inedita».
La forza di Tarantino Live è naturalmente la musica, eseguita e cantata dal vivo da un cast di grandi professionisti «trovati qui a Londra e tutti con un perfetto accento americano, siamo stati incredibilmente fortunati». Voci da Broadway, presenza scenica e grande sincronia, perché lo spettacolo è un continuo gioco d’incastri, con le scenografie che si compongono sul palco, i personaggi che si intrecciano e si trasformano, film che vengono citati all’interno di altri, con anche un paio di gustosi Easter eggs di Quentin solo sceneggiatore.
A proposito, ma Tarantino l’ha visto il suo musical? «Sì, non lo dimenticherò mai, ero seduto proprio accanto a lui ed ero terrorizzato di scoprire cosa pensasse di quello che stavamo facendo con i suoi film. Quando è finito lo show ci ha guardato e ha detto: “Non dovrebbe funzionare. Ma non riesco a credere che funzioni così bene”. Stava impazzendo. E aveva ragione, lo pensavo anch’io. È una follia. Ma funziona così bene».
La cosa più interessante è la consapevolezza di scoprire che il cinema di Quentin Tarantino è diventato qualcosa di più di “semplici” film. Durante lo spettacolo mi sono reso conto che le scene che stavo vedendo e sentendo in inglese le stavo recitando a mente a memoria in italiano, da Ezechiele 25-17 a Samuel Jackson e Robert De Niro che discutono nel van in Jackie Brown. Perfino quelle tratte da A prova di morte (che avrebbe bisogno di una revisione di tanto in tanto) sono state delle madeleine proustian-cinefile.
A proposito di cinefili, presto bisognerà scrivere un’altra versione di Tarantino Live, dopo l’uscita di The Movie Critic. «E non vediamo l’ora, abbiamo la sensazione che sarà la chiusura perfetta del suo universo».
Quello della For the Record di universo è composto da altri show come Tarantino Live ispirati al cinema. Ce n’è uno sui film di Baz Luhrmann, uno ispirato al cinema di Martin Scorsese, uno addirittura sull’opera di John Hughes, quindi la fantasia ha galoppato per Davis e soci.
Un’ultima annotazione su Tarantino Live. Il sottotitolo dello show è Fox Force Five and the Tyranny of Evil Men. Come si desume sono le donne di Tarantino le protagoniste, e saranno loro a dare un senso a tutto quello che per due ore accade sul palco. Niente spoiler, se non il fatto che una volta tornato a casa ho avuto l’irrefrenabile desiderio di rivedere Kill Bill. Come il buon vino, invecchiato vent’anni è ancora meglio.