La televisione italiana è il parco giochi dei negazionisti del clima | Rolling Stone Italia
Mercanti di dubbi

La televisione italiana è il parco giochi dei negazionisti del clima

Nonostante le ondate di calore, i nubifragi e gli incendi, alcuni commentatori provano a rassicurarci. Uno di questi è il giornalista Andrea Giambruno, compagno di Giorgia Meloni, secondo cui «è estate e fa caldo, come sempre»

La televisione italiana è il parco giochi dei negazionisti del clima

Il giornalista Mediaset Andrea Giambruno

Foto di Ernesto Ruscio/Getty Images

«Nessun catastrofismo, nessun effetto del cambiamento climatico: è estate e fa caldo, come sempre». Con queste parole il giornalista Mediaset Andrea Giambruno, compagno della premier Giorgia Meloni, apre una delle ultime puntate di Diario del Giorno – la striscia che conduce su Rete4 –, quella dello scorso 21 luglio.

Mentre Giambruno prova a rassicurare l’audience pronunciando le sue sentenze, l’Italia è alle prese con un’ondata di calore senza precedenti: a Sud le temperature superano agevolmente i 40 gradi, la Calabria e la Sicilia sono funestate dagli incendi e il maltempo crea danni sempre più ingenti in Brianza – per il nubifragio di Milano bisognerà attendere solo una manciata di ore. «Oggi è il grande giorno del grande caldo torrido», prosegue Giambruno, «e qualcuno si chiede se sia una novità che nel mese di luglio si raggiungano queste temperature. Secondo noi non è poi una grande notizia, però in effetti si continua a parlarne e dibattere». Per commentare questa “non grande notizia” il conduttore invita in studio l’editorialista di Libero Vittorio Feltri, per distacco il provocatore più abile della stampa italiana.

Giambruno lo incalza e Feltri decide di recitare la sua parte, rispolverando l’armamentario retorico cui il quotidiano di Via Majno ci ha abituati negli anni – l’armamentario dei “gretini”, per intenderci. «Direttore, la notizia, ammesso che tale sia, è che a luglio fa caldo e probabilmente a dicembre nevicherà»,  dice Giambruno sghignazzando di gusto. «Ma secondo gli ambientalisti la colpa è di noi cittadini che non ci curiamo dell’ambiente». A quel punto Feltri ha buon gioco e, come dire, fa il Feltri: «Gli ecologisti sono dei conformisti che parlano di caldo record, ma è sempre stato così a partire dagli anni Ottanta. A me del caldo non interessa, non lo soffro e non sudo nemmeno…».

 

Dopo essersi compiaciuto della pacca sulla spalla dell’ospite il conduttore è costretto a dare voce all’unico contraltare presente in studio, ossia la giornalista Karima Moual. La domanda trasuda ironia: «Si parla di clima impazzito. Anche tu pensi che sia colpa nostra per il surriscaldamento globale?», le chiede. Moual, che in studio è chiamata a interpretare l’ingrato ruolo della persona assennata, risponde a Feltri scomodando Galileo e il parere maggioritario della comunità scientifica: «Io ascolterei più gli scienziati di Vittorio Feltri, che ha 80 anni e può ricordare le estati e gli inverni che ha passato ma non è uno scienziato». A quel punto l’ex direttore di Libero decide di squalificarla come interlocutrice: «Non mi rompere i coglioni con la storia dell’età». Giambruno fa eco al “diretur” e stigmatizza a sua volta la povera Moual: «Non c’entra l’età, quella di Feltri è un’opinione condivisibile».

Condivisibile non troppo, in realtà: nella congiuntura climatica attuale, di normale non c’è assolutamente nulla. E a prescindere dalle opinioni di tutti i Giambruni che affollano lo stivale, sì, la colpa è nostra: il 99% della comunità scientifica concorda su un punto fondamentale, ossia che a causare i cambiamenti climatici è l’uomo. Una realtà indiscutibile, riscontrabile in migliaia di preoccupazione e, soprattutto, non sindacabile. Lo schema seguito da Giambruno non è un unicum, perlomeno nel nostro Paese, dove i mercanti di dubbi sulla scienza del clima trovano spesso uno spazio di opinione. Ricordiamo tutti quella triste puntata di Cartabianca in cui Bianca Berlinguer decise di contrapporre a Luca Mercalli, appassionato divulgatore e climatologo di fama internazionale, il punto di vista del vicedirettore de La Verità, Francesco Borgonovo, notoriamente scettico nei confronti dei rapporti dell’ICCP e dell’origine antropica delle emissioni. Già qui si inciampa in un primo errore, ossia pensare che, invitando un punto di vista “controcorrente” sul clima, si possa garantire un contraddittorio paritario: così non è. Se la comunità scientifica è pressoché unanime nel sostenere che i cambiamenti climatici siano causati dalle attività degli esseri umani, per garantire la proporzionalità in studio dovrebbero essere presenti 99 Mercalli per ogni Borgonovo – anzi, per ogni particella di Borgonovo, dato che non stiamo parlando né di un ricercatore, né di un cultore della materia.

Si tratta di liturgie che sono state ampiamente sdoganate. A confermarlo è l’ultimo rapporto sul negazionismo climatico che Greenpeace Italia ha commissionato all’Osservatorio di Pavia. I risultati sono sconfortanti: il 20% delle notizie diffuse dai più importanti quotidiani e telegiornali nazionali fa da megafono ad argomentazioni contro la transizione energetica e le azioni per mitigare il riscaldamento globale. Un quinto delle notizie, cioè, accompagna il negazionismo climatico. Lo studio ha esaminato, fra gennaio e aprile 2023, come la crisi climatica è stata raccontata dai cinque quotidiani più diffusi (Corriere, Repubblica, Sole 24 Ore, Avvenire e La Stampa), dai tg serali di Rai, Mediaset e La7 e da un campione delle 20 testate di informazione più seguite su Instagram. I risultati mostrano che nel primo quadrimestre del 2023 i principali quotidiani italiani hanno pubblicato in media 2 articoli al giorno in cui si fa almeno un accenno alla crisi climatica, ma quelli realmente dedicati al problema sono stati meno della metà. Si tratta di risultati inferiori alla media del 2022 e che dimostrano la scarsa attenzione verso il riscaldamento del pianeta quando non si verificano eventi estremi come quelli che stiamo vivendo nelle ultime settimane. A riprova di questa scarsa attenzione, nella prima parte dell’anno la crisi climatica non è finita quasi mai in prima pagina: è successo meno di una volta al mese.

Insomma, parlare di clima nei media italiani è come parlare del condimento che si preferisce per una carbonara: io dico la mia, tu la tua; tu sei per il guanciale, io per la pancetta, che male c’è? Stacce. Il rischio è sotto l’occhio di tutti: trattare evidenze scientifiche e fatti incontrovertibili come opinioni legittimamente contestabili, anche mentre la Sicilia brucia e Milano è messa in ginocchio dalla pioggia. È l’Italia del presente: un Paese di musichette e negazionisti, mentre fuori c’è la morte.