Negli ultimi anni drama e film thailandesi sono diventati il guilty pleasure per eccellenza e, come ogni divoratore di serie tv che si rispetti sa, il primo legame con un film o una celebrity è sempre il cibo. È un momento che ogni spettatore ha sicuramente vissuto: quando un personaggio della storia si concede un pasto delizioso, l’appetito si risveglia e un desiderio incontrollabile di divorare ciò che vediamo alza bandiera bianca nel nostro stomaco. Si insegue la ricetta originale della burrobirra, si cerca di replicare la ratatouille, o si pianifica una visita al Katz’s Delicatessen per assaggiare l’orgasmico pastrami sandwich di Meg Ryan.
L’enogastronomia e il cinema sono come due vecchi amici inseparabili, un vero e proprio matrimonio di gusto che ci lega alle storie e ai personaggi che amiamo, con il cibo come testimone. In Italia l’argomento enogastronomico è probabilmente quello che genera più discussioni, superando (a volte) persino il calcio. Riusciamo a discutere appassionatamente di cibo anche mentre lo stiamo ancora masticando, facendo riferimento a ciò che abbiamo in bocca, ricordando piatti simili che abbiamo gustato in passato e fantasticando su quelli che ancora dobbiamo provare. In Thailandia hanno la stessa fissazione, ma solo di recente l’idea di presentare la cucina thailandese in televisione ha preso piede.
Se l’arte imita la vita, la cosa più bizzarra è stata l’assenza per anni, nel contesto di drama e film, di una rappresentazione concreta dell’amore che i thailandesi nutrono per la loro ricca tradizione culinaria. Dietro c’era una ragione. «Ricordo che da giovane – scrive un’autrice di SheSimmers – nelle scene dei drama ambientate durante i pasti fuori casa, la protagonista femminile (nang’ek) ordinava soltanto un bicchiere di succo d’arancia. Una scelta che si era trasformata nel simbolo di eleganza e di moderazione tipica di una virtuosa nang’ek. Questo accadeva così spesso che il succo d’arancia si era guadagnato il soprannome nam nang’ek, ovvero la bevanda preferita della protagonista femminile. Nei film e nei drama, sembrava che solo i personaggi secondari avessero il privilegio di gustare il cibo». La stessa cosa accadeva anche per la cucina. Spesso, nelle serie, l’incapacità di cucinare veniva interpretata come un indicatore dell’appartenenza a una famiglia di classe alta o medio-alta, mentre il compito di cucinare veniva relegato al personale domestico.
Ma poi qualcosa è cambiato. Nel 2002, L’Economist ha coniato il termine “gastro diplomazia” per descrivere una nuova iniziativa del governo thailandese volta a diffondere la ricca gastronomia locale in tutto il mondo e, secondo le parole dell’ex diplomatica MJ Pham, «a esportare il patrimonio culinario come parte di uno sforzo diplomatico volto ad aumentare la consapevolezza del marchio nazionale e a rafforzare i legami internazionali». Questo ha segnato l’inizio delle campagne di promozione alimentare sponsorizzate dal governo, il programma Global Thai. Ma non è finita qui. L’arrivo di blogger, Insta-chef e reality show ha creato un hype nel mondo enogastronomico thailandese. E, ovviamente, ci hanno messo lo zampino anche i K-drama.
«Circa 7 anni fa – ha raccontato Yot Kornherun, proprietario dell’agenzia di spettacolo Star Hunter – una vecchia serie televisiva coreana, Dae Jang Geum, divenne molto famosa in Thailandia. Nel drama, la protagonista preparava il kimchi per il re. Il successo della serie ha generato un trend culinario che ha coinvolto anche i produttori di serie televisive thailandesi». Il cibo è diventato fire. Mangiare è cool. Cucinare è trendy. Persino i giovani delle famiglie ricche thailandesi, i cosiddetti hi-so, hanno detto addio all’idea che cucinare fosse un compito riservato al personale domestico. Insomma, nel momento in cui funziona, tutti ci si buttano.
La ciliegina sulla torta è avvenuta con l’irruzione delle serie e dei film thailandesi a livello internazionale. Il cibo tradizionale locale ha rapidamente conquistato il mondo, divenendo un vero e proprio fenomeno di culto per gli amanti dell’entertainment thailandese. «Internet e i social media – ha dichiarato Sataporn Panichraksapong, amministratore delegato della GMMTV, l’agenzia di programmi, serie televisive e musica appartenente al principale conglomerato mediatico televisivo thailandese – hanno semplificato e accelerato l’accesso dei telespettatori di tutto il mondo ai contenuti provenienti dalla Thailandia. Le serie offrono uno sguardo sullo stile di vita, le attrazioni turistiche, il cibo e le bevande locali, suscitando grande interesse tra gli spettatori. Quando questi si appassionano a una serie, desiderano vivere e immergersi nell’esperienza dei personaggi. Pertanto, visitare la Thailandia e assaggiare il cibo locale diventa un modo per ampliare l’esperienza al di là dello schermo».
L’ossessione per la cucina thailandese ha avuto inizio nel 2016 con la serie televisiva della GMMTV Sotus. Il drama racconta la storia di odio e amore tra una matricola della facoltà di ingegneria e uno dei suoi senior che lo prende di mira. All’interno del drama il mentore, interpretato dall’attore Krist Perawat, ha un’ossessione per il Nom Yen, il latte rosa. Oltre a essere un’icona per il suo colore vibrante, la bevanda assume un ruolo di personaggio autonomo all’interno della trama, costituendo un elemento di contrasto rispetto all’immagine da bullo del protagonista che la consuma.
«Il latte rosa rappresenta il personaggio principale della serie» – ha spiegato Krist Perawat. «Quando gli spettatori si affezionano a lui, sviluppano naturalmente un legame con il pink milk, che diventa un simbolo tangibile di quella figura. Durante vari eventi tenuti presso la sede di GMM Grammy, ho avuto l’opportunità di constatare l’importanza di cibo e bevande nelle serie televisive. I fan che partecipano portano e mostrano qualsiasi cosa sia legata alle serie, e il latte rosa è uno dei prodotti più diffusi. Sotto il palazzo GMM Grammy c’è persino un negozio di bevande che lo vende, e i fan non esitano ad acquistare questa bevanda, a posizionarvi accanto un’immagine dell’attore preferito e a scattare una foto, come prova del loro attaccamento alla serie e al personaggio».
«Le serie – ha aggiunto Sataporn Panichraksapong – sono un potente strumento di soft power che promuove la Thailandia a livello globale, incluso il suo ricco patrimonio enogastronomico. Incorporare il cibo e le bevande thailandesi nelle trame delle serie permette di scoprire la storia culinaria del Paese attraverso le vite dei personaggi. La popolarità di Sotus ha contribuito a diffondere la fama del latte rosa a livello internazionale, tanto che in alcuni caffè in Giappone è diventato un elemento del menù. Questa abile combinazione tra drama e cibo thailandese contribuisce a diffondere il fascino culinario del Paese e a promuovere la sua influenza culturale a un pubblico più ampio».
Il latte rosa è preparato utilizzando uno sciroppo rosso dell’antica marca thailandese Hale, che lo produce dal 1959. «Questa bottiglia – ha puntualizzato lo chef thailandese Ian Kittichai a Thrillist – rappresenta un elemento intrinseco dell’infanzia di tutti i thailandesi. Lo sciroppo viene utilizzato per creare dolci o bevande come il latte rosa, ed è sempre presente in ogni occasione e fase della nostra vita, dalla scuola all’addestramento militare, persino durante il periodo in cui si diventa monaci». Non è una novità che un bicchiere di latte sia un’icona per gli amanti del cinema e della televisione, basti pensare al famoso Moloko Plus di Arancia Meccanica, che ha addirittura ispirato un pop-up bar durante la Milano Design Week del 2021, a distanza di cinquant’anni. Tuttavia, è un evento piuttosto insolito che un’insalata raggiunga la fama.
La leggenda vuole che nessuna grande storia sia mai iniziata con qualcuno che mangia un’insalata, ma qualche volta sì. Galeotta fu la green papaya salad protagonista della rom com What Zabb Man di Star Hunter Entertainment. La trama ruota attorno a un abile cuoco di umili origini che si fa notare (e assumere) dal proprietario di un hotel per la sua specialità, l’insalata di papaya. Il tipico piatto Thai è anche al centro della storia d’amore tra i due protagonisti. «Nella selezione dei cibi che appaiono in una serie – ha spiegato Yot Kornherun – di solito seguiamo due approcci distinti. Se il drama è tratto da un romanzo, riproduciamo fedelmente i piatti descritti nel libro. Invece, se la sceneggiatura è originale, abbiamo un team di ricerca dedicato a scegliere i cibi tradizionali più adatti da proporre nel drama». Il cibo nelle serie è passato from zero to hero.
L’ultima mania che ha catturato l’attenzione dei fan di tutto il mondo è la ricetta di famiglia della protagonista dell’acclamato film di Netflix The Hunger, i cry baby noodles. La trama ruota attorno a una chef di street food che viene invitata a unirsi al prestigioso team Hunger, il gruppo di Chef’s table più esclusivo della Thailandia, guidato dal famoso Paul, noto per la sua creatività e il suo carattere odioso. Il film affronta tematiche che vanno ben oltre il cibo, utilizzando la struttura gerarchica della cucina come metafora per esplorare gli squilibri e le lotte di classe presenti nella società thailandese. «In Thailandia, la varietà e la stratificazione dei cibi sono molteplici» – ha raccontato il regista del film Sitisiri Mongkolsiri al South China Morning Post. «Ho visto questa diversità come un’opportunità ideale per esplorare ciò che i poveri e i ricchi mangiano e consumano».
Mentre il film conquistava il cuore del pubblico locale e internazionale al momento della sua uscita ad aprile, in Thailandia scattava una frenetica ricerca dell’ingrediente segreto dei cry baby noodles. Ma questa volta c’era qualcuno pronto a cogliere l’opportunità al volo. La popolarità di questo piatto ha spinto l’azienda thailandese di salsa Roza a collaborare con Netflix Thailandia, dando vita alla prima salsa “da film a cucina” al mondo. Ora, chiunque può finalmente appagare il desiderio di assaporare il famoso piatto comodamente a casa propria.
Le aziende alimentari si inseriscono nel mondo dell’intrattenimento thailandese per capitalizzare sul suo enorme successo globale, mentre l’industria dell’entertainment thailandese si avventura nel campo delle aziende, creando un circolo di ricerca reciproca. Un esempio è rappresentato dallo snack a base di alghe. La realtà che imita i film, che a loro volta si ispirano alla realtà stessa. Il successo di questo spuntino completa il cerchio con la realizzazione di un film biografico sul creatore di uno dei marchi di alghe più rinomati in Thailandia. Il film biografico The Billionaire racconta la storia di Itthipat Kulapongvanich e di come, all’età di diciannove anni, abbia abbandonato l’università per avviare un’attività di alghe fritte confezionate, diventando uno dei più giovani milionari thailandesi.
Attualmente, i croccanti di alghe sono diventati un elemento imprescindibile nella vita di ogni appassionato di drama thailandesi, rappresentando uno dei cibi onnipresenti nelle serie. Questo fenomeno è amplificato dal fatto che spesso vengono utilizzati come strumento per creare atmosfere romantiche o seducenti all’interno delle scene. Nel drama universitario 2moons2 le due coppie protagoniste li gustano con un tocco innocente e un pizzico di dolcezza, mentre nella rom-com Bad Buddy, una sorta di Romeo e Giulietta versione Boy’s Love senza tutti i drammi e i morti, lo snack alle alghe assume un ruolo ironico ma sensuale. In una delle scene più memorabili, uno dei protagonisti lecca il dito dell’altro dopo aver assaggiato un’alga fritta. Il cibo diventa ancora una volta complice di un intenso gioco di emozioni e un mezzo per connettere il pubblico alla trama, consentendo ai fan di provare le stesse sensazioni dei personaggi. «Grazie a Bad Buddy – ha commentato James sull’aggregatore di recensioni TheBlExpress – arrossirò per sempre davanti agli snack di alghe».
L’incantesimo culinario dei drama thailandesi si riverbera così al di là degli schermi, trasformandosi in un’esperienza multisensoriale che ci avvolge e ci trasporta in luoghi lontani, ci avvicina ai personaggi e alle serie televisive, lasciandoci desiderare di assaggiare tutto ciò che abbiamo visto sullo schermo.