Domenico Cuomo, cardiodark | Rolling Stone Italia
Cuore nero

Domenico Cuomo, cardiodark

Dal successo come Cardiotrap in 'Mare fuori' alla nuova avventura seriale di 'Un professore 2', ma anche il cinema con 'Mimì – Il principe delle tenebre' di Brando De Sica. Chiacchierata con un diciannovenne saggio, che recita perché «l'arte è una missione»

Domenico Cuomo, cardiodark

Foto: Davide Musto; Ass. Foto: Valentina Ciampaglia; Total Look: Saint Laurent by Antony Vaccarello; Location: Palazzo Brancaccio Roma

Un pappagallo. Hawaiano. Di trent’anni. «È lui il mio primo fan», assicura divertito Domenico Cuomo. E no, non è una fantasiosa metafora. L’animale abita stabilmente a casa sua – lo comprò, anni fa, suo padre – e ha preso possesso di un’intera stanza della casa «perché sai, lì c’è la tv e lui adora guardarla». Ovviamente il pennuto, che di nome fa Rocky, mica si è perso Mare fuori: se l’è guardata dalla prima all’ultima puntata. «Per fortuna le parole le imparano nei primi anni di vita», precisa divertito Cuomo. Già, per fortuna: altrimenti avrebbe un fan che vola per casa urlando “omm’e mmerda!”. Questa storia del pappagallo, oltre a essere molto divertente, la dice lunga sull’approccio esistenziale di Cuomo: praticamente un quarantenne intrappolato nel corpo di un diciannovenne che saggiamente non si fa fregare dal fascino dei soldi e della fama.

Nonostante il successo di Mare fuori, la fila di ragazzine che urlano il suo nome, il suo primo film da protagonista assoluto Mimì – Il principe delle tenebre (in uscita il 16 novembre nelle sale) e la promozione a regular in Un professore 2 (in onda dal 23 novembre su Rai 1), Cuomo guarda con distacco il circo mediatico in cui è precipitato interpretando Cardiotrap. Non tradisce nessun vezzo da star in erba, non fa capricci né avanza folli pretese: resta concentrato sul ruolo. Anzi, sulla sua dannazione d’attore (poi ci arriviamo). «Non sono un grande amante dell’effimero», spiega l’attore riferendosi con “effimero” a quello che noi chiameremmo “successo” o “notorietà”. I suoi piedi sono insomma ben piantati a terra: «Mi basta tornare a casa per evitare il rischio di montarmi la testa». E lì ad aspettarlo, oltre a mamma, papà, nonni e amici di sempre, c’è appunto Rocky: il padre di tutti i suoi fan.

Eppure sei molto giovane: possibile che la fama, il successo, la visibilità non ti destabilizzino o spaventino?
In realtà io ho paura quasi di tutto: il male è difficile da individuare, non a caso lo definiscono Il Grande Mistificatore. Una cosa che può sembrare innocua, o perfino buona, potrebbe invece rivelarsi cattiva. Tutto questo mi spaventa molto ma, forse, è proprio questa la mia grande fortuna: pondero bene ogni scelta e sono sempre molto autocritico. Pure troppo, a volte…

Domenico Cuomo (Mimmo) in ‘Un professore 2’. Foto: Anna Camerlingo

In Un professore 2 interpreti Mimmo, un adolescente in semilibertà. Quindi di nuovo un personaggio legato al carcere. Tra le tue paure c’è anche quella di finire per ripetere, all’infinito, ruoli simili a Cardiotrap?
Le storie sul carcere non sono tutte uguali, così come non sono uguali tutti i napoletani. Chi pensa il contrario non è mai stato a Napoli o in un carcere. Ma non è che non mi ponga il problema. Anzi, non ci dormo la notte: proprio per dimostrare che non si tratta di un cliché, faccio sempre un lavoro molto grosso sul personaggio. Nel caso di Un professore 2, ho ragionato sulla bipolarità dei contesti, ho approfondito i legami d’amore tra i personaggi, e ogni giorno mi presentavo sul set con una spinta in più: volevo fare sempre meglio. Superarmi.

Un professore 2 e, prima ancora, Mare fuori affrontano il tema del recupero dei minori e del loro reinserimento sociale. Cosa ne pensi? Si può davvero cambiare rotta?
Certo. Se uno commette un errore – a qualsiasi età, a 50, 40 o 20 anni – non per questo deve essere messo per forza in una cella a morire per tutto il resto della vita. Credo sia da falsi dèi dare un giudizio così capitale su un altro essere umano: nessuno può farlo. Purtroppo siamo immersi in una società tossica che giudica sempre tutti, continuamente: lo stesso like è una valutazione. Serpeggia una voglia, molto grande, di sentirsi superiori e quindi autorizzati a dare un giudizio. Che poi è solo un modo per consolarsi della propria fragilità.

Sicuro di avere solo 19 anni e non 40?
È merito del mio passato.

Voglio la stessa cosa che prendi tu.
È il sangue buono del Sud! (ride)

Domenico Cuomo alias Cardiotrap in ‘Mare fuori 4’. Foto: Sabrina Cirillo

Andiamo avanti. Nella prima puntata di Un professore 2 ti vedremo ascoltare la musica nelle cuffie: canterai anche qui?
Spiacente, non posso fare spoiler. Dovrete vedere la serie fino alla fine, per scoprirlo.

Ok, allora è un sì. A questo punto, però, perché non hai intrapreso anche tu la strada del cantante, come hanno fatto Clara e Matteo Paolillo?
Perché non sono un cantante.

Be’, il duetto con Clementino non era affatto male.
Quello però era Cardiotrap. Per quell’esibizione ho preso lezioni di canto e piano, per poter dare vita al personaggio di Mare fuori. Domenico è un’altra cosa. Cerco di fare bene l’attore, e speriamo di riuscirci…

Ne dubiti?
La strada è lunga. Si diventa davvero bravi solo verso i 40 anni, quando hai un bagaglio di vita tale da poter essere versatile. Ora devo solo studiare. Spero un giorno di poter arrivare anch’io, come i grandi attori, a sacrificare la mia vita per i personaggi.

Addirittura “sacrificare”?
L’arte è una missione. Non si tratta di fare soldi, essere famosi o raggiungere un certo status. Io recito perché ho bisogno di farlo. E dico volutamente “bisogno” e non “desiderio” perché a volte è difficile calarsi in personaggi duri e spigolosi. Ma devo farlo. È quasi una sorta di dannazione.

In cosa consiste questa dannazione artistica?
Nel portare tutte le cose più sacre che ho sul set, riversarle in un personaggio per poi fare emozionare qualsiasi spettatore.

Domenico Cuomo in ‘Mimì – Il principe delle tenebre’. Foto: Salvatore Liguori

Un professore è spesso indicata come la serie che racconta “la scuola dei sogni”. Oggi esistono ancora dei maestri di vita che siano autorevoli e credibili, un po’ come Dante (Alessandro Gassmann) per Mimmo?
Certo. Forse in futuro ce ne saranno di meno ma non scompariranno e, anzi, quelli che rimarranno saranno persino migliori dei precedenti.

Della serie: guardiamo il bicchiere mezzo pieno?
Bisogna sempre farlo, a maggior ragione oggi che ci dicono che tutto è materiale e finalizzato alla produzione. Invece non bisogna avere paura di riflettere e soffrire. Il dolore ti insegna a dare il vero valore alle cose e quindi ad amare di più.

Il tuo primo film da protagonista è l’horror Mimì – Il principe delle tenebre, diretto da Brando De Sica: interpreti un ragazzino dai piedi deformi, bullizzato, che si innamora di una darkettona convinta di discendere da Dracula. Ma una storia un filo meno dark, no?
Se mi vogliono per una commedia, io sono a disposizione! (ride) Quello che mi danno, io cerco di farlo. Siamo sotto il cielo: vedremo… spero vada bene! Tra l’altro, in realtà, da piccolo io ero il giullare di casa che faceva le imitazioni divertenti, che diceva le barzellette. La passione per il teatro è nata proprio così, a 10 anni: a furia di fare battute e spettacoli per i parenti, mi hanno iscritto a recitazione. Ho un lato comico molto vivace.

Brando De Sica e Domenico Cuomo sul set di ‘Mimì – Il principe delle tenebre’. Foto: Salvatore Liguori

Nel film vediamo però solo il tuo lato splatter e violento. Un po’ come nelle prime stagioni di Mare fuori o, prima ancora, in Gomorra. Non hai mai avuto remore a girare queste scene?
No, perché l’arte non è mai maliziosa. Ognuno è libero di poter vedere il mondo come vuole, e metterlo in scena senza essere contestato. Il desiderio di Brando De Sica di girare un horror ha radici lontane: ha sempre amato questo genere, fin da bambino, e io sono solo onorato che abbia scelto me per il ruolo del protagonista. Mimì è persino più oscuro di Cardiotrap, mi ha spinto a esplorare delle zone d’ombra di me che prima non conoscevo, mi ha fatto maturare molto artisticamente. E poi ho toccato con mano quanto, attivamente e passivamente, un essere umano può dare e ricevere male…

E con i canini da vampiro com’è andata?
È stata tosta. Erano delle protesi che si incastravano grazie a una sostanza che si solidificava, quindi non riuscivo a chiudere bene la bocca. Mi cambiavano l’espressione facciale, oltre a ferirmi un sacco il labbro.

Anche tu sei cresciuto a pane e horror?
No, a pane e film delle principesse Disney. Che guardo comunque tuttora. Le adoro.

Foto: Davide Musto; Ass. Foto: Valentina Ciampaglia; Total Look: Saint Laurent by Antony Vaccarello; Location: Palazzo Brancaccio Roma

Davvero?
Non c’è un’età per vedere alcune cose, anzi, gli adulti dovrebbero prendersi più cura della loro parte bambina: non dobbiamo mai dimenticarci cosa vuol dire essere bambini, è una ricchezza.

Ho capito. Sei una Candy Candy versione splatter.
Esatto! (ride)