Donne, True True True (Detective)
‘True Detective’, o: la nuova era del thriller contemporaneo. ‘Night Country’, la quarta stagione della serie antologica HBO (da noi su Sky e NOW), per la prima volta mette al centro dell’indagine due agenti donne: la veterana di Hollywood due volte premio Oscar Jodie Foster e l’ex campionessa di boxe di origini nativo-americane Kali Reis. E chiude un cerchio: la “creatura” di Nic Pizzolatto, che ha cambiato il corso della serialità corrente e che vede ora al timone Issa López, non esisterebbe senza ‘Il silenzio degli innocenti’ e la sua eredità. A cominciare dalla sua immensa protagonista
Nella foto Kali Reis (Evangeline Navarro) e Jodie Foster (Liz Danvers) in 'True Detective: Night Country'. Courtesy of HBO
«Mi sono resa conto che non lavoravo come attrice in televisione dal 1975». Parola di Jodie Foster, e basterebbe questo per rendere la quarta stagione di True Detective assolutamente da non perdere. Due Oscar, uno per il ruolo dell’agente speciale del Bureau Clarice Starling nel Silenzio degli innocenti, e uno, il primo vinto, per il meno celebrato ma altrettanto importante Sotto accusa, film che ancora oggi dopo 35 anni risulta drammaticamente attuale (è la storia di una donna stuprata che deve combattere in aula per ottenere giustizia nei confronti dei suoi tre violentatori): Jodie Foster è uno dei più grandi talenti della storia del cinema. Bambina prodigio, stellina della Disney dei primi anni Settanta, poi a 14 anni scelta da Martin Scorsese per il ruolo della prostituta adolescente in Taxi Driver, l’inizio di una carriera “adulta” che l’ha vista lavorare con registi del calibro di Alan Parker, Jonathan Demme, Sergio Citti (imparò l’italiano nelle poche settimane sul set di Casotto, mi disse quando la incontrai alcuni anni fa), Woody Allen, Claude Chabrol, Robert Zemeckis, David Fincher, Roman Polański. Una carriera straordinaria che proprio quest’anno ha vissuto un’altra stagione importante, con l’imminente True Detective e le molte nomination nella Awards Season per il suo ruolo da non protagonista, al fianco di una magnifica Annette Benning, in Nyad – Oltre l’oceano.
Insomma, vederla come (co)protagonista di True Detective è un evento, almeno quanto vedere una nuova storia di tutori dell’ordine alle prese con i loro demoni a esattamente dieci anni dal debutto della prima indagine. Era il 12 gennaio del 2014 quando Woody Harrelson e Matthew McConaughey entrarono nelle case degli appassionati di serie tv, una coppia d’oro stregata dalla scrittura di Nic Pizzolatto, autore all’epoca di una raccolta di racconti, Tra qui e il Mar Giallo, e un romanzo poliziesco, Galveston, diventato poi un bel film diretto da Mélanie Laurent nel 2018, interpretato da Ben Foster e Elle Fanning.
True Detective fu un punto di svolta per la serialità, sia per la presenza di due superstar del cinema che per la particolare struttura narrativa e temporale, che sarebbe poi stata presa come punto di riferimento per molti prodotti seriali successivi. L’indagine dei detective Cole e Hart sulle tracce di un serial killer sulle torbide strade della Louisiana fu un successo clamoroso per HBO, che naturalmente commissionò subito una seconda stagione, ancora scritta da Pizzolatto, reclutando un cast ricchissimo composto da Vince Vaughn, Colin Farrell, Rachel McAdams, Kelly Lynch e Taylor Kitsch. L’azione si sposta in California, in una corrotta città immaginaria dove si intrecciano le storie di tre poliziotti e un boss della malavita, tutti dal destino segnato. Era il 2015, passano quattro anni e arriva la terza stagione, con protagonisti Mahershala Ali, Stephen Dorff e Ray Fisher, anche questa giocata su piani temporali che coprono un arco di 35 anni e su una riflessione assai profonda del concetto di memoria e di quello dostoevskijano di delitto e castigo, indagando su un caso irrisolto riguardante la scomparsa di due bambini in Arkansas.
Tempo e spazio sono fondamentali in tutto l’apparato di True Detective, e Night Country – questo il titolo della quarta stagione che il 15 gennaio arriverà su Sky Atlantic e in streaming in esclusiva su NOW, non fa eccezione. Pizzolatto questa volta non c’è, se non in veste di produttore esecutivo. La palla è passata Issa López, regista e sceneggiatrice messicana che nel 2017 si fece conoscere a livello globale con il bel Tigers Are Not Afraid, horror che come tutti i buoni prodotti di genere era in realtà una denuncia potente di quello che i cartelli della droga stanno facendo alle nuove generazioni messicane.
Il Night Country del titolo è l’Alaska (nella finzione, in realtà la serie è stata girata in Islanda), e l’azione prende le mosse in un’isolata stazione scientifica in cui tutto sembra scorrere con apparente normalità. Ma, senza alcun preavviso e ragione apparente, tutti i componenti del team di ricercatori scompare nel nulla. A indagare si trovano le detective Liz Danvers ed Evangeline Navarro, una volta colleghe, divise poi da un caso che ha lasciato strascichi indelebili nelle loro vite. Entrambe le donne sono segnate da tragici eventi, hanno demoni che possono solo sperare di tenere sotto controllo, sapendo che prima o poi verranno fuori e ci dovranno fare i conti. Attorno a loro si muovono altre figure, a loro collegate, che si troveranno, chi più chi meno, coinvolte da questa indagine che porterà tutti a spingersi in territori inesplorati.
«Nel corso di tutta la mia carriera, ho interpretato ruoli di donne che affrontano la vita, non ho mai fatto la fidanzata, la moglie o la sorella di»
Jodie Foster
La detective Liz Danvers è una donna forte con un passato doloroso, un ruolo perfetto per Jodie Foster, che di True Detective ci ha confessato essere una grande ammiratrice. «Ho visto tutte e tre le stagioni tre volte, quindi ero molto lusingata dalla proposta di entrare a farne parte. Pensando alla prima stagione, due uomini con i loro demoni nel caldo e nella luce dell’Alabama, l’idea di virare tutto al femminile nella lunga e fredda notte d’Alaska, con in più l’aggiunta di un forte elemento soprannaturale, mi è sembrato il contrasto perfetto». L’idea di fare televisione dopo così tanto tempo non l’ha minimamente preoccupata. «Non considero Night Country una serie, ma un film di sei ore, la qualità del prodotto è assolutamente cinematografica». Una volta accettata la parte, Foster e López hanno pensato a come cucire il personaggio di Danvers nel giusto modo. «Inizialmente era molto diversa, era più giovane, molto vulnerabile, aveva appena subìto una perdita dolorosa. Quando ho iniziato a lavorarci con Issa abbiamo rivoltato il personaggio, tenendo sempre bene a mente che il centro dell’azione di questo racconto è Navarro, quindi mi sono chiesta come dovesse essere Liz per poter supportare Navarro. Quindi è venuta fuori questa donna con un forte lato spirituale che però reprime in ogni modo, trovando distrazioni di ogni tipo che la tengano lontana dalla concretezza del dolore che si porta appresso. Essendo Issa e io entrambe donne sopra i quarant’anni, abbiamo avuto più facilità nello scavare in una personalità incasinata come quella di Danvers. E poi, nel corso di tutta la mia carriera, ho cercato di interpretare ruoli di donne che affrontano la vita, non ho mai fatto la fidanzata, la moglie o la sorella di, quindi Danvers è un personaggio che sento perfettamente mio».
Dopo Il silenzio degli innocenti, questo è un ritorno all’interno delle forze dell’ordine per Jodie Foster. «Già, è strano, credo sia dovuto al fatto che mi piace fare cose sempre diverse. E in realtà è così anche in questo caso, perché Clarice e Danvers non hanno niente in comune. Clarice era una brava studentessa, sempre orientata verso il fare la cosa giusta nella giusta maniera, con una voce educata». E c’è anche un’altra ragione, ancora più importante. «Arrivata a sessant’anni ho ritrovato il piacere della recitazione, non mi è mai piaciuto così tanto. I cinquanta sono stati molto difficili, è il periodo in cui le donne continuano a cercare di capire chi sono e cosa vogliono diventare con il timore che sia già troppo tardi. Adesso invece mi è tutto chiaro e credo che i sessanta e oltre saranno il periodo più bello della mia vita. Non so cosa sia successo, forse è un particolare processo chimico che si attiva arrivati a una certa età». E fare da “spalla” ha un significato ben preciso in questo scenario. «La pressione non c’è più, ho dimostrato tutto quello che dovevo e adesso il bello è supportare chi ne ha bisogno e far parte di una squadra». C’è molto da imparare da questa artista meravigliosa, anche regista di altissimo livello, che nel corso della sua carriera ha attraversato mode, stili e generi vivendone l’evoluzione in prima persona.
«La pressione non c’è più, ho dimostrato tutto quello che dovevo e adesso il bello è far parte di una squadra»
Jodie Foster
Il percorso che ha portato il thriller poliziesco a una serie di storie come quelle raccontate in True Detective è chiarissimo a Jodie. «Il silenzio degli innocenti è stato l’inizio di un nuovo modo di intendere questo tipo di narrazione. Il film di Jonathan ha portato a Seven, Seven ha generato True Detective che ha portato a Night Country». Una riflessione che aveva fatto anche la regista e showrunner Issa López: «Quando mi hanno proposto di lavorare alla quarta stagione ho rivisto le precedenti tre di True Detective, per capire cosa la rendesse così speciale rispetto ad altri prodotti dello stesso genere. E mi sono accorta che sembrava un’appendice di Seven: non lo avevo capito dieci anni prima, quando l’avevo vista la prima volta. E guardando Seven ho capito che senza Il silenzio degli innocenti, che è uno dei migliori film mai fatti, non ci sarebbe mai stato Seven. E rivedendo il film di Demme e guardando l’interpretazione di Jodie mi sono detta: “Sarebbe meraviglioso poterla guardare per sei ore recitare con il suo incredibile talento”. Avere un pezzo del film da cui tutto ha avuto origine mi sembrava la giusta chiusura del cerchio». E con le storie che vivono all’interno di dinamiche oscure Miss Foster si trova molto a suo agio. «Sì, mi piacciono le storie con una forte componente dark, niente mi rende più felice dell’immergermi in una situazione del genere, e invecchiando il dover abbracciare il tuo dolore e l’idea che i morti camminino sempre al tuo fianco è qualcosa che riesci a comprendere molto più facilmente».
Una presenza molto terrena in True Detective: Night Country, che cammina al fianco di Jodie Foster, è Kali Reis. Ex campionessa del mondo di pugilato in due diverse categorie di peso (leggeri e medi), Reis ha iniziato la sua carriera nel mondo del cinema nel 2021 con un film tratto da un soggetto da lei stessa scritto, Catch the Fair One, un thriller in cui una ex pugile decide di infiltrarsi in un traffico di donne per ritrovare la sorella scomparsa. Night Country è la sua terza esperienza sul set (in mezzo il film Black Flies con Sean Penn e Tye Sheridan, in concorso a Cannes 2023 e prossimamente al cinema in Italia), e potersi confrontare con Jodie Foster è stata una bella palestra per lei. «Per me che sono all’inizio di questa carriera, lavorare con Jodie è stato eccezionale. È un’attrice incredibile, sempre di grande supporto, ho imparato tanto da lei guardandola lavorare, ma anche per come si interfaccia con tutti durante le riprese». L’esperienza in una disciplina intensa come il pugilato è stata molto importante per affrontare la sua nuova avventura professionale. «Nella boxe ci si abitua a ripetere movimenti all’infinito e lo fai da solo. Ho fatto anche sport di squadra prima del pugilato, e se sei in una giornata no puoi sempre contare sulle tue compagne. Nella boxe invece devi seguire un regime molto rigido, superare le prove da sola e imparare ad accettare le critiche per migliorarti. E queste sono tutte cose che si applicano anche al lavoro in un film».
«Nella boxe devi seguire un regime molto rigido, superare le prove da sola. Sono tutte cose che si applicano anche al lavoro in un film»
Kali Reis
Reis è di origine nativo-americana ed è un’attivista del MMIWG, il movimento per la difesa delle donne e ragazze native scomparse e uccise. Il caso di una giovane indigena uccisa è quello che ossessiona da anni Navarro, una ragione in più per cui Kali era perfetta come protagonista di questa quarta stagione di True Detective. «Far conoscere il movimento è tutto per me, sono stata cresciuta con l’insegnamento di dare voce a chi non ce l’ha e combattere per chi non può. Quello per cui gridiamo non è qualcosa che è accaduto in passato, ma che succede oggi, ogni singolo giorno, a dozzine di donne, non si tratta di casi isolati, ma di un’epidemia, quindi ogni occasione che ho non mette sotto i riflettori me, ma noi, come comunità di donne». Sul suo personaggio e sul rapporto con Danvers Kali ha le idee molto chiare. «Navarro capisce perfettamente quello che ha passato Danvers nella vita e cosa si porta dentro, sono una lo specchio dell’altra. C’è un sentimento profondo che le lega, affetto ma anche rispetto, e lavoravano anche incredibilmente bene insieme. Poi c’è l’altro lato della medaglia, quello che le ha divise e le ha fatte litigare e che le fa scontrare continuamente, ma è la dimostrazione di un legame ancora più profondo, una vera e propria sorellanza».
Un rapporto creato sulla carta prima e sullo schermo poi da Issa López, e a dire il vero inizialmente Navarro doveva avere tutt’altre origini. «Doveva essere latina, come me, ma dopo avere fatto ricerche sulle comunità Inuit ho capito che sarebbe dovuta essere una nativa. Quando ne parlai con HBO loro si trovarono d’accordo, ma avevamo il problema che non ci sono molte attrici native che sarebbero potute andare bene per la parte. Finché non ho scoperto Kali, ho mostrato ai responsabili semplicemente una foto e hanno capito che Navarro era lei». E a dirla tutta, inizialmente questa storia non era neanche previsto che fosse una nuova stagione di True Detective. «Era un po’ di tempo che avevo voglia di scrivere un “whodunnit” che fosse ambientato tra i ghiacci, e più o meno nello stesso periodo mi chiesero che cosa avrei fatto se avessi potuto lavorare su True Detective. L’idea di fatto era già lì, ho unito le cose. Non credo che il caso esista, credo che tutto ciò che accade abbia un’interconnessione. Non sapevo che HBO volesse fare un nuovo True Detective, ma la storia in qualche modo era già pronta da qualche parte».
Una delle cose essenziali colte da Issa López nella scrittura di Night Country è l’importanza che ha il luogo in cui si dipanano gli eventi in tutte le precedenti stagioni di True Detective. La città di Ennis, per quanto immaginaria, è protagonista alla stessa stregua di Jodie e Kali. «Ennis ha i suoi segreti, i suoi fantasmi e le sue regole, così come un misterioso senso della giustizia che si svela nel finale. È senz’altro un personaggio, e forse il più affascinante». L’ambientazione artica fa ovviamente venire in mente un classico come La cosa di John Carpenter, e López non si tira indietro quando le chiediamo se sia stata una delle fonti d’ispirazione. «Assolutamente sì, non ho problemi a confermarlo: anzi, ci sono delle inquadrature che sono prese proprio da quel grande film. In una scena, se guardate bene, dietro Jodie potete notare un cofanetto dvd della Cosa. Ma non è l’unica lettera d’amore che c’è nella serie, quando hai sei ore a disposizione puoi rendere omaggio a tante cose». Per i più esperti in thriller e horror non sarà difficile scorgere quelle citazioni, sparse qua e là nelle sei puntate di Night Country.
Ma la cosa che interessava maggiormente alla regista, showrunner e produttrice era che questa quarta stagione segnasse una cesura con il passato, soprattutto per quanto riguarda i protagonisti. «In tre stagioni c’è stata una sola protagonista femminile, Rachel McAdams nella seconda serie, che è oltretutto quella più corale. Questa trilogia ho pensato avesse indagato benissimo i rapporti maschili, quindi ho pensato che fosse il momento giusto per un’esplorazione diversa, quella delle ossessioni e delle dinamiche dell’universo femminile. Ma non solo. Ennis è ispirata a tre particolari città in Alaska in cui il 70% della popolazione è Inuit. Sarebbe stato folle pensare di fare una storia in cui la comunità di maggioranza non venisse rappresentata. Per questo uno dei due detective doveva essere nativa, e di conseguenza abbiamo avuto la consulenza di due produttrici Inuit, che hanno supervisionato meticolosamente tutta la sceneggiatura per fare in modo che niente venisse rappresentato in modo non corretto».
«Questa trilogia aveva indagato benissimo i rapporti maschili. Ho pensato che fosse il momento giusto per un’esplorazione diversa, quella delle ossessioni e delle dinamiche dell’universo femminile»
Issa López
Night Country ha una densità enorme di significati, anche dal punto di vista musicale, elemento importantissimo pure nelle precedenti stagioni. Qui la traccia sonora viene arricchita dalla presenza di Tanya Tagaq, artista Inuit specializzata nel canto di gola, una tradizione degli indigeni del Nordamerica che Issa doveva inserire nel racconto, come ci ha spiegato con grande passione. «Tanya Tagaq è una delle più eccezionali, potenti, folli artiste che abbia mai conosciuto, ed è stato il più grande dei tanti regali che questa serie mi ha dato. È una forza della natura, dal momento che è arrivata sul set tutto è cambiato. Ci sono poche scene in cui c’è il canto di gola, ma tutta la colonna sonora di Night Country, compresa la traccia sonora, è disseminata della sua voce, dei suoi suoni e del suo spirito».
A proposito di musica, non c’è True Detective senza sigla iniziale. La prima stagione aveva Far from Every Road dei The Handsome Family, la seconda Leonard Cohen e la sua Nevermind e la terza Death Letter di Cassandra Wilson. Per la quarta si è passati direttamente alla vincitrice di un premio Oscar, come ci ha detto sempre Issa. «Ho ascoltato Billie Eilish praticamente durante tutta la scrittura della serie. A dire il vero, credo sia stata Billie Eilish a farmi superare il lockdown senza impazzire. Ci sono due sue canzoni in Night Country, l’altra è nel quarto episodio. Ma la canzone che potete ascoltare all’inizio di ogni episodio, che si intitola Bury a Friend, quando l’ho sentita ho pensato fosse perfetta, perché parla di tutto quello che succede nella serie in maniera profonda. Quando ho proposta la cosa a HBO erano scettici, perché già da qualche anno non usano più canzoni per i titoli ma si affidano ai compositori della colonna sonora. Ma l’idea che fossi arrivata lì con un’idea precisa del perché la volessi li ha convinti, anche perché insieme sapevo che c’era bisogno di una sequenza dei titoli di testa forte potente come le precedenti. E allora mi sono affidata a Peter Anderson, un genio, il suo studio londinese ha realizzato i titoli di Good Omens, Bad Sisters, Criminal Records. Insieme abbiamo deciso di inserire nella sequenza tanti piccoli indizi di quanto accade nella serie. Musica, immagini e concept uniti hanno prodotto qualcosa di cui vado davvero fiera».
A supportare Jodie Foster e Kali Reis in True Detective: Night Country troviamo un cast composto da grandi talenti come John Hawkes, Christopher Eccleston e Fiona Shaw. Il primo, candidato all’Oscar come non protagonista per Un gelido inverno, interpreta Hank Prior, ex sceriffo della città sostituito da Danvers. Eccleston è Ted Corsaro, capitano del distretto e diretto superiore di Danvers. Shaw è Rose Aguineau, ex professoressa in pensione e vedova con una forte connessione con gli spiriti che popolano questa nazione notturna piena di misteri.