Una cosa rimane: Massimo Pericolo continua ad essere una delle cose migliori successe al rap italiano – e di conseguenza alla musica italiana tutta, visto quanto il rap e l’urban sono diventati una forza dominante, anzi, la forza dominante del nuovo pop di casa nostra. Perché Massimo Pericolo è una entità così salvifica e così benefica? Facile (e importante): perché in un mare di egomania, di ostentazione, di vuota retorica bullesca, di immaginari turbocapitalisti da poveracci milanesi o wannabe milanesi, di ansia di successo, di fumettoni, lui invece ha immesso una iniezione micidiale di realtà, di sincerità, di provincia, di dolorosa conspevolezza di sé. Lo ha fatto non per calcolo, ma per indole profonda. È esploso grazie ad una supernova arrivata dal nulla, quella 7 miliardi innescata e fatta brillare dal tocco sonoro devastante di Phra dei Crookers, una sorta di accelerazionismo nichilista elaborato sopra a tutti gli stilemi e i canoni del rap dell’ultimo decennio; ma è riuscito a non essere una one hit wonder, costruendo invece un percorso consistente. Non magari sempre così abrasivo, ok, ma di sicuro credibile, sensato, coerente.
Arrivato al traguardo del primo Forum (un tempo già pareva un miracolo fare sold out all’Alcatraz o al Fabrique, quindi 3000 paganti circa, oggi il vero rito di iniziazione per i progetti nati dal basso è arrivare ai 12000 del Forum milanese: l’asticella è cresciuta tanto), Massimo Pericolo e il suo team se la sono giocata in maniera intelligente. Niente effetti speciali e palchi astronomici, ma una scenografia ridotta all’osso e pure un po’ naïf, con quegli alberi sempreverdi messi sul palco – una svendita post-natalizia di un vivaio di provincia? – a creare l’effetto-bosco, un trittico di schermi nemmeno troppo grandi per gli standard odierni, un disegno di luci molto banale e basic, insomma una festicciola di paese rispetto ai gigantismi che si vedono in giro anche da parte di artisti italiani. Una semplicità che paga, anche perché il vero valore aggiunto era dato dai contenuti, ovvero dalle immagini e dai video proiettati sugli schermi: nulla di incredibile, ma tutto molto lo-fi ed appropriato coll’immaginario di Alessandro Vanetti aka Massimo Pericolo e dei suoi testi, dei suoi mondi.
Perché sì: arrivati al traguardo del Forum uno poteva fare show off, poteva strafare, poteva mettere delle megaproduzioni ed alambicchi imponenti e spettacolari para-hollywoodiani (o tomorrowlandeschi) pur di dimostrare a quanto in alto fosse arrivato. Ma avesse fatto così, Massimo Pericolo avrebbe rinnegato se stesso e tutto il suo immaginario. Non l’ha fatto. Segno di lucidità, sua e del team che lo circonda. Poi chiaro, è successo quello che ormai succede in tutti i concerti a Milano degli artisti italiani, in un milanocentrismo debordante dettato dalla presenza e dall’invadenza del fatto di essere la capitale dell’industria discografica: se suoni all’ombra della Madonnina, infarcisci il tuo concerto di ospiti speciali. E quindi vai di Gué Pequeno, Tedua, Bresh, Emis Killa, Jake La Furia, J Lord, Ugo Borghetti, Ketama, Speranza e Rafilù. La cosa bella però è che tutte queste presenze avevano l’aria di essere sincere: non una ostentazione di gioielli e di amici famosi insomma, ma il sincero tributo da parte di molti esponenti della scena all’autenticità di Massimo Pericolo, alla sua onesta sincerità, alla sua forza di essere se stesso sempre e comunque. Che è un qualcosa che dai colleghi viene molto apprezzato, ed a ragione, visto che è merce rara. Ormai si sa che i featuring vengono costruiti più o meno ad arte per massimizzare e moltiplicare gli stream, combinando le rispettive fan base e ricreando l’effetto vipperia, accade così ormai per tutti; ma nel caso di Massimo Pericolo si avverte che c’è anche la curiosità e la stima verso un artista così puro ed autentico, quasi disarmato e disarmante nella sua onestà.
Tutto molto bello o comunque molto giusto, quindi, per il battesimo del fuoco di MP al Forum? Onestamente: no. Onestamente, abbiamo visto purtroppo anche un bel po’ di cose che non vanno. E siamo anche sinceramente dispiaciuti nel farle notare: visto che siamo e saremo sempre e comunque dalla parte dei Massimo Pericolo, ovvero degli artisti che cercano di restare se stessi e di non perdere la trebisonda quando le cose paiono andare alla grande. Però ecco: il ricorso alla traccia vocale pre-registrata è stato davvero eccessivo nel live di ieri, in certi momenti avevi l’impressione di ascoltare un playback dove ogni tanto saltavano sì fuori degli interventi dal vivo del Vane al microfono, dei mezzi vocalizzi e delle mezze doppie, abbastanza però irrilevanti rispetto a un corpus invece fieramente pre-registrato. Un mezzuccio del resto purtroppo necessario: perché Massimo Pericolo era chiaramente in preda ad una feroce emozione al limite del panico, emozione che lo ha reso incisivo un decimo rispetto alle sue reali possibilità (…l’avevamo già visto dal vivo in altre occasioni, e aveva dimostrato di essere uno dei pochi della nuova generazione a saper stare su un palco impugnando un microfono e facendo rap a modo. Quindi ecco, non è che non sia capace e sia un bluff. Non lo è. E ci rifiutiamo di pensare lo possa diventare).
Poi ancora: va bene il profilo basso sulle scenografie e sull’impianto drammaturgico complessivo del live, ma certe scelte tipo il dj set caciarone di Greg Willen piazzato a metà – in maniera completamente decontestualizzata – dello show, o il banchetto da scuola piazzato sul palco per Ciao Frate con la lettera aperta a Niko Pandetta vergata lì davanti a tutti in una riedizione del video eminemiano di Stan in chiave però da GREST di provincia, beh, tutto ciò era ai limiti se non oltre del cringe, detta come va detta. Davvero delle cose che ti chiedi, con una certa dose di imbarazzo: «Ma perché? Chi ha pensato fosse una buona idea?» (…e ti rispondi: forse la faccenda del dj set a metà era per permettere a Massimo Pericolo di riprendersi, boccheggiante, dalla fatica emotiva di affrontare il suo primo Forum e non farlo collassare dall’emozione lì davanti a tutti).
Qual è la vera dimensione di Massimo Pericolo? Lo sono davvero i Forum e le decine di migliaia di paganti a concerto? Domanda che è diventata ancora più affilata quando è successa una cosa bella nello show, ovvero quando il live forumiano è diventato questione di un rapper + una backing band live, e la backing band in oggetto erano gli ottimi 72-Hour Post Fight (legati a Massimo Pericolo da più di un filo, e prima che deflagrasse il successo). Questo format di MP al microfono + dei musicisti coi controcazzi di impostazione post-rock a fargli da sponda e sostegno può funzionare eccome, e può essere un unicum di altissimo valore nel panorama sonoro nazionale, urban o non urban, pop e non pop. Epperò è un format che è allergico ai grandi spazi ed ai grandi pubblici, rende in venue più ridotte, è tarato sui live club e non sui palazzetti. Anche ieri lo si è visto. Non che il pubblico abbia contestato o fischiato, ma di sicuro l’euforimetro è calato bruscamente.
Questo peraltro porta a chiedersi: qual è il pubblico di Massimo Pericolo, oggi? Per arrivare a fare il Forum, devi giocoforza diventare trasversale, essere ascoltato ed apprezzato anche da chi è diverso da te e forse non capisce del tutto né il tuo background né quello che cerchi di dire e di essere. Non è una colpa, è un dato di fatto. C’era molta gente normale tra il pubblico (persone che mai farebbero la vita pericolosa da provincia noir di Alessandro Vanetti), il che va bene, e c’era molto pubblico femminile pronto all’urletto facile, e questo invece va già meno bene, è già un po’ più fuori contesto e straniante (va detto comunque che Massimo Pericolo non ci marcia sopra: non ammicca, non si esibisce a torso nudo, quindi se succede che piace a un certo tipo di pubblico un po’ isterico ed adolescenziale come forma mentis ai concerti non è colpa sua).
Dubbi che scomparirebbero se ieri Massimo Pericolo se lo fosse mangiato, il palco del Forum, come ad esempio abbiamo visto fare a Tedua, in uno show per certi versi molto più criticabile di quello di MP ma alla fine comunque più risolto, parecchio più incisivo. Invece non l’ha fatto: forse per emozione, forse per limiti, forse per attitudine. Siamo comunque contentissimi che il concerto ci sia stato, sia andato sold out, sia stata la celebrazione di un artista e di una persona che meritano tantissimo e che portano un po’ di sana realtà ed umanità nei grandi giochi del rap, dell’urban, del pop, con la scelta di campo di non rinnegare le proprie radici e la provincia in favore della grandeur vippaiola milanesarda. Però alla fine si sciama verso i parcheggi e la fermata della metropolitana con la sensazione che sia stata una occasione a metà colta, ma a metà persa. Per una parte del pubblico questo dubbio è irrilevante: si è divertito, ha cantato in coro, ha salutato con boati tutte le ospitate famose, e quindi va bene così. Ieri è andata, appuntamento al prossimo concerto famoso. Ma per un’altra parte del pubblico, sicuramente minoritaria, i dubbi ci sono, e la domanda sul reale spessore di Massimo Pericolo invece di diminuire sono cresciute. Lì dove poteva esserci consacrazione ci sono state invece troppe zone d’ombra, e incapacità di affondare il colpo davvero.