Liz Danvers, capo della polizia nella remota città di Ennis, in Alaska, ed eroina di True Detective: Night Country (su Sky Atlantic e in streaming su NOW), ama dire agli altri poliziotti che stanno facendo le domande sbagliate, pungolandoli ancora – e ancora – finché non fanno quella giusta. Per Night Country invece la domanda è una sola: valeva la pena resuscitare il franchise di True Detective, ormai fermo dal 2019, e senza il suo creatore originale, Nic Pizzolatto?
La nuova stagione, creata, diretta e in gran parte scritta da Issa López (regista e sceneggiatrice messicana, conosciuta per l’horror Tigers Are Not Afraid del 2017) e interpretata da Jodie Foster, risponde con un sonoro: “Cavolo, sì”.
Sono passati dieci anni dalla prima stagione del dramma poliziesco antologico starring Matthew McConaughey e Woody Harrelson. In quel momento, sembrava un fulmine a ciel sereno, grazie soprattutto alla performance inquietante di McConaughey e alla regia ipnotica di Cary Joji Fukunaga. Ma il finale ha deluso gli spettatori, che si aspettavano una sorta di ricompensa soprannaturale a tutte le vaghe allusioni alle storie dell’orrore di Robert Chambers e H.P. Lovecraft. La seconda stagione, con Colin Farrell e Rachel McAdams, è stata un disastro creativo su quasi tutti i fronti. La terza stagione è stata sostenuta dalle performance di Mahershala Ali e Stephen Dorff, ma per il resto è stata un rimaneggiamento trascurabile.
Ora arriva un nuovo titolo, una nuova showrunner e un’ambientazione molto diversa, 150 miglia a Nord del Circolo polare artico. Night Country (qui la nostra cover story) porta un sacco di energia femminile sia sullo schermo – sotto forma di Jodie Foster, appunto, e della co-protagonista Kali Reis, nel ruolo della riluttante partner di Danvers, Evangeline Navarro – sia fuori, in una serie che in passato non era esattamente celebrata per la sua attenzione nei confronti dell’universo femminile. Il risultato finale è una stagione asciutta e “cattiva” di sei episodi che conserva la maggior parte di ciò che era grandioso sotto Pizzolatto, lasciandosi alle spalle le parti più autoindulgenti o decisamente goffe di quegli anni.
Night Country inizia con Ennis che piomba nell’inverno caratterizzato, da quelle parti, da un’oscurità perpetua. La trama – un gruppo di ricercatori artici scompare in circostanze misteriose, che Navarro crede siano collegate a un omicidio irrisolto su cui ha lavorato con Danvers anni prima – è ovviamente molto dark. Ma López riesce a evitare che la serie venga consumata da quell’oscurità. È una stagione intensa, spesso decisamente violenta, ma non opprimente e cupa. L’energia tra Foster (il cui ringhio roco è perfetto per la sua poliziotta veterana e antisociale) e Reis (un’ex pugile con presenza sullo schermo da vendere) fa scintille. E López riesce di tanto in tanto a lasciare trasparire alcuni piccoli ma estremamente necessari scorci di luce, in particolare quando si tratta di Navarro e di tutti gli altri a Ennis che dicono a Danvers quanto la detestino.
Dopo la prima stagione, Pizzolatto ha ammesso di essere rimasto sorpreso da come alcuni spettatori abbiano preso alla lettera i riferimenti al Re Giallo, e le due stagioni successive hanno cercato di raccontare mostri che fossero umani. López, d’altra parte, accetta quasi con gioia la sfida di raccontare la sua storia in un modo che consenta al pubblico di prendere ciò che sta accadendo come prova che potenti spiriti vaghino lassù nel ghiaccio, o di trattare tutte quelle azioni strane come prodotti della follia che può svilupparsi in condizioni così isolate e (letteralmente) oscure. Quando a un testimone viene chiesto se pensava che ci fosse un’altra persona sulla scena del crimine, lui risponde: “Questa è Ennis, amico. Sì, a volte vedi qualcuno”. È un gioco di equilibrio incredibilmente pieno di grazia, fino al finale. La stagione con protagonista Mahershala Ali è arrivata e finita con un preavviso minimo, e non c’è stata molta richiesta di un nuovo capitolo negli ultimi cinque anni. Ma López conferma che True Detective può continuare a vivere, passando da un narratore all’altro anziché copiare meccanicamente ciò che è già stato fatto prima. Nel momento in cui qualcuno cita direttamente una battuta di McConaughey nel finale, Night Country si è già affermata come una storia elettrizzante, da incubo e pure avvincente.