Loro, dicono, «da un certo punto di vista» sono «soddisfatti» anche se non sono stati assolti. E c’è da capirli: quando si tratta di disobbedienza civile, si sa, si rischia tanto, sia “sul posto” – quando, cioè, si mette a disposizione il proprio corpo e la propria fedine penale per un ideale – e sia in Tribunale, visto che il “disturbo” in generale e l’opporsi alla legge fa parte di questo modo di scioperare, e comporta sentenze e l’odio della gente. Tant’è. Per questo viene da capire gli attivisti per il clima di Ultima Generazione che ieri, dopo la condanna del tribunale di Bologna, hanno parlato di «mezza vittoria»: perché sulla sentenza, che era scontata, sono state applicate le attenuanti generiche e quelle per aver agito per particolari motivi di ordine pubblico e sociale. Tradotto: esiste una questione morale dietro le azioni di disturbo per il clima, e da oggi si comincerà, forse, a tenerne conto. Per la Procura «l’azione è stata posta per un motivo nobile», dice il loro avvocato. Ergo, l’azione in sé è meno grave.
I fatti. Lo scorso 2 novembre tre attivisti di Ultima Generazione – Ettore, Mida e Silvia, due capi scout e una ricercatrice, spiega l’Ansa – avevano bloccato la tangenziale di Bologna per chiedere al governo di stanziare un fondo di riparazione permanente per gli eventi estremi: in due si erano anche cosparsi le mani di cemento a presa rapida per restare incollati al suolo, erano intervenute le forze dell’ordine e alla fine tutti e tre erano stati arrestati. Ieri c’era l’ultima udienza, dove sono stati condannati a sei mesi (pena sospesa) per violenza privata e interruzione di pubblico servizio, un reato per cui secondo i suoi attivisti Ultima Generazione non era mai stata condannata. Ma ci sono, dall’altra parte, anche le attenuanti che dicevamo prima, oltre al fatto che la giudice, Simona Siena, li ha assolti dalle accuse di danneggiamento, manifestazione non autorizzata e inottemperanza al foglio di via. «Noi lo abbiamo fatto per delle motivazioni profonde che la stessa giudice ha riconosciuto come atto di alto valore morale, e quindi è una vittoria questa, al di là della condanna, perché un’istituzione ha riconosciuto il motivo per cui agiamo così», ha detto Mida, mentre fuori l’aspettavano i suoi compagni di lotta. Ora faranno ricorso in appello, ma dal punto di vista simbolico viene da dire che il più è fatto.
Il punto però è che tutto questo rischia già di appartenere al passato. Come racconta il manifesto – che titola con un lampante «Questione morale» – ieri la Camera ha approvato il disegno di legge proposto dal ministro della cultura, Gennaro Sangiuliano, «a tutela dei monumenti» ma di fatto pensato per colpire le proteste non violente degli attivisti inasprendo le pene. Le multe andranno dai 10mila a 60mila euro, e non ci sarà bisogno di un dibattimento: basta che il prefetto raccolga le segnalazioni delle forze dell’ordine, e scatteranno le sanzioni. In più, è stata inserita l’aggravante che le raddoppia per chi compie l’illecito durante delle manifestazioni organizzate in un luogo pubblico. E chi lì «distrugga, disperda, deteriori o renda, in tutto o in parte, inservibili beni mobili o immobili» rischia da uno a cinque anni di carcere. La mozione, com’era prevedibile, ha mandato in bestia le opposizioni. Laura Boldrini tra i tanti: «Dopo i ragazzi dei rave party, le Ong che salvano vite umane in mare nel mirino delle destre, ci sono le ragazze e i ragazzi di Ultima Generazione».