Non erano bastate le immagini di Ilaria Salis tenuta alla catena, mani e piedi legati, e forse non servirà neanche il memoriale diffuso dal Tg di La7 e scritto da lei nei primi mesi di prigione. Non basterà, s’intende, a far cambiare idea ai tanti, soprattutto a destra, che continuano a voltarsi dall’altra parte, a far finta di niente, a dire che un po’ se l’è cercata. L’attivista, che ha 39 anni, fa l’insegnante a Milano ed è stata arrestata lo scorso 11 febbraio in Ungheria, dove aveva partecipato a una manifestazione antifascista contro un raduno di neonazisti poi finita in scontri, ha descritto condizioni di detenzione al limite: «Sono stata costretta a rivestirmi con abiti sporchi, malconci e puzzolenti che mi hanno fornito in questura e a indossare un paio di stivali con i tacchi a spillo che non erano della mia taglia»; per i primi tre mesi è stata privata di elementi indispensabili per l’igiene personale; in cella e fuori ci sono cimici, topi e scarafaggi; sono previsti solo colazione e pranzo, e spesso nella zuppa, molto liquida, si trovano «pezzi di carta e di plastica, capelli o peli».
Ebbene: pure di fronte a scene o a confessioni del genere, che per di più erano pure intuibili visto il modo in cui si era presentata in aula, la destra fa una fatica immane a condannare le condizioni in cui è tenuta, ovunque ritenute inumane e degradanti specie considerando che l’Ungheria fa parte dell’Unione Europea – tra i tanti, ne parla oggi Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International, su Domani. Si fa prima a citare chi sta mantenendo un atteggiamento equilibrato: Meloni, che pure nel silenzio, da istituzione, pare stia lavorando a una soluzione (fonti dicono che punti all’espulsione di Salis dall’Ungheria), Lupi di Noi Moderati, che ha bacchettato chi fa dei distinguo, e pochi altri.
Più in là è un gioco a nascondino, a fare piccole distinzioni e a non prendersela con Orbán, che può rappresentare un’ottima spalla per la destra italiana alle prossime elezioni europee. La Russa, tra i tanti, ha detto che il trattamento riservato a Salis – le manette a mani e piedi, non le bestialità del carcere – in Italia è in uso per alcuni uomini, non donne comunque. Grave insomma, ma non gravissimo. Lollobrigida (e questa la sapete) aveva invece ammesso di non aver visto le immagini, ergo di non poter commentare. Sono passati due giorni, chissà se ha recuperato. Tajani, che pure con la Farnesina pare stia cercando un accordo, nonostante il padre di Salis in questi mesi abbia lamentato una totale latitanza sul tema, ha confermato che le scene sono inumane, e però «Orbán non c’entra, la magistratura ungherese è indipendente». Non fosse che il portavoce di Orbán aveva definito giuste le catene, e che adesso lo stesso presidente ungherese – magari solo per cortesia, ma tant’è – ha fatto retromarcia, dopo aver incontrato Meloni, per dire che almeno «mi muoverò per un equo trattamento». Segno che qualcosa evidentemente non va, o che comunque in una democratura come l’Ungheria lui può sempre mettere bocca.
In compenso, se tutte queste mancate prese di posizione nette, alla fine, potevano essere un modo per non mandare in bestia l’Ungheria, ergo una forma (goffa) di diplomazia, c’è chi ha fatto di peggio. Salvini e la Lega, infatti, hanno proprio saltato la staccionata, e hanno screditato Salis prima recuperando un video in cui, secondo loro, l’attivista, nel 2017, aveva aggredito un gazebo del partito, salvo dimenticarsi che è stata assolta in formula piena perché il fatto non sussiste; e poi lo stesso Salvini, rilanciando le accuse di pesci più piccoli, se n’è uscito con accuse del tipo «è assurdo che faccia la maestra», «se fosse mia figlia non sarei contento», «va processata a Budapest», «non è accettabile che vada in aula in catene, vi pare normale che una maestra vada in giro per l’Europa a picchiare la gente?». Tradotto: classico screditamento della vittima, (di nuovo) se l’è cercata.
Ora: va bene che gran parte del governo non sia d’accordo con i modi e le idee di Salis, ma mettere tutto questo davanti al modo in cui l’attivista viene trattata in Ungheria è assurdo. A maggior ragione perché il governo risponde all’interesse di tutti i cittadini, e Salis è una cittadina italiana; per cui, prima la si riporta a casa o perlomeno le si garantiscono delle condizioni di detenzioni umane, condannando ciò che abbiamo visto, e poi nel merito la si critica per le sue opinioni quanto si vuole. Fermo restando che in ogni caso non si tratta di una criminale internazionale, perché perfino le accuse sono relativamente blande.
In questo senso, il calcolo politico in vista delle Europee sembra solo la punta dell’iceberg di una serie di pensieri della destra italiana che ci hanno portato fino a qui, che vanno dall’allergia alla parola «antifascismo» – Salis lo è dichiaratamente, nel governo c’è gente a cui il termine fa l’effetto kryptonite – all’amicizia con Orbán, che per molti conservatori rappresenta un modello di Europa migliore e un capo di stato d’ammirare, nonostante tutte le storture democratiche del suo paese, tipo queste. E se vi viene in mente la difesa oltranzista di Putin da parte di Lega e Fratelli d’Italia fino a subito prima della guerra in Ucraina, be’, non siete fuori strada.