I trailer sono progettati per suscitare emozioni: sono l’amuse-bouche che stuzzica l’appetito prima di un pasto di tre portate. A volte, il più vecchio trucco di marketing però si ritorce contro. Quando la Sony ci ha dato un’anticipazione di Madame Web, l’ultimo arrivato nella rosa dei film legati all’Uomo Ragno e un altro dei suoi crossover aziendali con i Marvel Studios, la reazione è stata… non esattamente quella sperata. Gli stessi fan che speravano di appassionarsi a una serie di nuovi personaggi legati al mondo di Spider-Man hanno iniziato a sfottere la clip, criticando tutto, dal tono piatto con cui di Dakota Johnson pronuncia le battute all’aspetto curiosamente sciatto delle immagini. Una frase in particolare – “Era in Amazzonia con mia madre mentre lei faceva ricerche sui ragni, proprio prima che morisse” – è diventata un meme viralissimo. Il sangue era ormai sciolto nell’acqua, e l’amuse-bouche si era ormai guastato.
Alcuni di quegli spietati commenti potrebbero essere attribuiti alla misoginia dei fanboy vecchio stampo, con i troll online pronti a fare a pezzi qualsiasi cosa anche solo lontanamente associata alle supereroine. Il fatto che il film ruotasse attorno a uno dei protagonisti più oscuri dello Spiderverse non ha aiutato, dando l’impressione che la Sony stesse raschiando il fondo del barile. E lo strano mix di iperventilazione, crash-bang-boom e mancanza di energia da parte del cast ha fatto sì che tutto sembrasse a un passo dalla parodia: un finto trailer del Saturday Night Live travestito da trailer reale. Il film è stato messo alla berlina con un cartello “Prendimi a calci”, il che è sembrato palesemente ingiusto. Sì, il teaser non vendeva affatto bene questo aspirante blockbuster. Ma aspettate di vederlo prima di dare un giudizio definitivo, ragazzi.
Ebbene, dopo aver visto di persona questo groviglio di intellectual property, possiamo dire che Madame Web non è poi così male come la sua campagna promozionale un po’ pasticciata potrebbe far pensare: è molto peggio. Autentico disastro di Chernobyl, che sembra diventare esponenzialmente più radioattivo man mano che procede, questa deviazione verso uno degli anfratti più polverosi della content farm Marvel è un vicolo cieco dall’inizio alla fine. È il Cats dei film di supereroi. Non c’è una sola scelta che appaia sensata. Non una sola performance sembra in sintonia con il materiale di partenza. Non una sola battuta sembra intonata alle emozioni di personaggi. L’unico fattore sorprendente di questo spinoff di Spider-Man è che qualcuno, da qualche parte, ha firmato per la sua realizzazione.
Tutto ciò lascia davvero perplessi, perché non è che si sia lesinato nel portare a bordo dei veri talenti. Johnson, la star che interpreta la paramedica diventata preveggente Cassie Webb – abbreviazione di Cassandra, ovviamente – è passata dall’ingenuità di Cinquanta sfumature di grigio a rivelarsi una delle attrici più talentuose e rilevanti su piazza. Sydney Sweeney è un astro nascente che sembra salire sempre più in alto; è una delle tre ventenni che fanno parte del cast (le altre due sono Isabela Merced e Celeste O’Connor) e che sono misteriosamente attratte da Webb e diventeranno un trio di future donne ragno. Da quando ha debuttato nel 2009 con il dramma carcerario francese Il profeta, Tahar Rahim ha dimostrato di avere una presenza sullo schermo di tutto rispetto, e si potrebbe pensare che sia in grado di interpretare un cattivo delirante e malvagio come il potente Ezekiel Sims. Anche Adam Scott, Emma Roberts, Mike Epps, Zosia Mamet e Kerry Bishé di Halt and Catch Fire fanno la loro comparsa. Il curriculum della regista S.J. Clarkson è da “Prestige Tv”, avendo diretto episodi di Succession, Orange Is the New Black, Dexter, Jessica Jones e il pilota del prequel di Game of Thrones.
Eppure, dal prologo ambientato nell’Amazzonia peruviana che costringe la Constance Webb di Bishé a recitare statistiche su un raro aracnide “i cui peptidi possono curare centinaia di malattie”, si capisce che qualcosa non va. La situazione peggiora quando Rahim, già a un passo dal legare una ragazza ai binari della ferrovia, inizia a parlare di “Las Arañas”, gli “uomini ragno” di quella regione che saltano sulle cime degli alberi. Si dà il caso che questi estranei dotati di superpoteri esistano davvero e prendano con sé Cassie quando la sua mamma muore. Da lì si passa velocemente a New York nel 2003, quando la Cassie di Johnson, ormai cresciuta, è un paramedico al fianco del Ben Parker di Scott e inizia a gridare ordini con l’entusiasmo di un annunciatore della metropolitana; e la puzza si fa ancora più forte…
(Vorremmo soffermarci un attimo a sottolineare il cognome del personaggio di Adam Scott: notate che sua sorella Mary è incinta – anche se non ha ancora rivelato il nome del bambino – e riflettete sul fatto che, pur non desiderando essere padre, non vede l’ora di essere lo “zio Ben” nella vita del bambino. Ci siamo capiti…)
Poi entra in scena la trinità composta da Mattie Fanklin (O’Connor), la timida e buona Julia Cornwall (Sweeney) e l’indecifrabile Anya Corazon (Merced), e nemmeno l’infusione di giovinezza e la promessa di una svolta supereroistica riescono a rianimare il film. Lo stesso vale per il cattivo di Rahim, che striscia sui muri con una tuta di Spidey completamente nera, il che, a dire il vero, non corrisponde a nessun tipo di timeline dell’universo cinematografico: ma perché fissarsi sui dettagli? Per quanto riguarda i poteri di Webb, può avere visioni del futuro che vanno da 30 secondi a cinque minuti prima del previsto, che il film rende attraverso scene che sono una ripetizione infinita l’una dell’altra. Questi intensi attacchi di déjà vu sono eguagliati solo dalla sensazione di incredulità che si prova dall’altra parte dello schermo.
La cosa migliore del futuro è che non è ancora accaduto”, dice qualcuno verso la fine di Madame Web, e in effetti si attende con ansia un futuro in cui i titoli di coda del film (che, attenzione agli spoiler, sono privi di scene che anticipano trame future; persino la Sony ha detto: “Sì, basta così”) siano sepolti nella memoria. O in un mondo alternativo, tra qualche anno, in cui questa commedia demenziale involontaria è stata ritrasformata in una sorta di classico cult del cinema; in uno Showgirls dei cinecomic. Fino ad allora, vi rimane un presente in cui siete costretti a rabbrividire per due ore, a far finta che tutto questo non sia mai accaduto, e a pronunciare con rammarico le parole che non immaginereste mai di pronunciare: “Torna, Morbius, tutto è perdonato”.