«Ferrari è stato un progetto da sogno, in ogni suo aspetto. Come la sottocultura delle corse, di cui non sapevo nulla e che con Micheal non potrebbe essere più dettagliata. È stato un film impegnativo da girare, ma un’esperienza rara, davvero. E potevamo farlo soltanto a Modena, dove ci sono due musei e l’iconografia della Ferrari è ovunque», racconta Adam Driver.
Presentato all’80esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, il film esplora l’enigmatica figura del leggendario Enzo Ferrari nel corso di uno specifico e drammatico anno della sua vita, il 1957. Venerdì 15 marzo la storia umana e professionale di uno dei personaggi più noti, misteriosi e complessi del secolo scorso, raccontata da Michael Mann, arriva in prima Tv su Sky Cinema Uno alle 21:15 (e alle 21:45 anche su Sky Cinema Drama), in streaming su NOW e disponibile on demand.
«Avevo il progetto in mano da tanti anni, ma è anche nuovissimo, come se avessi iniziato a lavorarci soltanto un anno e mezzo fa, perché quando hai solo la sceneggiatura è tutto “in teoria”, questo copione diventerà un film, ma è solo quando si inizia a girare che diventa reale. Non è tanto che fosse un progetto da sogno per me, è che la qualità della scrittura e il materiale erano così forti che ogni volta che ho pensato di abbandonarlo, poi in qualche modo ho ricominciato a leggerlo», spiega Mann.
«Mi sento davvero fortunata ad averne fatto parte. Mi è stata data una grande opportunità con questo personaggio e non posso dire che sia stato facile, ma mi sono goduta ogni secondo. E poi l’Italia è la mia seconda casa, ci ho fatto cinque o sei film e penso che le persone lì siano molti simili alle persone in Spagna e al loro modo di vivere», ricorda Penélope Cruz, che nel film interpreta Laura, la moglie di Enzo Ferrari.
L’azienda che Laura ha fondato con il marito infatti rischia il fallimento, e anche il loro matrimonio è sempre più tempestoso dopo la morte del loro unico erede Dino e la scoperta dell’esistenza di Piero, il figlio nato dalla relazione con Lina Lardi (Shailene Woodley): «Lavorare con Michael Mann è stato uno dei punti più alti della mia carriera. Mi ha costretta a uscire dalla mia comfort zone ed è proprio lì che credo avvenga la magia, quando sei obbligata a metterti in discussione ma con la mente aperta, non in una condizione tossica. E questo è l’ambiente che ha creato Michael», afferma Woodley.