‘Shōgun’ potrebbe davvero essere il nuovo ‘Game of Thrones’ | Rolling Stone Italia
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‘Shōgun’ potrebbe davvero essere il nuovo ‘Game of Thrones’

Dimenticate la versione del 1980 che ruotava attorno al salvatore bianco Richard Chamberlain: il rifacimento di FX/Hulu (su Disney+) del romanzo di James Clavell sposta l'attenzione e aumenta la scala. E per questo è fantastico

‘Shōgun’ potrebbe davvero essere il nuovo ‘Game of Thrones’

Eita Okuno, Anna Sawai e Hiromoto Ida in 'Shōgun'

Foto: Katie Yu/FX/Disney

Shōgun, il romanzo epico-storico di James Clavell, è stato adattato per la televisione per la prima volta nel 1980. Aveva come protagonisti Richard Chamberlain nei panni di John Blackthorne, un marinaio inglese che viene coinvolto in una guerra civile giapponese all’inizio del 1600, e la leggenda del cinema giapponese Toshirō Mifune nei panni di Toranaga, un signore feudale in contrasto con il resto della classe dirigente del suo Paese. Questa versione della NBC non aveva i sottotitoli, quindi il dialogo giapponese veniva tradotto solo nelle scene in cui personaggi bilingui facevano da interpreti per Blackthorne. I produttori hanno difeso questa scelta come una scelta creativa, perché ritenevano che la storia dovesse essere mostrata dal suo punto di vista. È una visione incredibilmente miope e campanilistica di un libro che ha fatto di tutto per comprendere e dare piena dimensione ai suoi numerosi personaggi non bianchi, mentre la miniserie di Chamberlain li trattava tutti come esotici attori secondari nella storia di Blackthorne.

Il nuovo adattamento FX (dal 5 marzo su Disney+, un episodio ogni martedì) ha decisamente più buonsenso. La maggior parte dei dialoghi è sottotitolata in giapponese. E tratta Blackthorne (interpretato qui da Cosmo Jarvis) e Toranaga (Hiroyuki Sanada) come pari a livello narrativo. Anzi, alla fine Toranaga ha tutto per essere il personaggio centrale.

Shōgun | Trailer Ufficiale | Disney+

Adattato da Rachel Kondo e Justin Marks, questo nuovo Shōgun scava in profondità nella cultura del periodo e nei molti e complicati modi in cui ha plasmato Toranaga, la traduttrice di Blackthorne Mariko (Anna Sawai), il crudele marito di Mariko, Buntaro (Shinnosuke Abe), e tutti gli altri che incontriamo lungo la strada. Shōgun è bello da vedere, un’opera su una scala molto più vicina a Game of Thrones che a qualsiasi cosa FX abbia fatto in passato con titoli come The Americans o The Bear, e funziona bene sia come grande racconto che come testo sociologico.

La storia inizia ancora secondo il punto di vista di Blackthorne, quando la sua nave danneggiata finisce in un porto controllato da Toranaga. Lui e i suoi compagni di equipaggio sono arrivati per saccheggiare una terra popolata, come dice lui, da “un’orda selvaggia”, e il marinaio rimane sorpreso nell’apprendere che i giapponesi invece lo considerano un disgustoso barbaro. Col tempo, arriva a riconoscere i molti aspetti in cui la vita in Giappone è superiore al mondo che si è lasciato alle spalle, come fare il bagno regolarmente o avere le cure mediche che non coinvolgono le sanguisughe. Ma apprende anche che la dedizione nazionale all’onore a tutti i costi va in entrambe le direzioni, ispirando grandi azioni di eroismo e sacrificio ma anche comportamenti sconcertanti, a volte terribili, in cui le persone si sentono obbligate a commettere il suicidio rituale del seppuku per reati apparentemente minori. Mariko avverte John di non lasciarsi ingannare dal comportamento educato di tutti, e lui riconosce lentamente che la sua vita è una lotta costante a causa di questioni d’onore e del ruolo della donna nella società.

Hiroyuki Sanada in ‘Shōgun’. Foto: Katie Yu/FX/Disney

Il cast è meraviglioso. Il carisma e l’intensa immobilità di Sanada rendono del tutto credibile che Toranaga sia un leader ispiratore di uomini ma anche un brillante stratega sempre cinque mosse avanti rispetto ai suoi tanti nemici. Anna Sawai esprime tutto con ogni espressione addolorata sul volto di Mariko. Nei panni dell’ambiguo guerriero Yabushige, Tadanobu Asano si ispira in modo divertente al giovane Mifune dell’era dei Sette samurai. La performance di Cosmo Jarvis è volutamente sopra le righe, ma ciò non fa altro che sottolineare quanto sia alieno in questo bellissimo contesto: più impara a conoscere e a rispettare questo strano nuovo mondo, più modulato diventa il suo lavoro d’attore.

Il libro di Clavell ha una portata epica che la serie ricrea, concentrandosi tantissimo su ogni dettaglio. Ci sono scene straordinarie ed “extralarge”, come un terremoto che distrugge uno degli eserciti in un momento inopportuno. Abbiamo anche la storia d’amore sfortunata tra Mariko e John, complicate faide tra i vari signori e vassalli giapponesi, interferenze da parte dei missionari cattolici dal Portogallo e altro ancora. La serie a volte perde la presa su alcune storyline (i personaggi portoghesi scompaiono dalla narrazione per lunghi tratti), ma nel complesso fa un ottimo lavoro nel tradurre sullo schermo questo kolossal letterario. Riesce persino a far sembrare il dono di Mariko per la poesia freestyle un’arma potente quanto i cannoni che John ha portato dall’Europa.

Mariko si è convertita al cattolicesimo e, a volte, si sente a disagio nel sentire il protestante Blackthorne imprecare contro i rappresentanti della sua fede. Toranaga, che ha bisogno che lei rimanga vicina a questo improbabile alleato, le chiede se la sua lealtà verso Dio sarebbe in conflitto con il servizio nei suoi confronti. Mariko risponde che questo sarebbe un problema se fosse solo cristiana: “Ma io ho più di un cuore”. Anziché fissarsi sul cliché semplicistico anni ’80 dello straniero in una terra straniera, di cuori anche Shōgun ne ha molti, così come altrettanti punti di vista. E per questo è fantastico.

Da Rolling Stone US

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