Amy Schumer, Anne Hathaway, Sharon Stone. Prima del successo del Barbie diretto da Greta Gerwig (e co-prodotto da Margot Robbie), altri – anzi, altre – avevano provato a portare sul grande schermo la bambola più famosa del mondo, senza però riuscirci. Recentemente, Sharon Stone aveva elogiato il lavoro delle colleghe, ritornando a quella volta negli anni Novanta in cui una sua proposta fu scartata dagli Studios di Hollywood.
Ora, a distanza di un paio di mesi da quelle dichiarazioni, l’attrice è tornata sull’episodio, ospite della puntata del 20 marzo del podcast Fly on the Wall di Dana Carvey e David Spade. Questo lo spirito del pitch che portò con sé: «Tutti la [Barbie, ndr] inseguono, tutti la vogliono… perché gira tutto intorno al potere di essere Barbie, e a quello che Barbie potrebbe fare nel mondo, perché è una forza della natura».
Risultato? «Lo Studio a cui portai l’idea mi rise in faccia. E avevo anche il supporto del capo di Mattel». Ma non finisce qui. Perché, in quello Studio, non si risparmiarono di infierire: «Mi dissero qualcosa come: “Perché dovresti prendere un’icona americana e provare a distruggerla? Che problemi hai?”. Quindi ne ricavai una lezioncina e l’essere accompagnata alla porta».
Per fortuna i nodi della Storia vengono al pettine, e il successo del blockbuster di Gerwig dimostra che anche le icone americane, qualche volta, necessitano di una spolverata (e, la buttiamo lì, magari anche i capi degli Studios).