Otto anni nella musica pop sono un’eternità. Nel 2016, quando Sia pubblica This Is Acting, ha già all’attivo sei album. È la voce possente di Titanium di David Guetta. È la cantante del ritornello forse più cantato (no: urlato) degli ultimi anni, quello di Chandelier, hit che la consacrerà sul mercato discografico statunitense e la farà conoscere in tutto il mondo (grazie, anche, ai video e alle esibizioni della ballerina alter ego Maddie Ziegler). Sia è il caschetto biondo camp che le copre quasi completamente il volto (lo indossa, dirà in un op-ed, per evitare la fama, “che è come avere una suocera petulante al tuo fianco ogni giorno”).
Sia è, soprattutto, la Mogol della musica pop mondiale. Una paroliera-re Mida che trasforma in hit tutto ciò che scarta. Scrive per Rihanna, Katy Perry, Beyoncé, Adele, Christina Aguilera, Britney Spears (attività redditizia che, come racconterà a Interview, predilige: “Posso sedermi con i cani sul divano, registrare una traccia, mandarla e, se sono fortunata, guadagnare un milione di dollari”; se non è questo il talento). Agevolo qui un breve elenco di canzoni scritte da Sia e portate al successo dalle colleghe: Diamonds di Rihanna, Pretty Hurts di Beyoncé, Chained to the Rhythm di Katy Perry, Flashlight di Jessie J. Per citarne solo alcune.
Sia è, si direbbe oggi, un format di successo ben rodato: le metafore riconoscibilissime e, per certi versi, banali dei suoi testi; le canzoni con la formula, coniata dalla stessa, victim-to-victory (ovvero, una traccia che parte in minore ma ritrova forza nel finale; il “viaggio dell’eroe”, insomma, in tre minuti di canzone); la sky-high voice che sembra librarsi in aria. A volte si spezza, travolta dai suoni ampollosi, drammatici, che attingono al tropical pop, all’hip-hop, all’house e all’elettronica; ma poi riprende il volo per planare su terreni sicuri e riverberati. Sia è Sia e nessuna è come lei. E questo, oggi più che mai, basta per rimanere memorabili nel frullatore musicale contemporaneo.
Otto anni dopo, Reasonable Woman è lì a ribadire tutto questo. Non aggiunge né sottrae, ogni traccia conferma la potenza vocale della sua interprete, capace di iniettare vitalità anche nei pezzi più insulsi, senza sperimentare troppo o spingersi oltre. Lo capiamo già in apertura con Little Wing, che è subito una traccia di Sia in purezza. Anzi, sembra quasi di ascoltare la sua Unstoppable. Seguono due feat., Immortal Queen con Chaka Khan, che se nell’accoppiata aveva le premesse per diventare un gay anthem da pista da ballo, finisce per essere una colonna sonora da spot televisivo (buona, però, per un “lip-sync for your life”); e Dance Alone, che invece, con Kylie Minogue accanto, è un inno all’indipendenza con un ritmo catchy che rimane in testa per un po’, ma che non è destinato a durare nel tempo.
Il ritmo rallenta con I Had a Heart, una ballata mid-tempo con un’atmosfera teatrale à la Broadway. Il canto di Sia è sommesso, fumoso, mentre la canzone si sviluppa, chiudendosi con archi sinfonici su un ritmo pop. Rosalía è tra gli autori del pezzo, ma non ce ne accorgiamo. In Gimme Love riemerge il format Sia dell’inizio, che rimane anche in Nowhere to Be (una traccia che potrebbe benissimo incidere Mr. Rain) e Towards the Sun, due canzoni che suonano come scarti utilizzati per riempire il disco: rimangono anonime anche dopo ripetuti ascolti. Con Incredible e Champion, Sia si unisce prima a Labrinth, la cui voce pazzesca (per apprezzarla, consiglio la sua cover di Frozen) fa da eco e si mescola a suoni sintetizzati, distorti, cadenzati, e poi con il trio Tierra Whack, Kaliii e Jimmy Jolliff, in un pezzo che ricorda vagamente le atmosfere marcate e “solenni” di Countdown di Beyoncé. Una marcia gioiosa che mantiene il clima festivo inaugurato dalla traccia precedente.
Su I Forgive You Sia si strugge e sinceramente un po’ anche noi (e ci ricorda che la voce resta uno strumento potente che ella maneggia con maestria), e potrebbe essere questo il momento più alto dell’album, se non fosse che l’intro di One Night ci riporta al 2002, quando la radio suonava Mundian To Bach Ke di Panjabi MC e i nostri jeans erano strappati e a vita bassa. Sul finale, Reasonable Woman ci regala il chiacchierato feat. con Paris Hilton, il cui risultato, seppur non entusiasmante, non è neanche deludente (ed è anche merito di Paris). Forse ci saremmo risparmiati il messaggio edificante (che permane in tutto il disco), ma questi sono i tempi in cui viviamo. Ci si deve adattare. Le ultime due tracce, Go On e Rock and Balloon, sembrano uscite da Bionic di Christina Aguilera e volano via come la voce di Sia, ma senza restare memorabili.
Reasonable Woman è, a conti fatti, un album dove testi e melodie si sposano perfettamente, ma finiscono per rimanere incastrati in un matrimonio che sopravvive grazie all’abitudine. E ci lascia con alcune domande: che ne sarà del “format Sia” nel futuro prossimo? Sopravvivrà ancora qualche anno fino a fossilizzarsi in un greatest hits (cosa che, presumibilmente, arriverà entro pochi anni) e in una serie di collaborazioni che dimenticheremo facilmente? Approderà a Las Vegas per una residency redditizia e, come Miley Cyrus, si scuserà con i fan per non essere abbastanza solida da gestire lo stress da tournée? Sceglierà magari di esibirsi con un suo ologramma o a viaggiare per il mondo sarà solo la sua parrucca? Siederà come giudice in qualche talent, ammesso che sopravvivano anche loro, o continuerà a fatturare come l’ultima paroliera del pop?
Nonostante il suo discusso e controverso debutto con il film Music del 2021, Sia si definisce anche una regista. Forse è già al lavoro per realizzare un documentario sul peso della fama e sui rischi della notorietà. Su cosa vuol dire essere Sia. Con i tempi che corrono, sarebbe sicuramente un successo. Posso già suggerire il titolo italiano: Cosa vuoi che Sia?