Quanto costa produrre e promuovere in Italia un album pop di larga diffusione? Se pensate che costi sempre meno grazie alla tecnologia che permette di evitare l’uso di session man e dispendiosissime sale d’incisione e grazie ai social che vengono usati come strumenti di marketing, potreste trovare sorprendente la classifica che segue.
Si tratta dei costi sostenuti dalle imprese per lo più discografiche dal 1° gennaio 2021 per le opere commercializzate nel 2023. Li ha diffusi il Ministero della Cultura nell’ambito delle comunicazioni relative ai beneficiari del credito d’imposta previsto dal Tax Credit Musica.
Un paio di premesse. Il Ministero della Cultura ha deciso da tempo di riconoscere un credito d’imposta alle imprese produttrici di dischi, video e spettacoli dal vivo quale incentivo a investire e far crescere il settore, il tutto ovviamente a certe condizioni. Tale credito d’imposta è pari al 30% dei «costi sostenuti per attività di sviluppo, produzione, digitalizzazione e promozione di registrazioni fonografiche o videografiche musicali». Significa che se spende 100 mila euro per le attività sopra elencate relative a un disco, non solo per la registrazione quindi, la casa discografica potrà in seguito pagare meno tasse, usufruendo di 30 mila euro di credito d’imposta.
Seconda premessa: la misura prevede ovviamente dei tetti di spesa e dei limiti che sono stati alzati in epoca Covid e post Covid, un riconoscimento del «rilievo che l’industria ha nella ricerca e sviluppo della musica italiana», come ha detto Enzo Mazza, CEO di FIMI, la federazione dei discografici italiani. Oggi il Ministero riconosce il 30% su un massimo di 250 mila euro per singola opera, con un totale di tax credit per casa discografica (o altro beneficiario) di 2 milioni di euro nel triennio (in precedenza era un milione e 200 mila euro).
L’elenco che segue, di cui trovate l’integrale a questo link, non riguarda quindi tutti i dischi prodotti in Italia usciti nel 2023, ma solo quelli che hanno chiesto e ottenuto nei giorni scorsi il credito di imposta. Se avete speso 700 mila euro per fare un disco e non avete chiesto e ottenuto il credito d’imposta, il vostro lavoro pur essendo molto costoso non comparirà in questo elenco.
Ecco quindi i dischi che hanno fatto registrare i maggiori costi per le attività di sviluppo, produzione, digitalizzazione e promozione e che hanno ottenuto il Tax Credit Musica. Le cifre indicate sono relative alle spese eleggibili comunicate al Ministero.
Madame, L’amore 1.089.463 euro
Måneskin, Rush! 807.101 euro
Laura Pausini, Anime parallele 688.586 euro
Elodie, Ok. Respira 477.500 euro
Samo & Noyz Narcos, Cvlt 375.958 euro
Tedua, La divina commedia 338.092 euro
Emis Killa, Effetto notte 269.781 euro
Carl Brave, Migrazione 267.123 euro
Paola & Chiara, Per sempre 263.080 euro
Marco Mengoni, Materia prima (Prisma) 260.120 euro
Gemitaz, QVC 10 259.800 euro
Geolier, Il coraggio dei bambini 250.344 euro
Annalisa, E poi siamo finiti nel vortice 250.000 euro
Blanco, Innamorato 250.000 euro
Drillionaire, 10 250.000 euro
Dylan, Love Is War 250.000 euro
Elisa, Intimate 250.000 euro
Emma, Souvenir 250.000 euro
Guè, Madreperla 250.000 euro
Ligabue, Dedicato a noi 250.000 euro
Sfera Ebbasta, X2VR 250.000 euro
Non abbiamo incluso l’album Corelli Concerti Grossi op. VI, 256.082 euro, perché extra pop. La presenza di tanti dischi con costi eleggibili pari a 250 mila euro (li abbiamo messi in ordine alfabetico per autore) si spiega col fatto che è quella la soglia massima di costi eleggibili. Che si spendano 300 mila o 900 mila euro, il tax credit riconosciuto sarà sempre di massimo 75 mila euro a opera, ovvero il 30% di 250 mila euro.
Le opere a cui è stato riconosciuto il credito d’imposta sono oltre 260, anche con spese eleggibili modeste, nell’ordine di 1000 e 2000 euro. Il credito di imposta complessivo che è stato riconosciuto è pari a poco meno di 5 milioni di euro.