In Europa piove oramai da un pezzo e anche dagli uffici della Warner di Milano il tempo è plumbeo come è stato negli ultimi giorni. L’estate è finita, e con sé anche la Brat summer. O almeno così ci verrebbe da pensare. Eppur siamo qua riuniti, al 10 ottobre, per ascoltare in anteprima (ma uscirà tra poche ore, non preoccupatevi) Brat and It’s Completely Different But Also Still Brat, il remix album del capolavoro (avant) pop di Charli XCX. Forse l’estate si è conclusa, ma la Brat era assolutamente no. Né il tour in supporto che Charli sta tenendo con Troye Sivan in America e che domani riprenderà alla Ball Arena di Denver, in Colorado. Sul tavolo nella sala dedicata all’ascolto ci sono dei cupcake e dei biscotti il cui colore richiama il verde Brat.
Brat and It’s Completely Different But Also Still Brat arriva a qualche mese di distanza dal disco (uscito a inizio giugno) e più che un remix album è un sequel, la seconda stagione di una serie che ha manipolato il discorso collettivo durante l’estate. La forza di Brat, oltre a un suono distintivo e volutamente oltre i limiti del pop mainstream classico, risiede nella capacità di Charli di aprire la propria intimità all’interno di alcuni dei brani più riusciti del disco. Esclusi i capitoli più dancefloor – come Club Classics o 365 (allargati qui dagli interventi della next big thing spagnola Bb trickz e dall’amica londinese Shygirl) – l’album è riuscito a costruito un racconto onesto e vulnerabile di Charli XCX come persona, oltre che come artista, allontanandosi dell’idea della popstar perfetta e sicura di sé a favore della condivisione di paure, dubbi, paranoie. La maggioranza degli artisti coinvolti in questa nuova versione dialogano con Charli, le rispondono, ci conversano, convalidando quest’impressione di una artista che attorno a sé ha creato un sano gruppo di lavoro (e confronto).
Quello che, sulla carta, poteva essere un semplice disco di remix di tracce da ballare si presenta invece come un Brat stagione 2. Sia negli arrangiamenti, che nei temi, c’è l’idea innovativa (un’altra?) di rendere questo lavoro un progetto con una dignità propria, una continuazione, un dialogo tra amiche e amici che si interrogano sui problemi comuni dei 30 anni: la maternità, le relazioni, le insicurezze. E, visto i nomi tirati in causa (Ariana Grande, Lorde, Bon Iver, i 1975), anche e soprattutto le questioni legate al successo. I brani qui assumono altre forme, spesso cambiando nella loro totalità (come So I con A. G. Cook e I Think It About All the Time con Bon Iver), altre volte invece vedendo l’aggiunta di una nuova strofa sotto forma di nuovo punto di vista sulla conversazione (come in Sympathy Is a Knife con Ariana Grande) o risposta diretta (è il caso della già edita Girl, So Confusing con Lorde). È come se Charli avesse bisogno di dirci ancora qualcosa di più rispetto quanto già condiviso a giugno.
Ma torniamo alla questione successo. Charli XCX è sempre stata, a suo modo, una rispettata popstar. Suoi brani come Boom Clap, Fancy e I Love It! hanno scalato le classifiche, ma il riconoscimento ottenuto a livello internazionale con Brat, una virale febbre verde acida, è stato al di là di ogni più rosea aspettativa (con tanto di terzo posto nella classifica americana e il secondo in quella inglese). E se il tema dell’esser altezza di questo successo era già stato affrontato in Brat, qui viene allargato alla gestione di una fama che sta diventando ogni giorno più grande, pesante, ingestibile.
In aiuto di Charli arriva allora Ariana Grande, popstar che negli ultimi anni è stata nel mirino di critici e hater per il grande cambiamento estetico affrontato. “È un coltello quando contano i tuoi errori / è un coltello quando sei così bella che pensano che sei rifatta / è un coltello quando analizzano il tuo corpo sulla prima pagina di un giornale / è un coltello quando non ti credono”, canta Ari in Sympathy Is a Knife, brano che originariamente affrontava il tema dell’invidia e del paragone e che, secondo molti, aveva un verso dedicato a Taylor Swift: “Non voglia vederla nel backstage al concerto del mio ragazzo / incrocio le dita di nascosto / spero si lascino in fretta”.
Le difficoltà legate al successo vengono riprese anche in B2B che nella nuova versione con Tinashe apre un altro spiraglio sulla questione. Canta Charli: “Ho girato per il mondo, 15 paesi in 4 giorni, / finito il concerto subito a fare uno shooting fotografico fino al mattino / sono davvero stanca, ma amo tutto questo, non mi sto lamentando / oh, merda, forse lo sto facendo”. E ancora in Rewind con il talento svedese Bladee (i due avevano già collaborato in passato in Drama): “Devo confessarlo, sono stressata / sento che mi sto mettendo pressione / forse ho bisogno di guardare in faccia la realtà”.
“Quando è diventato tutto così difficile?”, cantano Charli e Bon Iver nel rework di I Think It About All the Time, che del brano originale mantiene soltanto il passaggio chiave “Abbiamo avuto questa conversazione tornando a casa: dovrei smettere di prendere la pillola? Perché la mia carriera sembra così piccola rispetto a tutto ciò che c’è nella vita”. A quattro mesi di distanza la domanda esistenziale assume una nuova sfumatura: “Sono la stessa, anzi sono un po’ più vecchia / e il mio corpo ora è più stressato / ho paura che il tempo finisca / non faccio che pensare a questo”.
La seconda stagione di Brat continua così il dialogo aperto da Charli con il proprio pubblico (e colleghi), in una sorta di terapia di gruppo. Se Brat era stato definito dalla stessa artista «il mio album più vulnerabile», questa nuova versione procede ancora di più in questa direzione con due conversazioni piuttosto differenti tra loro ma che ben inquadrano il punto più forte di Brat, la sua intima emotività. Da un lato c’è la risposta di Lorde al brano a lei dedicato, Girl, So Confusing, in cui le due trovano finalmente un punto di incontro al di là delle proprie paranoie amplificate dai media. A una Charli che ammette “Non so se ti piaccio, a volte penso che potresti odiarmi, altre che mi odi davvero”, Lorde replica: “Ero intrappolata nell’odio verso me stessa e la tua vita mi sembrava troppo bella / non ho mai pensato per un secondo di poter essere una voce nella tua testa”.
Dall’altra invece in Everything Is Romantic troviamo un dialogo con una cara amica, Caroline Polachek, che di Charli XCX è stata anche co-inquilina appena dopo la pandemia, quando la popstar dell’Essex si era lasciata dopo sette anni di relazione. Sotto forma di conversazione botta e risposta le due conversano come se fossero davvero sole nella loro ex casa a Los Angeles. “Ehi, come stai? Penso di aver bisogno di un consiglio”, attacca Charli. “Dai è incredibile, stavo pensando a te proprio ora, che succede?”, risponde Caroline. “Sto provando a spegnere il cervello, non penso altro che a lavorare / penso che tu possa capirmi / sono soffocata dalla mia agenda, ho bisogno di tener tutto sotto controllo / e nello stesso tempo provare a tener viva la mia relazione / Sono in crisi? Mi sto giocando il tempo? Ho perso la mia prospettiva? Tutto è ancora romantico, non è vero?”, racconta a ruota libera Charli in un momento di crisi, a cui l’amica risponderà comprensiva: “È come se stessi vivendo il tuo sogno ma non stessi vivendo la tua vita, vero?”. Nessuno può capirti come un’amica, soprattutto se quell’amica è Caroline Polachek.
In questo continuo dialogo, un mix tra diario aperto e conversazione privata con le persone della propria vita, il brano che più colpisce di questa nuova versione di Brat è sicuramente So I con A. G. Cook. La canzone dedicata a Sophie, amica e cara collaboratrice di entrambi (di cui è appena uscito il disco postumo), nasce come traccia agrodolce in cui Charli – sempre su produzione del fido A. G. Cook (che dell’album ha seguito la direzione musicale) – omaggia il ruolo di pioniera dell’artista inglese, rimuginando però su tutte le occasioni perse e sui propri errori nel loro rapporto. In uno dei pochi momenti davvero positivi di questo remix album Charli e A. G. Cook stravolgono il pezzo sia in chiave compositiva che testuale. Charli modifica il suo punto e sin dalla prima frase rimarca il cambio di prospettiva sui propri ricordi: “Ora voglio ricordare tutte le cose belle”. Un gesto di puro amore in cui veniamo accompagnati al primo incontro tra Charli e Sophie, al giorno in cui hanno registrato Vroom Vroom (il momento della svolta nella carriera della popstar), ai dj set e alle serate assieme e che si conclude con un aneddoto che Charli ci raccontò in un’intervista a Milano nel 2019 e che qui viene così messo in musica: “Il mio ex ragazzo mi fece sentire dei tuoi brani su SoundCloud / Quel momento mi ha cambiato la vita”.
Brat ha cambiato il pop, ribaltandolo, rinfrescandolo, introducendoci suoni e idee (dalla grafica, al marketing, a questo disco) che solitamente vengono rifiutate dalle idee conservatrici delle case discografiche. Per farlo Charli ha dovuto conoscere le persone giuste (Sophie, A. G. Cook), sperimentare, imparare, sbagliare (riprendetevi i mixtape No. 1 Angel e Pop 2 per capirne il percorso), lottare con il suo precedente contratto discografico (da cui si è finalmente liberata proprio per scrivere Brat). Ma alla fine ce l’ha fatta. La Brat summer – memetica a parte (o compresa) – è stata davvero una delle ere più significative del pop più recente. Era da anni che non si respirava più nel pop, così intontiti tra il perbenismo tutto americano di Taylor Swift, la freddezza anaffettiva di Dua Lipa (come anche nel suo cameo nel rework di Talk Talk, qui con Troye Sivan), il perfezionismo assoluto e non ripetibile di Beyoncé.
Chi conosceva Charli da prima di questa (ulteriore) esplosione si lamenterà (ulteriormente) della iper-esposizione e del turbo-marketing di questi mesi. Chi invece è saltato sul carro della Brat summer attirato dal verde lucente penserà che tutto questo non è altro che una moda passeggera senza rendersi conto di star assistendo ai risultati strepitosi di un lavoro decennale. Piaccia o meno ai primi, interessi o meno ai secondi, Charli resta una di noi anche dopo Brat. Questo disco (nelle idee, nei testi, negli arrangiamenti, spesso anche meglio riusciti che nelle versioni originali) è la conferma che il pop può anche essere qualcosa di più stimolante ed eccitante, quell’idea che era alla base del pensiero di Sophie.