C’è questo simbionte alieno che si fa strada verso la Terra e finisce per essere studiato insieme a molti altri esemplari in un laboratorio. Eddie Brock, un giornalista a caccia di scandali, sta cercando di smascherare la società che utilizza soggetti umani per testare di cosa siano capaci questi extraterrestri e, per farla breve, il simbionte si lega a lui. Insieme formano una creatura ibrida conosciuta come Venom. I suoi gusti includono il cioccolato, causare il caos, leccarsi i baffi con una lunga lingua da rettile, rendere la vita non-Venom di Eddie un inferno e mangiare deliziosi cervelli umani. Odia invece la maleducazione, i simbionti malvagi e le esplosioni sonore.
Nei fumetti Venom era uno dei più grandi cattivi di Spider-Man (vale lo stesso per la prima apparizione del personaggio nei film, per gentile concessione di Topher Grace e Spider-Man 3). Nella saga spin-off Spiderverse, è un antieroe che bilancia l’idea di fare la cosa giusta con il suo costante desiderio di masticare teste. Agli occhi del commercialista di Tom Hardy, il fan favourite con la bocca piena di zanne in CGI è un modo per garantire che il mutuo della star venga ripagato velocemente. Non che l’attore, sempre intenso nei suoi ruoli, non si impegni nei film di Venom o che non sia davvero coinvolto; Hardy ha collaborato alla scrittura sia di Venom: La furia di Carnage del 2021 che del terzo e probabilmente ultimo capitolo, Venom: The Last Dance, insieme a Kelly Marcel. I due sono amici da tempo – hanno fondato insieme la Bad Dog Theatre Company a Londra nel 2010, otto anni prima del primo capitolo del sub-franchising – e Marcel debutta alla regia proprio con il finale della trilogia. Nell’ambito dei prodotti corporate, è praticamente un affare di famiglia.
E allora perché questo Last Dance sembra così impersonale, così meccanico, così prevedibile? Sì, i film precedenti si sono attenuti a un modello abbastanza tipico: il Brock di Hardy è un ospite riluttante (anche se ha doti da commedia “fisica”), Venom reso digitalmente richiede la risposta più violenta a qualunque situazione incontrino, una minaccia aliena ancor più pericolosa deve essere sconfitta e quindi arriva una distensione tra l’uomo e il suo amico simbionte. A volte la situazione diventa ancora più contorta, altre volte esplode. Ci sono un po’ di battute. Lo storico personaggio supporting di Mrs. Chen (Peggy Lu) alza gli occhi al cielo.
Insomma, c’è tutto, insieme a una vena sentimentale che rappresenta una sorta di arco narrativo per quella che ora è una bromance composta da tre film, due personaggi e un solo corpo. Ma tutti gli elementi che circondano questo lungo addio sembrano pezzi di ricambio innestati sulla storia di un supereroe dark. Il grande cattivo in questo capitolo è un “affettatore di mondi” di nome Knull, che è stato imprigionato dalla razza ultraterrena dei simbionti e sembra un tizio che scappato dal set di Thor: The Dark World (non è un complimento). Il MacGuffin che fa sì che alcuni scarafaggi interstellari, tirapiedi di Knull, diano la caccia a Venom/Brock sulla Terra è un dispositivo di tracciamento della forza vitale noto come Codex. Gli scienziati sono gli alleati. I militari fin troppo gasati sono i nemici. Il luogo in cui si svolge la maggior parte dell’azione? Area 51, perché, be’, parliamo di alieni. State già sbadigliando?
Per quanto riguarda la promessa di una possibile apparizione e/o resa dei conti di Spider-Man, come quella fatta balenare in entrambi i kicker dei titoli di coda di La furia di Carnage e Spider-Man: No Way Home, niente, è stato ignorata fin dall’inizio. The Last Dance ripropone la provocazione di quest’ultimo crossover, in cui Brock, inaspettatamente trasportato nella versione Marvel Cinematic Universe del Messico, cerca di farsi un’idea di un mondo pieno di supereroi e di “un alieno viola ossessionato dalle pietre” mentre un barista (Cristo Fenandez di Ted Lasso) lo guarda scioccato. Poi boom, Brock e il suo simbionte vengono riportati nel loro mondo con poco clamore. “Non ne posso più di tutta questa merda del multiverso”, tuona la voce aliena bassa e profonda nella testa di Eddie. Per una volta, siamo completamente d’accordo, signor Venom.
Ben presto gli scarafaggi interstellari iniziano a inseguire i nostri eroi, un generale (Chiwetel Ejiofor) con un conto in sospeso riporta i due al laboratorio top secret dell’Area 51, una biologa (Juno Temple) con una backstory ridicolmente traumatica parla della necessità di studiare i simbionti e una famiglia hippie guidata da uno che crede che la “verità sia là fuori” (Rhys Ifans) diventano innocenti da salvare. Ci sono risse sullo scafo di un aereo in volo, in una suite d’albergo a Las Vegas e sott’acqua in un fiume. Di tanto in tanto, il film introduce una novità stravagante, un tocco eccentrico o qualcosa di ridicolo pensato per far ridere. Se siete mai stati curiosi di sapere come sarebbe un mash-up simbionte/cavallo, volevate vedere Venom ballare Dancing Queen o ascoltarlo cantare Space Oddity, questo film fa per voi.
Visto che i personaggi sono basati sulla Marvel, i film di Venom sono tecnicamente film di supereroi e gli scontri buoni contro cattivi – o, come spesso accade in questa trilogia, cattivi contro cattivissimi – si svolgono con tutta la spettacolarizzazione che ci si aspetta. Sotto sotto però si tratta di buddy comedies, e il modo in cui Hardy trasforma i pezzi slapstick e l’ego disgraziato che incontra le battute del suo id scatenato (l’attore si è dedicato sempre più anche ad affinare la voce per Venom man mano che la saga è andata avanti, e le sue esclamazioni à la Bane con il raffreddore restano una chicca qui) in una vetrina comica è una parte importante del fascino. È lui il motivo per cui credi che ci sia davvero un legame tra Brock e il passeggero non richiesto che sta seduto davanti.
E se i fan hanno gravitato verso quell’aspetto, che è stato tradotto con successo dai fumetti, allora probabilmente saranno contenti della conclusione di questa trilogia. The Last Dance finisce senza il botto né una lacrima, ma semplicemente con un addio. (Hardy ha affermato di aver chiuso con i film di Venom, ma non è contrario a un incontro con Spider-Man, quindi il titolo potrebbe essere prematuro). Non abbiamo idea se un montaggio best-in-show sulle note di Memories dei Maroon 5 dovrebbe essere ironico o no, a dire il vero. Ma rende omaggio a coloro che sono rimasti fedeli a questo particolare diversivo del cinema di supereroi riservando un valzer finale solo per loro.