Il principale difetto di Rose Villain è che la forte identità del suo character non ha mai trovato riscontro nella musica che produce: esiste un immaginario alla Rose Villain, un’estetica alla Rose Villain, ma non esiste un sound alla Rose Villain. Questo succede quando la corsa alla hit e l’eccesso di “produzionismo” porta a realizzare brani talmente diversi tra loro da sacrificare la creazione di un marchio di fabbrica sonoro. Alla luce di questa premessa, la prima considerazione che emerge dalla due serate sold out al Fabrique di Milano per il Radio Sakura Tour è che la prima mezz’ora di questo live è quanto di più interessante abbia realizzato Rose Villain nella sua carriera, e forse potrebbe servire come spunto per risolvere il problema, ammesso e non concesso che lo sia.
Accompagnata da una band affiatata e talentuosa, di evidente estrazione rock, la prima parte della scaletta colpisce per la ricercatezza dei ri-arrangiamenti, che arricchiscono e a volte trasformano le canzoni di Rose Villain in qualcosa di nuovo e per certi versi originale, mischiando influenze rock, groove dualipiani (si può già dire?) e elettronica analogica. Hattori Hanzo, Io me e altri guai, Stan e l’ormai “celebre” (grazie a TikTok) versione rock ballad di Fragole, le quattro canzoni con si aprono le danze, si riscoprono così coerenti tra di loro, seriose e adulte. Menzione d’onore anche a Huh? in cui sulla coda i sintetizzatori sgravati e il drumming forsennato consegnano al pubblico trenta secondi di inaspettato alternative rock.
Passato lo stupore iniziale la domanda è d’obbligo: perché i dischi in studio Rose non li fa così? Lei stessa risulta molto più interessante e convinta in questa veste, e anche il suo character stesso viene valorizzato da questo contesto musicale. In ogni caso, la fedeltà della fanbase è totale: il suo pubblico è preparato, affezionato e coinvolto – non si contano le persone che indossano persino parrucche azzurre – e contribuisce notevolmente all’impatto complessivo del live. Nel calcio si parlerebbe di “dodicesimo uomo”.
Dopo lo sprint iniziale, un’altra manciata di canzoni e i saluti di rito alla città («finalmente a casa»), sul palco arriva Bresh per Graffiti: un bene, perché nella discografia fitta di collaborazioni di Rose Villain la resa live nella maggior parte dei casi deve inevitabilmente ricorrere ai campionamenti delle strofe degli ospiti, e nonostante Rose sia molto brava a gestire questi “buchi di trama” grazie alla sua presenza scenica, a lungo andare lo spettacolo ne risente. Salutato Bresh, e dopo Brutti pensieri e Moonlight, la padrona di casa accoglie il marito e produttore Sixpm per il medley acustico di Lamette, Balenciaga e Cartoni animati: momento molto cute che ci porta direttamente nella loro intimità richiamata dal letto sul quale i due si siedono per tutta la durata dell’esecuzione del medley.
Rose si alza per la transizione di Trasparente, che inizia in acustico e accoglie il ritorno del full band. È il giro di boa del live, che da questo punto inizia a spiovere con le varie Milano almeno tu, Due facce, Fantasmi, Monet, Gotham, Chico e il cameo di Tony Effe per Michelle Pfeiffer. A chiudere gli attuali must di Rose: Come un tuono, Il mio funerale e Click Boom!.
Il live nel complesso funziona bene, con Rose che si dimostra in costante crescita artistica, tutt’altro che adagiata sul successo. Quando musicalmente il concerto riesce a liberare l’attitudine più rock di Rose, fino ad oggi relegata sempre e solo al personaggio e che al massimo riecheggiava in alcune strutture dei suoi pezzi, si vedono le cose migliori. E il pubblico apprezza. A proposito: due sold out in due giorni al Fabrique non sono niente male, e il fatto che per Rose Villain sia il momento del level up dal punto di vista delle venue è tangibile. Stupisce quindi fino a un certo punto l’annuncio della data del 23 settembre 2025 al Forum di Assago.
Questi due dati, ovvero la fedeltà ormai “religiosa” della fanbase e l’interesse nemmeno troppo celato di Rose Villain (inteso come progetto) verso sonorità più elaborate e analogiche, almeno per quanto riguarda il live, lasciano con l’auspicio che il pop italiano possa trovare un po’ di aria fresca qualora Rose Villain decidesse di integrare questo sound rock elettronico e analogico anche nelle sessioni in studio, superando le inibizioni artistiche che finora le hanno concesso di osare soltanto in pochi casi e in direzioni più digeribili. In sostanza: la fanbase resterebbe dove sta, incrementando i suoi ranghi con quella fetta di pubblico che storce il naso davanti ai suoi dischi ma che probabilmente avrebbe apprezzato questo live. A sua volta, potrebbe garantire al suo progetto la candidatura alla longevità artistica che può essere raggiungibile soltanto discostandosi, prima o poi, dagli standard del mercato. Rose, pensaci.