Il Black Friday del Record Store Day ha prodotto il consueto carico di uscite curiose: una versione di Hit Me Hard and Soft di Billie Eilish con la voce isolata, il live del 2000 dei Rage Against the Machine alla convention nazionale dei Democratici statunitensi, una raccolta di outtake di Fragile degli Yes, un concerto inedito dei Van Halen del 1991, il vinile blu di Feet of Clay degli Earl Sweatshirt. E il disco dal vivo che pensavamo che non avremmo mai ascoltato.
Oggi i Buffalo Springfield sono ricordati soprattutto per essere stati il trampolino di lancio per Neil Young, Stephen Stills e Richie Furay, poi leader dei Poco, oltre che naturalmente per For What It’s Worth, che continua a essere rifatta e inserita in varie colonne sonore, soprattutto di film che hanno a che fare con gli anni ’60. I tre album che hanno fatto sono ottimi, a modo loro, anche se documentano il disgregamento del gruppo, disco dopo disco.
Chi all’epoca c’era, a Los Angeles dove stava la band o nelle altre città americane dove si esibivano, sa che gli Springfield erano una live band feroce e che sul palco sprigionavano un’energia che non è mai entrata del tutto nelle registrazioni in studio. Chi non li ha visti di persona ha dovuto accontentarsi di bootleg dalla qualità sonora altalenante. Fino a oggi.
Per il Record Store Day è infatti uscito il doppio vinile Live at the Monterey International Pop Festival. Nel primo LP c’è l’intero set dei Byrds (in gran parte edito) al raduno del 1967, ma il secondo finalmente contiene lo show dei Buffalo Springfield. È il primo live ufficiale della band.
Dopo quasi 60 anni, riusciamo finalmente a sentire gli Springfield sul palco, ma con un’avvertenza non da poco: non c’è Young, temporaneamente assente dal festival da cui Janis Joplin, Jimi Hendrix e gli Who sono usciti da star e che ha permesso a Otis Redding di farsi conoscere nel giro della controcultura rock. Al suo posto c’è il chitarrista Doug Hastings (dei Daily Flash e poi dei Rhinoceros). Quel giorno, con grande disappunto dei suoi compari dei Byrds, è salito sul palco con gli Springfield anche David Crosby, che ha cantato e suonato col nuovo amico Stills.
Per via di quella defezione, il set di otto canzoni al Monterey Pop è stato sempre bistrattato e a farlo sono stati anzitutto i componenti del gruppo. Non deve stupire se, a parte un frammento di For What It’s Worth, la maggior parte della musica suonata quella sera è rimasta negli archivi per tanto tempo. Eppure vale la pena di ascoltare quella registrazione, sia per l’importanza storica (ha preparato il terreno per Crosby, Stills & Nash, un anno dopo), sia per le performance.
Partiamo dal sound. L’assenza di Young si fa sentire, ma la batteria di Dewey Martin non è mai stata altrettanto energica e graffiante e a volte nel mix è allo stesso volume della voce. Idem per Bruce Palmer, appena tornato nel gruppo dopo essere stato espulso dal suo Paese d’origine, il Canada, per possesso di droga. In Bluebird la sua linea di basso è poderosa. Costretto a prendere in mano le redini del gruppo, Stills inizia a farsi notare e lo si percepisce sia da come suona la chitarra, sia dalla sua nuova canzone intitolata Pretty Girl Why. La versione live non è morbida e sinuosa come quella che apparirà in Last Time Around, l’ultimo lavoro degli Springfield, ma la voce di Crosby le dà un sapore diverso. Deve averlo notato anche Stills, visto che i due, qualche mese dopo, hanno formato una band insieme.
A Child’s Claim to Fame di Furay, qui in versione elettrica e non perlopiù acustica come in studio, sembra un’anticipazione dei Poco, nonché uno dei primi esperimenti di country-rock. L’interpretazione struggente di Furay in Nowadays Clancy Can’t Even Sing di Young lo dimostra adattissimo a cimentarsi con quella canzone. Però la versione di Hung Upside Down di Stills è traballante e Nobody’s Fool di Furay, con la voce di Martin, è un pasticcio.
Ma è col penultimo pezzo, Rock & Roll Woman, che arriva l’indizio migliore di quel che sarebbe successo di lì a poco: è la prima collaborazione tra Stills e Crosby. Come mi ha detto Crosby sorridendo nel 2017, «gli ho mostrato il mio lick e lui se l’è fregato. Ma ero felice. Era un buon disco» (in Buffalo Springfield Again, Stills è accreditato come autore e Crosby come ispiratore). A Monterey era la prima volta in cui suonavano il pezzo dal vivo. Mancano la brillantezza e gli assoli incalzanti della versione in studio, ma sentire Crosby aggiungere le sue armonie è una piccola rivelazione.
Il concerto si chiude con Bluebird. È anche questa un po’ sgangherata e non è all’altezza della versione più strutturata incisa in studio o di quelle dal vivo che si possono ascoltare nei bootleg come quella del 1968 a Dallas in cui Stills e Young sembrano preconizzare l’idea di jam band. E però, Hastings suona fedelmente le parti di Young e l’energia della band, che cerca di dare il meglio anche con un componente missing in action, è esplosiva.
Speriamo di non dover aspettare altri 50 anni per il video del concerto o per ascoltare altre registrazioni live di una band che ha vissuto velocemente, è morta giovane e ha lasciato dietro di sé un bel… catalogo.
Da Rolling Stone US.