Alberto Piccinini: «C’è chi dice che io so’ un prepotente / Perché so’ un bullo gajardo e bello / ma nun me ‘mporta nun me serve gnente / Chi vo’ parlà co’ me cacci er coltello». Sono in difficoltà. Cerco disperatamente un modo per parlare di Tony Effe senza parlarne, perché alla terza riga già mi prende lo sconforto. Calcola pure che causa trasloco ho tutti i libri negli scatoloni. A corto di teoria, mi viene in mente solo Giggi Er Bullo, la celebre macchietta di Petrolini, il fascino discreto del trucido nella canzone romana, perché anche di questo parliamo. Tony Effe come Effe Califano; come tutti i riccetti di Pasolini, ma soprattutto come gli abitanti del rione Monti (“monticiani”) come lui (io sono fierissimo di averci vissuto nei migliori anni pre-gentrificazione del quartiere). Monti è stata culla della canzone romana dark e fanfarona del ‘900. Petrolini era di Monti. Pure il Marchese del Grillo. Il fatto che lo scontro politico più incredibile della stagione si dia tra un sindaco vero, il chitarrista Gualtieri campione di inaugurazioni su Instagram tipo videogioco di Super Mario, nato a Porta Metronia come Totti, e il sindaco onorario di Monti Tony (comprami la borsa portami a ballare con te) Effe, è un segno dei tempi, oltre che un conflitto stile Roma papalina tra nobili, arruffapopolo e rugantini. Con salti curiosi nella fantascienza: non tutti sanno che negli anni ‘60 si pensava che il Palasport dell’Eur di Pierluigi Nervi, ovale come un disco volante, fosse un attrattore di vibrazioni positive, una specie di anti-Colosseo o forse meglio anti-Circo Massimo. Prima che il Giubileo travolga la città o quel che ne resta, il colpo di affittare il Palasport per il Capodanno con Tony è una delle mosse più geniali che abbia mai sentito: millenariste, apocalittiche, distopiche. L’assessore Renato Nicolini ne sarebbe stato entusiasta.
Giovanni Robertini: Certo, ci manca solo il cinepanettone 2024, Natale ad Atlanta, con Boldi e De Sica che accompagnano il nipote Tony Effe nella Mecca della trap e finiscono a un party di Gucci Mane in tuta e ciabatte Balenciaga, scambiati per pimp e hustler. Sai la risate? Ci dobbiamo accontentare della versione in 4k di Vacanze di Natale 90, nei cinema tra qualche giorno. E a proposito di cinepanettoni, ho scovato su YouTube una tavola rotonda organizzata nel 1985 dall’assessore Nicolini – che citavi prima – e presieduta da Vittorio Gassman dal titolo “Esiste un cinema di serie B?”. Tra i partecipanti c’erano tra gli altri i critici Enrico Ghezzi e Marco Giusti, Bombolo, Alvaro Vitali, Mario Merola. Straordinario! Cito alcuni stralci: «Non esisterebbero pratiche alte se mancassero pratiche basse», chiosa il critico cinematografico di Paese Sera Callisto Cosulich. «Film spazzatura? Io? Non c’ho capito niente…» dice Bombolo. «Il cinema scoreggione è vitale», arriva Marco Giusti. Ecco, immagina la stessa discussione oggi sulla trap, con Tony Effe e Niky Savage nei panni di Bombolo e Pierino… ma dove sono i Giusti, i Nicolini, i Ghezzi? Il livello del dibattito sul caso “Concerto di Capodanno” è così scarso che mette tristezza, manca la critica pop, signora mia. Basta che dai un occhio alla rassegna stampa di questi giorni: Il Post fa un pezzo intitolato Tony Effe spiegato agli anziani, il Corriere fa un’analisi moralista dei testi trap, e poi arrivano Giuliano dei Negroamaro ed Elodie che invitano alla libertà d’espressione. È tutto finito, e non è colpa di Tony.
AP: Mah. Cosa abbiamo aperto a fare Dams in ogni Università se poi nei confronti delle canzonette siamo ancora al sillabario? Ma che dico sillabario, siamo all’ABC, alla giuria di Ballando, al corso gratuito via Zoom. Me lo spieghi? E sono molto colpito da come il meglio femminismo italiano (quello che vedo sui social, almeno) si sia ridotto a usare argomenti da post-ultraboomer contro la trap. Esiste un “trap feminism”, per dire, in America, che rivendica la pratica dell’hip-hop, critica e rifiuta il maschilismo dei “bros” con argomenti molto più interessanti di quelli usati pro/contro Tony Effe, possibile che nessuno sia in grado di usarlo? Ricordo di sfuggita che la cultura dei bros e degli incel governa l’America, e gode qui da noi di simpatie non indifferenti, come si è potuto vedere lungo tutto il caso Cecchettin, o con il caso del filosofo Caffo. Sto dicendo tra le righe che, nelle sbruffonate trucide di Tony Effe, i figli vedono esibito l’immaginario fetido dei loro padri, più che il loro. Chi è davvero diseducativo? Del femminismo moralista che non sopporta Tony Effe, nient’altro da dire. Compie 40 anni lo sticker Parental Advisory/Explicit Content. Lo impose alle case discografiche Tipper Gore, moglie di un vicepresidente Usa nel 1985. Niente censura, perché qua non si censura mai davvero nessuno, e prima di tutto non si censura il mercato. Lo sticker l’ho rivisto ieri su Players Club 24, il ritorno della posse messa su da Night Skinny l’anno scorso con Kid Yugi, Nerissima Serpe, Papa V e altri nuovi trucidi della scena italiana (molto dark e compresi nel ruolo). Ho preso appunti: «Siamo dentro la trappola / c’ho il cervello in pappola / questa p***** pensa che io sono il suo bancomat / la s***** solo in bocca / la f*** è pericolosa / la vita è una sola / Ho un’arma dalla Polonia». Asterischi all’inglese. Ora vado ad aprire subito i cartoni dei libri del trasloco, ho bisogno di teoria, settimana prossima ti faccio sapere.
GR: La firma in calce sulla censura la mette – involontariamente e parlando d’altro – Paky da Rozzano nel nuovo pezzo con Shiva, Digos: «Stronzo, questo è gangsta rap, no family-friendly». Il dialogo sembra impossibile, non ci sono i presupposti. Già nel 2018 un Manifesto per l’anti-sessismo nel rap italiano dell’associazione Non Una Di Meno, facilmente consultabile online, metteva come premessa proprio la censura: «Di sicuro, da ora in poi tutti i concerti e gli eventi musicali che ci vedono coinvolte a ogni titolo saranno ancora più attenti e selettivi nel rifiutare la partecipazione di chiunque, direttamente o indirettamente, si rende protagonista di testi o pratiche sessiste». Che dire? Hai ragione, servirebbe un po’ di teoria, spero tanto nell’apertura dei tuoi scatoloni. Intanto ti faccio gli auguri con le parole di Carla Lonzi, femminista nobile ora tornata in hype: «Capire – fare parte / capire di fare parte / non c’è altro / io – la mia porzione di cecità / io – la mia porzione di luce». Da rileggere ad alta voce a ritmo di boom bap.