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RIP

È morto Jimmy Carter

Il 39° Presidente degli Stati Uniti aveva 100 anni

(da USA) Jimmy Carter

Jimmy Carter, 39° Presidente degli Stati Uniti d'America

Foto: Bob Daugherty/Ap/Rex/Shutterstock

Jimmy Carter, filantropo, diplomatico e 39° Presidente degli Stati Uniti, è morto oggi nella sua casa di Plains, in Georgia, dopo aver ricevuto cure palliative, secondo quanto riferito da suo figlio James E. “Chip” Carter III. Aveva 100 anni.

La morte di Carter arriva pochi mesi dopo quella di sua moglie Rosalynn, con cui era stato sposato per 77 anni.

«Mio padre è stato un eroe, non solo per me, ma per tutti coloro che credono nella pace, nei diritti umani e nell’amore altruista», ha dichiarato Chip Carter, figlio dell’ex presidente, in un comunicato. «Io, i miei fratelli e mia sorella lo abbiamo condiviso con il resto del mondo attraverso questi ideali comuni. Il mondo è la nostra famiglia grazie al modo in cui ha unito le persone, e vi ringraziamo per onorare la sua memoria continuando a vivere secondo questi principi condivisi».

Ex legislatore statale e governatore della Georgia, Carter raggiunse inaspettatamente la vittoria nelle primarie democratiche del 1976 e conquistò la presidenza. Il suo fascino genuino e il suo status di estraneo a Washington conquistarono una nazione alla ricerca di una bussola morale dopo lo scandalo Watergate e la guerra del Vietnam.

Jimmy Carter nacque il 1° ottobre 1924 a Plains (Georgia), crescendo in una famiglia di coltivatori di arachidi. Frequentò la Georgia Southwestern State University, il Georgia Tech e l’Accademia Navale degli Stati Uniti. Nel 1953 prese in mano l’attività di famiglia e circa dieci anni dopo, nel 1962, cominciò la sua attività politica a livello statale, entrando nel senato della Georgia.

A differenza di altri presidenti, Carter non sfruttò la fama post-presidenziale per guadagnare denaro. Trascorse i suoi ultimi anni vivendo modestamente a Plains, dedicandosi alla pittura, alla lettura e alla scrittura. Carter scrisse decine di libri, e An Hour Before Daylight, memoir del 2001 sulla sua infanzia nella Georgia rurale, fu finalista al Premio Pulitzer. Vinse due Grammy su nove nomination, tra cui quello per la versione audio del suo ultimo libro, Faith: A Journey For All, pubblicato nel 2018.

Fino alla fine, Carter fu un realista che non perse mai di vista i suoi ideali. «Il legame della nostra comune umanità è più forte delle divisioni causate dalle nostre paure e dai nostri pregiudizi», disse nel 2002, accettando il Premio Nobel per la Pace riconosciutogli per lo «sforzo decennale nel trovare soluzioni pacifiche a conflitti internazionali». «Dio ci dà la capacità di scegliere. Possiamo scegliere di alleviare la sofferenza. Possiamo scegliere di lavorare insieme per la pace. Possiamo fare questi cambiamenti — e dobbiamo farlo».

Da Rolling Stone US

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