Mark, giocoliere e proprietario dello Zuckerberg Circus, cerca di mantenere l’equilibrio sul monociclo che procede sopra la corda, soprattutto cerca di non guardare giù.
Forse questa cosa dei “circus selector” gli aveva preso un po’ la mano. Ma lui voleva solo che il suo pubblico fosse giusto, buono, perfino santo, gli veniva da pensare nei giorni ispirati. Il circo doveva essere pedagogico. Quando un clown si prendeva una torta in faccia, voleva che dalle poltrone si alzasse un grido unanime: “Oh, poverino!” Se qualcuno invece rideva, un circus selector in livrea azzurra lo trascinava per l’orecchio fino all’uscita.
Mica poteva presentarsi senza animali feroci, che circo sarebbe stato? Ma quando nello spettacolo comparivano un domatore e un leone, voleva che fosse proprio il pubblico a gridare “liberatelo!”. Così la bestia se ne andava un po’ in giro per le periferie di qualche città prima di essere riacchiappata con un grande retino. Se qualcuno protestava, “ho pagato per vedere un paio di belle frustate!”, un circus selector gli rispondeva “accontentato!” e via di scudisciate allo spettatore violento.
Adesso, mentre i due birilli gli ruotano davanti alla faccia, Mark continua a ripetersi: “Non guardare giù!”
Il culmine dei suoi spettacoli era il “momento verità degli acrobati”. Con il sottofondo di un violino zigano, mostravano i lividi che si erano procurati nello svolgimento della professione: il pianto del pubblico si univa a quello degli artisti.
Ma poi il pubblico si era stancato di questo clima edificante. Le poltrone si erano svuotate. Gli acrobati, quei piagnoni insopportabili, ora si lamentavano anche per la fame.
Cosa vorranno mai, questi stupidi spettatori?, si chiedeva Mark.
Idea! Di punto in bianco aprì le porte a tutti, buoni e cattivi, e per di più concesse al pubblico il potere di decidere le attrazioni. Ed ecco il povero Mark che procede su quella corda. Sotto, per vendicativa e liberatoria volontà degli spettatori, i tirannosauri marziani nazisti aprono le loro fauci sbavanti.