Avete regalato di recente un box set a un amico appassionato di musica? Effettivamente c’è solo l’imbarazzo della scelta. Nel 2024 le case discografiche hanno pubblicato una quantità tale di CD e vinili che ci si potrebbe riempire una sezione della Rock and Roll Hall of Fame. Sono usciti box set che celebrano le opere di David Bowie, Bob Dylan, Beatles, Neil Young, Joni Mitchell, Elvis Costello, per citarne alcuni. E poi ci sono i cofanetti dedicati al jazz, come il mastodontico (sei CD oppure otto LP) Miles in France del 2024, ultimo volume in ordine di tempo della Miles Davis Bootleg Series.
Oltre ad avere discografie che continuano ad essere apprezzate, i musicisti citati hanno un’altra cosa in comune: nessuno di loro ha iniziato a far musica in questo secolo. Ed è questo il problema dei box antologici: sono spesso fermi al passato.
Le prime tornate di box set strapieni di materiale sono uscite negli anni ’80, vedi i casi di Biograph di Dylan, Crossroads di Eric Clapton, Dreams della Allman Brothers Band. Erano artisti che facevano dischi da poco più di due decenni. Raccogliendone il loro repertorio, dalle primissime registrazioni fino agli anni recenti, e includendo booklet pieni di notizie e curiosità, i box raccontavano e sistematizzavano intere carriere. Non si limitavano a sfruttare il nuovo formato del CD, ma ribadivano la statura di artisti dotati di discografie meritevoli del rispetto che un’etichetta di musica classica riserva alle cantate di Bach.
Oggi anche gli artisti che hanno iniziato a far dischi a metà o alla fine degli anni ’90, ovvero una trentina d’anni fa, possono essere considerati legacy acts. Un possibile elenco va da Jay-Z ai Radiohead, passando per Alicia Keys, Eminem, i Black Keys. Eppure a nessuno di loro è stato dedicato un box antologico che ne riassume la carriera. Ok, band come i Radiohead hanno pubblicato cofanetti di dimensioni più contenute dedicati a uno o due album, ma al momento non esistono raccolte che approfondiscano i loro brani meno famosi, le alternate take, le outtake, le registrazioni live, men che meno box con booklet pieni di informazioni.
Non è una critica ai cofanetti usciti nell’ultimo anno. È stato bello ascoltare in Archives Volume III: 1976-1987 di Neil Young le versioni originali dei suoi show dal vivo del 1978 al Boarding House, i nastri delle prove con Linda Ronstadt e Nicolette Larson per le session di American Stars ‘n Bars, le registrazioni coi Ducks. Il quarto volume della serie Archives di Joni Mitchell ci ha fatto capire meglio il processo di creazione di Hejira e Don Juan’s Reckless Daughter (che è invecchiato meglio di quanto avrei pensato). E che dire del box completissimo da 28 dischi dedicato al tour del 1974 di Dylan & The Band, di cui nell’originale Before the Flood si poteva ascoltare solo una piccola parte?
Immagino che gli appassionati di musica desiderino retrospettive simili dedicate, chessò, ai Coldplay o anche a Britney Spears, i cui primi dischi risalgono ormai a più di 25 anni fa. Dopo tanti album e progetti paralleli, gli Strokes non dovrebbero forse essere oggetto di una panoramica che ci guidi lungo la loro carriera tortuosa? E visto che André 3000 è rinato nei panni di flautista fuori dagli schemi, non è giunto il momento di un box che raccolga il meglio e le rarità più ricercate del catalogo degli OutKast? O di uno che ripercorra il viaggio di Jack White dai White Stripes alle altre band e ai suoi eccentrici progetti solisti?
Perché non esistono ancora super antologie di questo tipo dedicate ad artisti più recenti dei classicissimi? Forse i box set sono un formato vecchio e superato. «La nascita dei box è legata a quella del CD», dice Mark Pinkus, amministratore delegato dell’etichetta Rhino, che l’anno scorso ha pubblicato cofanetti dedicati a Rush, Genesis, Faces e altri protagonisti della golden age del rock. O forse alcuni artisti molto semplicemente non hanno in archivio rarità a sufficienza per riempire un box.
E poi non si possono non considerare l’ascesa dello streaming e il declino del formato fisico. «Quando i CD erano in auge, la gente li comprava di continuo», dice Bob McLynn di Crush Management, che rappresenta band come Green Day, Weezer, Fall Out Boy e Panic! At The Disco. «Oggi invece qualunque appassionato è abbonato a un servizio di streaming e quindi che necessità c’è di mettere insieme 50 brani quando puoi andare su Spotify, Apple Music o altrove e trovare la playlist This Is Jay-Z? Ecco fatto il tuo box set».
La scarsità di cofanetti dedicati ad artisti contemporanei potrebbe avere a che fare con lo stigma di fine carriera. La vecchia generazione vedeva il box come mezzo per legittimarsi, i musicisti della generazione successiva lo percepiscono come una specie di pietra tombale. «Conto che prima o poi i Coldplay, Ed Sheeran e Bruno Mars avranno dei box set a loro dedicati», dice Pinkus (la cui etichetta, per inciso, non lavora con questi artisti), «ma credo che molti non vogliano un cofanetto riassuntivo della loro carriera mentre sono ancora attivi e pubblicano musica».
McLynn è d’accordo e dice che alcuni dei suoi artisti, come i Weezer e i Green Day, preferiscono edizioni dedicate agli anniversari dei loro album classici, come la deluxe per i 20 anni di American Idiot dei Green Day dello scorso anno. «Non vogliono che li si consideri heritage act. Se dicessi loro che lo sono, mi prenderebbero a schiaffi».
Da Rolling Stone US.