Il 5 dicembre 2024, l’HACIENDA di Roma ha ospitato il primo appuntamento di Jameson Distilled Sounds, un evento che ha portato sul palco alcune importanti voci della scena musicale italiana. La serata ha visto esibirsi Willie Peyote, Claudym e i DJ set di Bassi Maestro, Goedi e DJ Filo.
Tra i protagonisti, Claudym ha confermato le buone impressioni che negli ultimi anni l’hanno resa una delle figure più attenzionate del panorama emergente italiano. La resa live del suo disco ha infatti fugato alcune (legittime) perplessità iniziali: la “pasta” del disco, spesso affidata a batterie elettroniche e synth-bass, avrebbe reso alla prova di un concerto in un club?
Sì: un full band strutturato, con musicisti affiatati e preparati soprattutto quando si tratta, appunto, di trasmettere l’energia irriverente dei momenti più “up” e sintetici, fanno vivere brani come Trigger, ma anche quelli in cui emergono le influenze early ’00 di Claudym, come Uomini Alfa – leggasi anche “Avril Lavigne ai tempi della trap crepuscolare” – o Cose che non si dicono. Dopo l’esordio con l’EP Un-Popular (2022), il suo primo approccio alla lunga distanza è stato il convincente Incidenti di Percorso, uscito lo scorso luglio 2024, in cui la cantautrice approfondisce il racconto degli imprevisti che scombinano i piani, ma che possono trasformarsi in opportunità per scoprirsi e crescere.
Claudym, nome d’arte di Claudia Maccechini, scrive e compone i propri pezzi. Inoltre, nel suo progetto artistico mette a frutto l’esperienza maturata come illustratrice occupandosi personalmente di realizzare il merch, spesso a mano e con tecniche particolari. In questa intervista, realizzata dopo il live romano, ci racconta il suo percorso musicale, il suo approccio all’attività live a due anni dalla prima, ansiogena, esperienza su un palco. In mezzo ad alcuni piccoli scorci sul futuro e sul destino dei capelli verde acido che ne hanno caratterizzato l’immagine fino ad adesso (spoiler: le dava noia la tinta sul cuscino).
Claudym, com’è stato salire sul palco a Roma?
Per me è sempre una prova. Tengo tantissimo ai live e mi sento sempre nell’ottica di dover migliorare. Prima di Sogno di una notte di mezza estate non mi esibivo nemmeno davanti agli amici: lo vivevo malissimo, tiravo un sospiro di sollievo solo alla fine. Ora, invece, sento il divertimento e la voglia di coinvolgere il pubblico. Con il live legato al disco nuovo mi sono preparata di più e arrivo con più esperienza alle spalle. Si inizia a sentire la differenza.
Nei tuoi live emerge molto la tua autoironia. Ci hai pensato, oppure sei così e basta?
L’autoironia è fondamentale per come sono io nella vita. Quando ho iniziato a pensare a come fare i live, ho capito che doveva venir fuori, perché è una parte importante di me. Aiuta tanto, ed è qualcosa che mi viene naturale. Nei miei concerti voglio che il pubblico percepisca anche questo lato.
Di recente hai avuto modo di partecipare alla fase irlandese di Jameson Distilled Sounds, che ti ha dato la possibilità, tra le altre cose, di incontrare Anderson Park, oltre che tantissimi artisti di tutto il mondo. Che esperienza è stata?
L’esperienza in Irlanda è stata una di quelle cose incredibili che ti fanno dubitare che siano successe veramente. Condividere quei giorni con altri artisti da varie parti del mondo, con la voglia di fare musica insieme, senza giudizio, e soprattutto la possibilità di farlo quando volevamo grazie agli studi a disposizione, è stato bellissimo. C’era una vibe super positiva con tutti loro, con lo staff di Jameson e con quello di Anderson .Paak: con lui per esempio abbiamo avuto spesso occasione di parlare e far ascoltare i nostri pezzi; oppure la prima sera sono finita in studio assieme ad altri ragazzi, con Maurice Brown, e abbiamo scritto una canzone. Non c’erano distinzioni, solo sincera voglia di fare musica insieme e conoscersi. È stata una delle esperienze più belle della mia vita.
Il tuo disco ha avuto una genesi travagliata. Cosa ci puoi raccontare di quel periodo?
Io sono melodrammatica, quindi per me tutto è una tragedia… Durante la creazione del disco ho vissuto un continuo riadattamento: ogni volta che trovavo un equilibrio creativo succedeva qualcosa che mi faceva ricominciare. È stato un processo travagliato ma stimolante. Anche il titolo del disco nasce da questa sensazione di caos. Ora sto lavorando al secondo album, e sì, posso confermare che è ancora più faticoso, ma un po’ quella fatica che mi mancava.
Nel disco ci sono due produttori, Okgiorgio e Marcello Guava: che rapporto hai con loro?
È fondamentale. Cerco sempre di lavorare con poche persone che possano garantire l’unità artistica del progetto. Collaborare con produttori troppo diversi rischia di disperdere il senso del lavoro. Con Giorgio e Marcello, per esempio, mi sono trovata bene e abbiamo portato avanti tutto insieme. Mi stressa lavorare con persone che non conosco, perché ho bisogno di fidarmi per aprirmi e condividere parti intime di me stessa.
Tra l’altro tu hai iniziato a collaborare con Giorgio, come si dice in questi casi, before it was cool…
Hai visto che buon gusto? Ogni tanto ci scherziamo, anche con Sethu, con il quale avevo collaborato prima che andasse a Sanremo: collaboro sempre con persone che poi esplodono, mentre io rimango sempre qui, vai a capire…
Come nascono i tuoi pezzi?
È curioso perché spesso creo in assenza di suono. Non suono strumenti, solo un po’ il piano per comporre, ma molte canzoni nascono da memo vocali. A volte mando canzoni intere costruite solo sui clic, perché la produzione ce l’ho già in testa. Quando arrivo in studio, ho sempre idee molto precise sulla produzione, e mi piace essere coinvolta in quel processo.
La cover di Razzi Arpia Inferno e Fiamme dei Verdena, che ultimamente porti anche dal vivo, è un omaggio speciale. Come è nata?
È un pezzo legato alla mia crescita personale e artistica, alle superiori e a un periodo di maturazione. Due anni fa, mentre io e Giorgio stavamo lavorando all’EP, l’abbiamo provata un po’ per gioco. Ci è piaciuta così tanto che abbiamo deciso di farla uscire. Per me aveva senso, era un modo per riallacciarmi ai mondi musicali da cui sono partita. Ho voluto suonarla a Roma perché nel corso del tour legato al disco ha avuto poco spazio, ma ci sono molto legata, sia per quello che rappresenta il pezzo originale in sé, sia per quello che rappresenta per me la mia versione.
Quali tra i tuoi brani senti vicini a te in un modo simile?
Ragioni Sbagliate è sicuramente uno dei più sinceri, ma anche Come, che mi porto sempre nel cuore. È un pezzo dell’EP che continuo a suonare live: è un ponte che potrebbe stare sia nell’album attuale sia in quello futuro. Rappresenta molto bene il mio sound e il mio mondo musicale.
Hai tolto i capelli verde acido.
Sì. Era una fatica economica e di energie: immagina il cuscino sporco e tinto di verde! Inoltre, psicologicamente, si dice che quando cambi look cambi fase, e dopo il disco sentivo che era il momento di andare avanti.
Ti occupi anche del merchandising. Quanto è importante per te questa parte del tuo lavoro?
Molto. È una cosa che mi diverte e che sento contraddistinguermi. Ho sempre intervallato musica e arte visiva, e il merch mi permette di far coesistere queste due passioni. Creare un immaginario estetico attorno alla musica è importante, e finché potrò, continuerò a impegnarmi in questo.
Prima ci hai detto che sei al lavoro su un nuovo disco. Siamo curiosi.
Ora sono in una fase di scrittura rilassata e lenta. Dopo l’album mi sono presa del tempo per staccare, anche perché è stato un momento emotivamente complesso. Le nuove cose saranno un incrocio tra l’EP del 2022 e il disco, con maggiore sincerità. Sto cercando di mettere ancora più me nei pezzi. Gli ascolti restano quelli: anni Novanta e Duemila, dai Gorillaz ai Blur.
Per non perdersi i prossimi appuntamenti di Jameson Distilled Sounds:
7 Marzo presso Ghe Pensi Mi – Talk
8 Marzo presso Via Privata Tirso 3 – Studio Experience
17 Marzo – Evento Milano