Sono state annunciate le candidature ai 97esimi Academy Award (qui l’elenco completo). E, come sempre rispetto ai pronostici, c’è chi è dentro e chi no. Tra “trombate” di lusso e autori italiani lasciati a casa (Luca Guadagnino e Maura Delpero: sigh), c’è anche qualche presenza inaspettata…
Angelina Jolie (Maria) e Nicole Kidman (Babygirl)
Favoritissime da Venezia 81, le due superdive Angelina Jolie e Nicole Kidman non riescono a entrare nella cinquina delle migliori attrici. Alla prima, protagonista di Maria alias la divina Callas, non è servito imparare a cantare l’opera lirica (e poi esibirsi sul palco della Scala!), alla seconda non è bastato vincere la Coppa Volpi per Babygirl (e l’aver poi animato uno dei dibattiti culturali più hot della stagione). Un Oscar l’hanno già vinto entrambe, ma vederle sul red carpet del Dolby Theatre anche stavolta non ci sarebbe dispiaciuto.
Sebastian Stan e Jeremy Strong per The Apprentice – Alle origini di Trump
Da film addirittura boicottato da una certa Hollywood liberal, nonostante il ritratto impietoso che il danese-iraniano Ali Abbasi tratteggia del giovane Donald, a opera “critica” sbarcata in due cinquine importanti di questi Oscar forse grazie per merito del “reverse boost” provocato dal secondo insediamento presidenziale del vero Trump. Ma le nomination a Sebastian Stan (tra i protagonisti) e Jeremy Strong (tra i supporting nel ruolo dell’avvocato/mentore Roy Cohn) sono strameritate: giusto così.
Vermiglio di Maura Delpero
Dopo Venezia, la nomination ai Globe e quella doppia agli EFA, ci abbiamo sperato tutti fortissimo che Vermiglio arrivasse in cinquina. E questo nonostante una concorrenza che era più che mai spietata, vedi Walter Salles (ne parliamo tra poco), il gangsta-musical di Jacques Audiard, il dramma sulle proteste di piazza iraniane di Mohammad Rasoulof e quel capolavoro d’animazione che è Flow. Non è andata, ma il film di Maura Delpero resta una bellissima testimonianza di come il nostro cinema d’autore migliore possa arrivare anche al pubblico. E non solo a quello italiano.
Coralie Fargeat per The Substance
Da tempo si diceva che uno dei rischi maggiori, ai 97esimi premi Oscar, sarebbe stato l’assenza di una donna nella cinquina dei migliori registi. L’unico nome possibile era, per molti, quello di Payal Kapadiya, autrice di All We Imagine as Light – Amore a Mumbai. L’ha invece spuntata, un po’ a sorpresa, la Coralie Fargeat di The Substance, film-caso finito altrettanto inaspettatamente anche tra le dieci best picture. Piazzamenti che rendono sempre più plausibile l’Academy Award per Demi Moore…
Challengers e Queer di Luca Guadagnino
Quest’anno Luca Guadagnino ha piazzato non uno, ma due (gran bei) film: Challengers e Queer. E vedere che nessuno dei due è entrato in nemmeno una cinquina fa decisamente strano. Oltre a regista e film, Daniel Craig sarebbe stato benissimo tra gli attori protagonisti, così come Zendaya (anche se la categoria delle attrici ha già lasciato fuori, come dicevamo, la crème de la crème di Hollywood) e soprattutto Josh O’Connor tra i supporting. E lo stesso vale per la colonna sonora e le canzoni di Trent Reznor e Atticus Ross.
Io sono ancora qui di Walter Salles
Il dark horse che, sempre a partire dall’ultima Mostra di Venezia, ha fatto la corsa forse più silenziosa ma alla fine più fruttuosa. La critica l’aveva acclamato da subito, ma è stato il Golden Globe alla magnifica Fernanda Torres (confermata in queste noms nella cinquina delle protagoniste) ad attirare definitivamente l’attenzione dei membri dell’Academy sul film di Walter Salles, già agli Oscar nel 1999 con Central do Brasil. E stavolta però non solo tra i titoli internazionali, ma anche tra i dieci migliori film in assoluto: un risultato tutt’altro che scontato per questo dramma brasiliano.
La stanza accanto di Pedro Almodóvar
Sempre a Venezia 81, da dove è tornato vittorioso con il Leone d’oro in saccoccia, l’ultimo doloroso y glorioso capolavoro di Almdóvar sembrava uno dei titoli sicuri per la Oscar race. E invece Pedro e le sue straordinarie attrici (Tilda Swinton e Julianne Moore) sono rimasti vergognosamente a bocca asciutta. Non era certo tra i favoriti, ma qualcuno sperava che potesse spuntarla almeno fra le sceneggiature non originali e le colonne sonore (by il sodale Alberto Iglesias). E invece, nada.
James Mangold per A Complete Unknown
Sì, aveva spesso portato i suoi attori alle nomination o addirittura alla vittoria di una statuetta (Angelina Jolie per Ragazze interrotte, Reese Witherspoon per Walk the Line – Quando l’amore brucia l’anima). Ma finora Mangold era considerato un ottimo “pro” di Hollywood, più che un autore tout-court. Il biopic del giovane Bob Dylan, che guadagna 8 candidature in totale, è il film che lo consacra. E che gli fa scalzare dalla cinquina nomi dati inizialmente per certi come Edward Berger (Conclave) e Ridley Scott (Il gladiatore II).
Il gladiatore II (e Denzel Washington)
Ecco, a proposito di Gladiatore II. All’uscita, il peplum-sequel sembrava destinato alla gloria dei premi. E in tanti erano convinti che avrebbe portato la prima statuetta come miglior regista a Ridley Scott, battuto nel 2001 – quando il primo Gladiatore vinse come miglior film – da Steven Soderbergh per Traffic. Snobbato anche un altro nome che pareva una certezza delle candidature di quest’anno: Denzel Washington. Ha già vinto due volte, ok, ma anche se a ’sto giro si sono dimenticati di lui, il suo Macrino è un personaggio che non si dimentica.
Felicity Jones per The Brutalist
Non una sorpresa in assoluto, vista la sua ottima prova in The Brutalist di Brady Corbet, titolo quest’anno nominatissimo. Ma fino all’ultimo il suo posto sembrava destinato ad altre colleghe rimaste fuori: più glamour (Selena Gomez per Emilia Pérez o Margaret Qualley per The Substance), più veterane (Jamie Lee Curtis per The Last Showgirl) o più “politicamente corrette” (Danielle Deadwyler per The Piano Lesson o Aunjanue Ellis-Taylor per Nickel Boys). Già candidata per La teoria del tutto, difficile anche stavolta che vinca. Ma Jones si conferma una favourite dell’Academy.
Pamela Anderson per The Last Showgirl
Tra le rinascite “intellò” di quest’annata c’era anche quella di Pamela Anderson in The Last Showgirl di Gia Coppola, storia di una ballerina di Las Vegas costretta alla pensione. Ma nonostante le candidature ai Golden Globe e ai SAG, l’ex bagnina di Baywatch non riesce a guadagnare la prima nomination: la sua quota sembra essere stata occupata, per così dire, da Demi Moore. E il ruolo della dancer evidentemente non porta fortuna: dopo la mancata candidatura a J.Lo per Le ragazze di Wall Street, pare di rivedere lo stesso film.