A Madrid è sempre primavera | Rolling Stone Italia
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A Madrid è sempre primavera

Hemingway diceva che a Madrid non si va a letto senza aver ucciso la notte. Ma anche di giorno, tra arte e ottimo cibo, la capitale spagnola ha molto da offrire. E diventa una delle città europee più interessanti del momento

ARCO Madrid

Una foto da ARCOmadrid

Foto: press

Madrid is blooming, titolava qualche mese fa The Economist. E mai titolo sembrò più azzeccato per raccontare l’incredibile esplosione che la capitale spagnola ha avuto nel corso degli ultimi anni. Giovane, dinamica, seducente e (fino a questo momento) per nulla esosa, Madrid sta vivendo una sorta di rinascimento culturale ed economico, capace di calamitare a sé non solo orde di turisti ma anche giovani e famiglie provenienti da ogni angolo d’Europa, che qui hanno scelto di trasferirsi per imparare el arte de vivir.

 

Un posto magico, insomma, che ha voglia di essere felice. Reso ancora più speciale grazie alla presenza protettiva del Parco del Retiro, qui quasi sempre in fiore, da alcuni dei musei più belli del mondo, dai tapas bar che sfornano tortillas, croquetas e jamón a getto continuo e dai ristoranti pieni a ogni ora del giorno e della notte.

Madrid

Foto: Alev Takil

 
Uno dei momenti più speciali per visitare la metropoli castigliana è marzo, il mese in cui si tiene la fiera d’arte contemporanea ARCO. Dal 5 al 9, infatti, Madrid diventa il cuore della creatività internazionale. Nulla a che vedere con ciò che accade a Londra e Parigi in occasione di Frieze e Art Basel, ma è comunque un momento importante, non foss’altro perché la fiera spagnola offre il miglior punto di vista possibile sullo stato di salute dell’arte latino-americana, ponendosi come una sorta di avamposto ideale per svelare al mondo tutto ciò che ribolle dal Golfo del Messico (ma si chiama ancora così?) alla Patagonia.
 

E, nel 2025, ARCOmadrid celebra la sua 44esima edizione puntando le luci sull’Amazzonia, protagonista del progetto centrale. Il programma, curato da Denilson Baniwa e María Wills in collaborazione con l’Istituto per gli studi postnaturali, Wametise: idee per un amazofuturismo, esplorerà nuove forme di creatività grazie all’intervento di ideali esistenze ibride tra corpi umani, vegetali, fisici e metafisici. Molti saranno gli stand occupati da gallerie importanti: come la Lelong, la nostra Massimo Minini, Perrotin, Peres Projects, Richard Saltoun e Thaddaues Ropac.

Katalin Kortmann Járay and Karina Mendreczky - Getting to know each other (Flower pair), 2024. Courtesy Ani Molnár Gallery

Katalin Kortmann Járay e Karina Mendreczky – ‘Getting to know each other (Flower pair)’, 2024. Foto courtesy of Ani Molnár Gallery

 
Ma Madrid è come un cocktail ricco di ingredienti diversi. È così che all’arte si aggiunge la buona cucina. Da queste parti sono infinite le proposte dedicate al palato. Da non perdere per nulla al mondo sono le tabernas, spesso nascoste fra palazzi maestosi e piazze iconiche. Per pranzo ne consigliamo un paio.
 

La prima è lo storico Restaurante Botin, in Calle Cuchilleros 17, a pochi passi da Plaza Mayor. Certificato dal Guinness dei primati come il “ristorante più antico del mondo”, è stato fondato nel 1725 da un francese e offre piatti tipici della gastronomia castigliana. Dal cochinillo asado (maialino da latte arrosto) ai prosciutti iberici, dal gazpacho alla sontuosa tarta de queso. Adorato da Hemingway, pare che qui vi abbia lavorato anche un giovanissimo Goya, come lavapiatti.

 

 
 
 
 
 
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Altro nome da segnare è quello della Taberna de la Daniela, nel cuore del Barrio Salamanca, forse la zona più esclusiva della città. Il ristorante in questione è il regno del cocido (tradizionale zuppa di carne e verdure) per i madrileni del quartiere che si danno appuntamento qui ogni domenica. Fra i must anche la tortilla de patatas preparata all’istante e le croquetas de jamon. Giusto il tempo di un café con hielo (caffè con ghiaccio) e poi si vanno a scoprire alcune delle mostre più attese.
 

 

 
 
 
 
 
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Come A Life in a Few Lines, prima grande retrospettiva europea dedicata all’artista libanese Huguette Caland, la cui vita e lavoro hanno attraversato decenni, continenti e media, sfidando le convenzioni estetiche e sociali del suo tempo. Sono in scena fino al 25 agosto al Museo Reina Sofía circa 300 disegni, dipinti, sculture e documentari che mostrano un’artista profondamente connessa alla comunità, alla comunicazione e all’idea di casa.

 

Fino al 16 marzo invece il Prado ospita Sigmar Polke. Afinidades desveladas. Curata da Gloria Moure, riunisce più di quaranta pezzi dell’artista tedesco – tra dipinti, fotografie e disegni – insieme al magnifico Las viejas o El Tiempo (1810-12) di Goya, appartenente al Museo di Lille, che viene presentato per la prima volta in Spagna insieme alla sua radiografia, un’immagine che rivela composizioni che hanno attratto in modo speciale Polke. Si tratta della prima personale del grande artista a Madrid, e propone un dialogo tra la sua carriera e l’impronta indelebile che Francisco de Goya ha impresso nel suo lavoro e nel suo pensiero.

SIGMAR POLKE. Affinities Revealed_Sigmar Polke photographing the painting Old Women by Goya at Palais des Beaux Arts de Lille 1982_Copyright Britta Zoellner

Sigmar Polke, ‘Affinities Revealed’, 1982. Foto: Britta Zoellner

 
Da non perdere è poi la mostra 1924. Other Surrealisms, fino al primo di maggio alla Fundaciòn Mapfre. Una gimcana fra i lavori di artisti come Buñuel, Dalí e Miró e i loro seguaci spagnoli. Due gli obiettivi del progetto ospitato al Paseo Recoletos: raccontare al pubblico quanto gli spagnoli abbiano fatto propri i concetti del manifesto surrealista di monsieur Breton, ed esplorare il ruolo delle donne all’interno dell’avanguardia (con la figura di Gala Dalí al centro del villaggio).
 
SURREALISM Marcel Jean, Surrealist Wardrobe, 1941_Musée des Arts Décoratifs, Paris?© Marcel Jean Photo © París, Les Arts Décoratifs:Jean Tholance.jpg

Marcel Jean, ‘Surrealist Wardrobe’, 1941, Musée des Arts Décoratifs, Paris. Foto: Marcel Jean Photo © París, Les Arts Décoratifs

 
Una caña (come chiamano la birra piccola da queste parti) al volo accompagnata da un paio di tapas a Casa Revuelta, locale vicino a Plaza Mayor specializzato in bacalao rebozado (baccalà fritto), un evergreen madrileno. E poi, se si è fortunati (occorre prenotare con larghissimo anticipo) e soprattutto ricchi (è il ristorante più costoso della Spagna, un menu degustazione costa 450 euro a persona bevande escluse), si va a cena da DiverXO, unico tristellato di Madrid, la cui cucina, come afferma il suo chef Dabiz Muñoz, è «qualcosa di simile al Cirque du Soleil».
 

 

 
 
 
 
 
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Il menu ha creazioni decisamente visionarie: si va dall’Anguilla glassata, servita con wasabi fresco e un’insolita combinazione con midollo osseo, per un’esperienza unica tra dolce, piccante e grasso al maiale iberico accompagnato da granchio reale e una combinazione di salse ricche e aromi tropicali. Il tutto circondati da camerieri in divise quasi circensi e maiali con le ali che saltano fuori dalle pareti rosa. Un’esperienza dadaista.

Dabiz Muñoz

Dabiz Muñoz. Foto: press

 
L’hotel per il buen retiro è il Casa de las Artes Meliá Collection. Situato nello storico Barrio de las Letras, il cuore letterario del Secolo d’oro spagnolo, rende omaggio alle sette belle arti. Dalla pittura alla scultura, dalla musica alla danza, dalla letteratura all’architettura fino al cinema. L’albergo è ospitato in quattro edifici, tra le vie Atocha e Moratín a circa 10 minuti a piedi da Puerta del Sol, dispone di 137 stanze disegnate dagli interior designer Alvaro e Adriana Sans e offre un’esperienza memorabile ai suoi ospiti. Merito dell’altissimo livello del servizio ma anche di un cinema, di una biblioteca per gli amanti della letteratura, di una sbarra per danza in palestra e della cucina innovativa prodotta dal Maché, ristorante dell’albergo, accompagnata da cocktail d’autore e alta pasticceria (da provare la tarta cremosa de queso).
 

Il dopocena può essere sempre a la Casa de las Artes oppure da Salmón Gurú, Calle de Echegaray, 21, una delle istituzioni locali in tema di mixology (ha da poco aperto anche a Milano). Lo spazio è suddiviso in tre mondi diametralmente opposti eppure confinanti: l’atmosfera tropicale anni Cinquanta, la lounge dedicata ai fumetti e la zona ispirata ai bordelli di Shanghai. Un universo multisensoriale eccentrico, dove ogni dettaglio è pensato per sorprendere. A scandire il tempo dei cocktail è l’argentino Diego Cabrera, che qui è considerato una sorta di divinità. Due i must: l’iconico Tónico Sprenger, fatto con gin infuso al cardamomo verde, succo di limone, cetriolo fresco, ginger beer e cannella; e Arrow, servito in un bicchiere a forma di rana composto da pisco macerato con passion fruit e guava, succo di mela e limone, sciroppo al pepe rosa e alloro, foam al cocco a chiudere.

SALMON GURU Mad Bunny_Salmón Gurú

Il Mad Bunny di Salmón Gurú. Foto: press

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