Ramadan Alharatan si presenta all’intervista vestito casual con sneaker e cappellino portato all’indietro. Mi saluta come fossimo compagni di serata e ci troviamo presto a parlare di streetwear. Se non fosse a capo di MDLBEAST, l’organizzazione che produce tre dei più importanti eventi musicali in Arabia Saudita (Soundstorm, Balad Beast e XP Music Futures) lo potrei facilmente scambiare per un fruitore del festival. Che nel suo percorso di formazione ci sia anche un passato in California è presto chiaro: non solo nell’outfit, ma anche soprattutto nell’ambizione. Potrebbe benissimo essere un guru della Silicon Valley, ma il suo amore per Tupac e Snoop Dogg lo hanno portato a costruire grandi eventi musicali in un territorio in ascesa come quello dell’Arabia Saudita che in questi anni ha promosso grandi investimenti nel settore dell’intrattenimento grazie al programma Vision 2030.
Incontro Ramadam nel backstage del Balad Beast, una due giorni di musica hip hop e EDM (ve ne abbiamo parlato qua) che si tiene a Gedda nello storico e magnifico quartiere di Al-Balad, dal 2004 sotto la tutela UNESCO e dal 2019 al centro di un milionario progetto di restauro. Un luogo atipico per un festival, ma che nella visione di Ramadam è chiaramente il punto di svolta per rendere i suoi eventi dei punti di riferimento globali. Abbiamo così chiacchierato su cosa significa fare un festival musicale in Arabia Saudita.
Come nasce l’idea di portare un festival in un luogo così particolare come Al-Balad?
È un posto unico, non è vero? Credo non ci sia altro luogo con questa architettura, e questa storia. È una sorta di monumento di Gedda. La prima edizione di Balad Beast si sarebbe dovuta tenere nel 2020, ma un paio di settimane prima di poter iniziare è arrivato il Covid e abbiamo dovuto fermare tutto. Abbiamo così iniziato due anni dopo, e questa è la terza edizione. L’idea era fare qualcosa che non si potesse trovare altrove, una combinazione di arte, tecnologia, rapporto con la comunità, musica, street festival, tutto riunito all’interno di un unico evento. Siamo felici di poter fare un festival in un luogo così speciale, un sito UNESCO, preservandone l’eredità.
Hai parlato di rapporto con la comunità. Il festival si svolge effettivamente in un luogo dove ci sono ancora delle case abitate e botteghe attive, che oggi vediamo aperte come parte integrante dell’evento. Qual è il rapporto tra la città, la comunità locale e il festival?
Le tre entità lavorano assieme, anzi, devono e vogliono lavorare assieme. Come hai detto, e visto, c’è gente che vive qui, e ci sono negozi. Il nostro intento è coinvolgere la comunità. Molte delle persone che vivono qui ora stanno lavorando al festival come addetti alla sicurezza o in altre mansioni. Visto che temporaneamente occupiamo spazi per la produzione, cerchiamo sempre di restituire quanto preso. Una volta abbiamo dovuto usare un campo da calcio e quindi per i ragazzi della zona abbiamo creato degli altri spazi per giocare, e nuove attività.
Parlando di comunità, non ho mai visto un festival in cui c’è anche un’altra comunità predominante, quella dei gatti di quartiere.
I gatti di Al-Balad sono delle star, hai visto quanti sono? Ce ne prendiamo tutti cura, lo vedi dalle stazioni per cibo e acqua diffuse per il quartiere. Inoltre noi abbiamo creato un programma di adozione. Per tutto lavoriamo a stretto contatto con il Ministero della Cultura cui la zona è sotto supervisione.
Perché come dicevi questo è un sito UNESCO sui cui il Ministero sta facendo un importante lavoro di recupero e restauro.
Sì, quindi è necessario lavorare vicino al Ministero e alle persone che quotidianamente si adoperano in questa area. Dobbiamo preservare, proteggere e promuovere l’architettura del luogo. Per questo il 70% dei talent che trovi al festival sono talenti di zona o della regiona. Penso ad esempio a le persone coinvolte nelle proiezioni e nel videomapping che vedi sui palazzi che spesso rappresentano la storia di Gedda stessa.
L’Arabia Saudita negli ultimi anni sta investendo molto su eventi di portata mondiale. Il calcio italiano è da poco passato da qui cp òa Supercoppa italiana, nel 2030 arriverà l’Expo a Riad mentre i Mondiali di calcio sono previsti per il 2034. Qual è quindi il vostro pubblico? Gente della città o un turismo più ampio, che non si limita al Golfo ma che si allarga al resto del mondo?
La prima volta che abbiamo fatto un evento con MDLBEAST è stato nel 2019, l’anno in cui l’Arabia Saudita ha aperto i propri confini a 52 paesi. L’intrattenimento e il turismo sono stati i due nuovi settori in cui si è voluto investire con il progetto statale Vision 2030. E le cose stanno andando piuttosto bene come vedi. Ora la gente che viene per turismo ha anche una serie di opzioni legate all’intrattenimento, per tutte le età. E la musica è una componente importante. Facendo delle ricerche abbiamo constatato che la musica è una delle richieste principali da parte di chi cerca intrattenimento, quindi cerchiamo di fare progetti con una certa unicità.
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Foto: press
Parlando di musica, non mi aspettavo che il pubblico di qui amasse così tanto l’hip hop americano.
Anche io sono cresciuto ascoltando l’hip hop old school. Con artisti come Tupac, Biggie, Snoop Dogg. E qui la cultura hip hop è molto diffusa. Capita di trovare gente per le strade di Al-Balad che fa gara di breakdance o beatbox. È una sottocultura radicata che sta tirando fuori nuovi stili locali.
E come pensate la line up del Balad Beast?
Un mix di talenti locali, nuovi suoni e superstar globali. Quest’anno infatti c’erano Wiz Khalifa, Metro Boomin’, 21 Savage.
Con MDLBEAST state lavorando a una serie di eventi e festival come Balad Beast, Soundstorm, XP Music Futures. Cosa pensi che state portando di nuovo nel mondo dei festival?
Il mio obiettivo è portare nuovi standard negli eventi legati all’intrattenimento dal vivo. Penso ad esempio all’attenzione alla logistica: a quanto tempo ci vuole per arrivare al luogo del festival, quali strade servono o quali percorsi devono essere creati, fino alle opzioni per il parcheggio. Lavorare a un festival significa prendersi cura del percorso del pubblico sin dai primi momenti d’interazione. Ogni dettaglio deve essere curato per rendere piacevole l’esperienza del pubblico, dal contatto iniziale su internet (per comprare il biglietto e ricevere informazioni), a come arrivare alla location a tutto ciò che poi succede durante. Voglio portare tutto ciò a un nuovo livello di produzione.
La produzione, devo ammettere, è pazzesca. Non è una location enorme, visto che le strade e gli spazi sono quelli ristretti di un centro storico, ma ogni cosa è curata nel dettaglio. Ho visto lavorarci una marea di persone, un numero che non saprei conteggiare.
Considera che negli eventi a Riad arriviamo a far lavorare più di 10 mila persone. Questo è un evento più piccolo, con un altro tipo di setup e produzione perché qui dobbiamo lavorare con settimane di anticipo anche solo per fare i test necessari affinché le vibrazioni create della musica non abbiano nessuna ripercussione sugli edifici storici dell’area. Potremmo fare un festival più grande, ma qui l’importante è trovare il bilanciamento tra le parti del festival (arte, musica, proiezioni) e la storia del luogo. E la comunità, come dicevano.
C’è una certa ambizione.
Sì, voglio sviluppare nuovi concept, fare e vedere cose non che sono ancora mai state fatte. Stiamo lavorando a nuove idee per allargare l’offerta degli eventi del Medio Oriente. Ogni evento deve essere differente, non possono esserci copie. Ognuno deve avere la sua estetica ed essere in comunicazione con ciò che la location può fare. Ad esempio qui abbiamo questi palazzi storici incredibili, e quindi abbiamo pensato semplicemente a valorizzarli con delle proiezioni pensate ad hoc da talenti locali. Ma nel futuro non abbiamo in mente solo eventi, ma anche il lancio di nuove location. Abbiamo un beach club a Sindalaj, nel nord dell’Arabia, e ne apriremo uno a Gedda presto. A Riad invece abbiamo trasformato un vecchio club equestre in un club privato.
La line up è piena di artisti sauditi. E inoltre avete aperto una radio e un’etichetta discografica. C’è anche l’intenazione di supportare la scena locale?
Assolutamente, vorrei vedere i nostri talenti potersi esibire in altre zone del mondo più spesso. Con alcuni è già successo, penso a Dish Dash e Camelphat che erano in cartellone al Tomorrowland e all’Exit Festival. Un altro nostro artista, Saint Levant era al Coachella. Vogliamo essere anche una piattaforma di lancio di nuovi artisti.
In Italia non esistono festival internazionali. Le motivazioni sono tante, ma sicuramente anche quella legata alla mancanza di intenti comuni tra chi vuole organizzare eventi d’intrattenimento e le politiche governative. Anche perché per avere certi spazi e certe condizioni è necessario collaborare con la controparte politica. Qui invece si sta andando in una direzione opposta. Come funziona il rapporto tra promoter e politica locale?
Questa stretta relazione è iniziata con Vision 2030 in cui ci si è aperti a creare eventi legati all’intrattenimento. Da allora sono state stabilite le regolamentazioni e dopo è stato creato l’ecosistema per garantirci di poter organizzare questi eventi. Ad esempio qui a Al-Balad è partito un programma di sviluppo sotto la supervisione del Ministero della cultura che punta a portare eventi legati a moda, arte, cinema e musica nella zona. Non è un caso che dopo Balad Beast qui ci sarà un festival jazz e poi uno legato al food (e al Bald Beast trovi già alcuni di loro a gestire la parte gastronomica). Il governo ha sbloccato delle destinazioni, come Gedda, in cui c’è un calendario di eventi in continuo aggiornamento. Questo è il piano: ogni volta che vieni a Al-Balad ci sarà qualcosa di nuovo in un luogo incredibile.