Fare shopping online è diventato noioso? Scrolli, metti nel carrello, paghi. Stop. Ma il commercio può essere anche un’esperienza, non un gesto meccanico. Eppure nell’era digitale sembra aver perso l’anima. E qui entra in gioco Bazr, la prima piattaforma europea (ma tutta italiana) di live social commerce. Dimenticate le recensioni fake e le pubblicità invadenti. Su questa app i prodotti si vedono “in azione”, raccontati da chi segui e da chi ti fidi. Lo shopping, insomma, diventa uno show.
L’idea è di Simone Giacomini, imprenditore classe 1986 che ha già rivoluzionato il digital con Stardust e ora punta più in alto: prendersi con Bazr il 20% dell’e-commerce globale entro il 2026. «L’idea» racconta «è nata due anni e mezzo fa quando gestivo talent e influencer e notavo un problema: il pubblico li attaccava per i contenuti sponsorizzati, ma monetizzare era essenziale. Così ho pensato: perché non creare uno spazio dove la vendita è il cuore dell’esperienza?».
Bazr è proprio un bazar digitale 3.0, senza schede prodotto fredde e recensioni anonime. Qui si compra in diretta, con esperti che mostrano e testano i prodotti in tempo reale. «Abbiamo costruito Bazr su tre pilastri: gli utenti sono stanchi della pubblicità ovunque, i creator vogliono monetizzare senza perdere credibilità, lo shopping deve tornare a essere coinvolgente». I numeri lo dimostrano: il 58% degli acquirenti tra i 18 e i 44 anni conosce il live shopping e il 49% vuole provarlo. Ma il dato più interessante è un altro: quasi la metà degli utenti social non compra ciò che vede online perché non si fida. Ecco perché Bazr.
«Il nostro algoritmo abbina il creator giusto al prodotto giusto, per una narrazione autentica», spiega Giacomini. Più che shopping, un talent show del commercio. E Bazr non è soltanto per i grandi influencer, chiunque può vendere anche senza milioni di follower: «Non scegliamo i creator per i numeri, ma per la competenza», ci tiene a sottolineare Giacomini. «Se sei un esperto di quel prodotto, puoi raccontarlo meglio di chiunque altro. Anche se hai 1000 follower». E il mercato ci crede: Valiant Asset Management ha valutato Bazr 50 milioni di euro pre-money, entrando con una partecipazione di minoranza. In questo modo ha debuttato con “Welcome to Bazr”, una campagna poppissima (curata da Accenture Song) a cui è legato uno spot che andrà in onda su Rai e Mediaset con i volti di Diletta Leotta, Alessandro Borghese, Elena Hazinah, Sespo e Moonryde.
«Volevamo fare le cose in grande», dice il suo creatore. Non a caso, Bazr sarà main sponsor ufficiale di Casa Sanremo 2025. «È il palco perfetto per lanciare un brand italiano che punta al mondo». In più, durante il Festival, Bazr venderà prodotti ufficiali di Sony e Warner nei temporary store. Lo slogan di Bazr? “Ogni acquisto è uno spettacolo”. Insomma, se Amazon ha reso gli acquisti veloci, Bazr li rende emozionanti. «Vogliamo portare l’e-commerce in una nuova era, dove contano il fattore umano e l’intrattenimento». E il futuro potrebbe essere più vicino di quanto pensiamo.
L’idea alla base di Bazr è molto semplice, ma innovativa. Spesso è dalle idee meno complesse che hanno origine i cambiamenti?
È proprio così. Non abbiamo inventato niente di rivoluzionario, abbiamo scoperto l’acqua calda. Cioè ci siamo messi a osservare ciò che già esisteva e l’abbiamo trasformato in una cosa più funzionale e adatta ai tempi. L’idea è nata due anni e mezzo fa, a luglio del 2022. Me lo ricordo bene, perché ero sui social e stavo discutendo con alcuni talent e influencer che gestivo. Quella settimana avevamo un sacco di campagne da realizzare, ma i creator non volevano pubblicare troppi contenuti. Il problema era che le loro community su Instagram e TikTok cominciavano ad attaccarli perché quelle piattaforme non nascono per vendere, ma per intrattenere. TikTok, per esempio, ha un codice di comunicazione preciso: lì devi essere home made, la persona della porta accanto. Instagram, invece, è più aspirazionale. Se però su entrambe le piattaforme inizi a pubblicare contenuti di vendita ogni due giorni, il pubblico si ribella. Gli utenti vogliono essere intrattenuti, non bombardati di pubblicità. Quindi gli influencer, pur di non perdere il proprio seguito, preferivano rifiutare campagne, anche se questo significava perdere soldi.
E quindi?
A quel punto mi sono chiesto: ma perché non esiste una piattaforma dedicata esclusivamente a questo, dove la vendita è parte integrante dell’esperienza, senza che sembri un’invasione? Ed è così che è nata Bazr.
I vostri numeri sono già importanti e le prospettive lo sono ancora di più. Addirittura avete dichiarato di voler arrivare al 20% dell’e-commerce globale entro il 2026.
Sì, siamo una startup, ma abbiamo un team straordinario, probabilmente il migliore in Europa per un progetto del genere. Fin dall’inizio abbiamo avuto il supporto di investitori che hanno creduto in noi e nel nostro modello di business. Questo ci dà una solidità che poche startup hanno. E poi c’è un altro aspetto fondamentale: siamo un progetto italiano. Non nascono tutti i giorni social network in Italia, no? Forse siamo i primi e gli unici ad averci provato seriamente. Non siamo sognatori, sappiamo di avere una sfida enorme davanti. Ma abbiamo i fondi, le persone giuste e una strategia chiara per conquistare prima il mercato europeo e poi quello globale.
Tu che hai esperienze anche pregresse nel digital, ti sei mai spiegato come mai, nonostante la creatività italiana, da noi è così difficile creare progetti tech globali?
È vero, abbiamo tanti talenti e tante idee, ma poche di queste riescono a concretizzarsi. L’Italia non è mai stata leader nelle innovazioni digitali, soprattutto nei social. Fare un progetto del genere e dire che possiamo competere con i grandi player mondiali può sembrare assurdo. Per questo ci vuole ambizione, determinazione e anche un pizzico di follia. Noi ci lavoriamo da due anni e mezzo senza clamore. Poi c’è un altro problema: la burocrazia e il sistema frenano l’innovazione. Tanti imprenditori si arrendono prima ancora di provarci.
E voi perché avete deciso di rimanere in Italia?
Avremmo potuto spostarci all’estero, ma abbiamo scelto di rimanere qui per dimostrare che si può fare. Vogliamo dare un segnale ai giovani e a tutti quelli che vogliono costruire qualcosa nel digitale: se hai un’idea e la volontà di realizzarla, puoi farlo anche qui.
Un altro aspetto interessante è che avete puntato molto sul fattore umano, mentre oggi c’è il timore che venga sostituito dall’intelligenza artificiale.
Proprio così. L’esperienza d’acquisto non può essere fredda. L’intelligenza artificiale sarà un supporto, ovviamente. Ma il valore di Bazr sta nell’interazione umana. Quando compri qualcosa, vuoi avere un contatto diretto, vuoi chiedere informazioni a una persona reale, non a un chatbot. La nostra piattaforma sarà pulita, green e basata sull’interazione reale.
E i creator, come ho sperimentato personalmente sull’app, devono essere preparatissimi sui prodotti che propongono.
Assolutamente. Infatti stiamo lanciando un nuovo modello di business per gli influencer. Oggi se vogliono vendere qualcosa, devono affidarsi a piattaforme come Instagram o TikTok, ma poi l’utente viene reindirizzato altrove. Con Bazr, invece, tutto avviene dentro la stessa piattaforma. Niente registrazioni su cinque e-commerce diversi, niente dispersione di dati sensibili. È un sistema più fluido e sicuro.
Ho visto in anteprima il vostro spot poppissimo in stile Pulp Fiction. Avete come testimonial volti noti come Diletta Leotta e Alessandro Borghese.
Sì, e gli ambassador sono stati entusiasti fin da subito di partecipare. Non abbiamo dovuto convincerli, hanno sposato il progetto immediatamente. E poi abbiamo scelto Sanremo come trampolino di lancio. Essendo un evento italiano di portata internazionale, era perfetto per lanciare un brand italiano che punta al mondo. Così sono stati stretti accordi anche con le major come Sony e Warner per vendere prodotti ufficiali nei temporary store durante il festival. Non saremo solo uno sponsor, faremo vedere cosa siamo in grado di realizzare.
Bazr potrebbe davvero esplodere dopo Sanremo. Ci dobbiamo aspettare che un’azienda italiana sarà in grado di sedersi allo stesso tavolo delle Big Tech mondiali?
Se dicessi di non averci mai pensato ti direi il falso. L’ambizione è quella. Non solo per me, ma per realizzare qualcosa di grande per il mio Paese. Il sogno è che un italiano possa finalmente parlare da pari a pari con le Big Tech. E questo potrebbe diventare un bell’esempio per giovani e meno giovani imprenditori che, fino ad ora, hanno avuto timore a rischiare per realizzare i loro progetti o che, invece, erano convinti fosse necessario andare all’estero. Bazr potrebbe dare una speranza a chi ha idee e vuole concretizzarle. Si può fare tutto anche dall’Italia, partendo da un piccolo ufficio di Milano.