Pare che chiunque giri nella stessa casa di Rose Villain prima o poi si prenda un grande spavento, incontrandola magari nella penombra della cucina. Questo è valso alla cantante il soprannome di Roseferatu, termine geniale coniato da una persona del suo team.
Dal canto suo, Rosa (vero cognome Luini), di Villain ha forse solo il lato un po’ goth e dark, essendo anche piuttosto infottata di criminologia e scienze forensi. Per il resto è una persona cristallina, gentile e timida: tre virtù non molto comuni tra i cattivi dei film. Errore grave però sarebbe sottovalutarla, specie quando si parla di lavoro. Meticolosa, perfezionista, mega esigente verso se stessa e verso chi le sta attorno; nella musica Rose non ammette errori. Ogni cosa è studiata nel minimo dettaglio per ridurre il più possibile vicino allo zero i rischi e al contempo elevare esponenzialmente le probabilità di un successo. Anche l’anno scorso, quando si è piazzata 23esima nella classifica dell’Ariston, il suo pezzo in gara alla fine le ha fruttato la bellezza di un triplo platino.
Foto: Matteo Strocchia per Rolling Stone Italia. Coat: Act N1. T-shirt: Be Nina. Boots: Le Silla. Chains and rings: (S)vengo a Milano
Forse, in tutto questo, il suo lato maniacale, oltre alla sua formazione da criminologa, è proprio il fulcro del personaggio. Seguendo una filosofia decisamente in contrapposizione allo spirito olimpico formulato da De Coubertin, Rose non gioca per partecipare ma per vincere. E lo si capisce ascoltando, come è successo a me, una prima e unica volta il suo pezzo in gara a Sanremo 2025, che ovviamente si chiama Fuorilegge e nel suo testo rievoca grandi case study della criminologia come Bonnie & Clyde. È abbastanza chiaro che l’intento sia quello di catturare subito, al primo colpo. Anche a un orecchio non allenato all’esercizio dell’ascolto, come quello delle famose “persone anziane che guardano Sanremo” il pezzo è familiare, originale e soprattutto grandioso, non soltanto grazie a ricchi arrangiamenti di archi ma per la difficoltà tecnica derivata da acuti sostenuti e variazioni molto rapide di intonazione.
Dopodiché, come genotipo, la canzone s’inserisce in quella corrente inaugurata da Mahmood con Soldi nel 2019 fatta di crescendo rossiniani che culminano con un drop di cassa in quarti. Perché comunque, ok i vecchi che guardano la RAI, ma qui avremmo ancora trent’anni e ancora la forza di ballare.
Con un sorrisone a cui è impossibile mentire, Rose si avvicina e mi chiede se il pezzo mi è piaciuto. Le rispondo dicendo la verità: è la canzone di qualcuno che vuole vincere Sanremo per davvero. «Sono contentissima allora», mi risponde mentre ci sediamo sul divano. Ha appena finito la sessione di trucco e parrucco pre-shooting ma non ha ancora indossato nessun abito. Solo dei pantaloni della tuta e una maglietta bianca con scritto gigante “EAT PUSSY, NOT MEAT”.
Però non è facile da cantare come pezzo, o sbaglio?
No, è un’inculata! (Ride) Anche Click Boom! lo era. Ma questo ha dei passaggi forse più difficili, specie quel falsettino alla fine e tanti piccoli dettagli che alla fine sono dettagli impegnativi. Però, oh, se vai a Sanremo devi far vedere che canti.
Si è più tesi a salire sul palco dell’Ariston o su quello dell’Olimpico per aprire i Coldplay, come hai fatto la scorsa estate?
Ma, allora, io in generale non sono tanto tesa quando salgo sul palco. Mi piace troppo. Mi viene un’adrenalina pazzesca. Hai presente quel dobermann che devi contenere dentro di te e poi puoi finalmente slegarlo?
Foto: Matteo Strocchia per Rolling Stone Italia. Total look: Juun.J. Bracelet: Malloni
L’adrenalina non rischia di farti steccare qualche nota?
Steccare no, mai. Verboten. Sono una pro, non è contemplabile steccare. Al limite l’adrenalina ti fa gestire meno la vocalità, la precisione. Però oh, alla fine tutti si cagano un po’ sotto prima di salire on stage. Anche The Weeknd che deve fare gli stadi ha raccontato come se la faceva sotto prima. Poi, col tempo e l’esperienza, impari a gestire l’ansia.
Tra l’altro ho visto che The Weeknd era in studio con Moroder qualche giorno fa.
Ho visto! Io invece ero in studio con Okgiorgio. Anzi ti dirò di più, in Fuorilegge c’è persino qualcosina di Okgiorgio. Il resto delle produzioni ovviamente è di Sixpm (suo marito, nda). E poi anche Cripo. Di base lavoro sempre con mio marito perché c’è un’intesa musicale incredibile. Io dico qualcosa e lui sa esattamente come tradurre le mie parole in musica. Però sappiamo anche che, ogni tanto, qualche mano in più dall’esterno può solo giovare al pezzo. È bellissimo però quello che abbiamo.
Non vi mandate mai a fanculo in studio?
Sì, hai voglia. Più in studio che fuori, in realtà. Perché siamo entrambi molto precisini ed esigenti l’uno con l’altra. Sappiamo ciò che l’altro è in grado di fare e dove può arrivare. Quindi ci continuiamo a provocare per far uscire il meglio. Solo che io la soffro di brutto. Da moglie rimango incazzata. Lui: «Ma no, ma quello è lavoro». Solo che io esco dallo studio che mi girano ancora i coglioni. Però è bello condividere gioie e dolori.
Anche successi.
Non mi piace molto parlare di successi. Li chiamo passettini. Sono soddisfazioni che ti prendi pian pianino. Però io ambisco alla Luna, ma non ci voglio arrivare subito. Se arrivo subito alla Luna che cazzo faccio? Devo ambire a Saturno, che è una bella menata.
Foto: Matteo Strocchia per Rolling Stone Italia. Total look: Aknvas. Boots: Sonora. Chain: Perlesexy. Rings: Aneis Jewelry
C’è sempre un eterno ritorno del crimine, del noir nei tuoi tòpoi principali. Come mai?
Perché io sono fanatica del cinema e di quei film coi detective e i serial killer. Ho anche studiato un po’ di criminologia negli States. Mi piace più che altro parlare di sentimenti come cose criminali. Perché, cazzo, cosa c’è di più serial killer dell’amore? Chiaramente ne parlo in modo delicato, anche perché il pop non concede molto di andare sul macabro. Cerco però di spingere qualcosina ogni tanto. Ma alla fine sono pop nel senso più generale del termine: voglio fare punk, voglio fare grunge, voglio fare rap senza farmi troppe pare, però alla fine la mia indole è sempre quella di arrivare a più persone possibili. Tendo a semplificare la parte “violenta”, tra mille virgolette.
La criminologia tra l’altro ha una madre, non un padre. Quello che fece Frances Glessner Lee a fine ’800 ha cambiato la scienza forense. Lei ricreava diorami in miniatura delle scene del crimine.
Sì, è vero. Io poi sono rimasta colpita anche dalla serie Mindhunter, che parlava della nascita del profiling dei serial killer da parte dell’FBI. Per me il profiling degli assassini seriali è una delle cose più interessanti e affascinanti della materia.
Ne hai di “preferiti”?
Be’, diciamo non preferiti perché hanno fatto brutte cose. Ma tra quelli che mi hanno colpito di più c’è sicuramente Ed Kemper. E poi, vabbè, c’è il caso Ted Bundy, perché lui era una persona estremamente affascinante e colta, era un cool guy, il più bravo a scuola. Tra l’altro si è poi difeso da solo, e aveva registrato dei tape che erano anche serviti molto ai detective. Sostanzialmente ha detto: «Stando qui in prigione con tutti gli altri serial killer ho capito che alla base c’è sempre un tratto che ci accomuna: l’ossessione per la pornografia». Diceva che parte sempre un po’ tutto da lì. Quindi forse andrebbe come dire limitata o gestita meglio la cosa. Però ora non so quanto c’entri con Sanremo (ride girandosi verso l’ufficio stampa, nda).
Vabbè dai, mica possiamo parlare solo di Carletto Conti, che salutiamo.
Ciao Carlo, un bacione! E grazie (ride).
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Te lo aspettavi il successo di Click Boom!? Sei andata proprio a cazzo duro.
Ma di base sì, perché non c’è una canzone che io non faccia a cazzo duro. Se esce è perché ci credo tantissimo. Sono una perfezionista. Pensa che io Fuorilegge ce l’avevo lì da due anni. Non era il momento, poi è arrivato. È un po’ il giusto sequel di Click Boom!. C’è la mia impronta. Quindi ho detto: o va su quel palco, o niente.
Poi, figurati, i fuorilegge ora vanno di moda. Ne hanno appena eletto uno alla Casa Bianca.
E pensa che ero a New York la sera delle elezioni. Non ti dico che giorno di lutto. Nelle città multiculturali hanno sempre votato democratico. Anche Elon Musk che fa quel gesto, è tutto un meccanismo per spostare l’attenzione dove si vuole. Mentre da altre parti succedono cose, indisturbate. Vabbè, meglio non entrare nei dettagli. A me sembra che il mondo in questo momento stia facendo così paura che ognuno si stia scegliendo solamente uno dei bulli sotto cui stare. Quando in realtà basterebbe stare tutti semplicemente più calmi.
È un mondo che fa più paura di Gotham City. Hai visto The Penguin?
Pazzesco. Lei, la co-protagonista [Cristin Milioti], l’ho adorata. E poi vabbè lui, Colin Farrell, epico. Anche se però penso che ormai ci sia sempre bisogno di un plot twist per scioccare. Lì come in Saltburn, e in Nosferatu, sembra sempre che ci sia bisogno di stupire a un certo punto per far parlare del film o della serie. Mentre invece io tifo per un ritorno alle cose più poetiche e chill. E magari ogni tanto un lieto fine.
E il duetto con Chiello, in Fiori rosa, fiori di pesco?
Eh, lì io sono proprio fangirl. L’anno scorso ho voluto portare nei duetti una delle mie artiste preferite, una leggenda del passato come Gianna Nannini. Quest’anno porterò quello che per me sarà una leggenda del futuro. Cioè io sono davvero sua fan, quasi da essere in difficoltà (ride).
Tra l’altro ho sempre ammirato questa tua naturalezza nel passare dalla collaborazione con una band death metal svizzera a Orietta Berti, con nonchalance.
(Ride) Perché per me la musica è totalizzante. Io quando ho studiato musica a L.A. mi sono specializzata in rock, avevo anche la band, i Villains. Però in realtà nella vita ho fatto blues, ska, reggae, jazz. Ho esplorato di tutto. Mi piace mischiare. Quel pezzo con Orietta è una bomba, ne vado fierissima. La band svizzera è perché il batterista era un mio amico. Io mi prendo bene, mi piace fare cose che mi piacciono, senza stare troppo a pensare.
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Orietta che tra l’altro è una veterana di Sanremo.
Lei ne ha fatti, sì. Sicuramente è la più skillata a viverselo nel migliore dei modi. Può essere una macchina molto stancante. Arrivi all’Ariston, stai lì dietro dieci minuti, sali, canti e poi vai via. Perché non ci sarebbe spazio per contenere tutti i cantanti nel backstage. Al massimo ci incrociamo alle feste, facciamo due chiacchiere. Io però vorrei fare più marachelle, tipo gli scherzi in albergo, oppure andare in giro a far casino coi monopattini. Cose così. Quest’anno m’invento qualcosa.
Potresti andare sul classico e mettere il dado da brodo nella cipolla della doccia. La sviti, metti il dado e la richiudi. Così quando qualcuno la apre si fa sostanzialmente la doccia nel brodo caldo.
Cazzo, è geniale. Oppure il dentifricio al posto dello shampoo. Di cose ne posso inventare. Spero solo che non li facciano a me. Io odio quando mi fanno gli scherzi.
Eh, bella la vita così. Tu vuoi farli e non riceverli.
Ti dico questa cosa: io non so perché ma quando sono in casa sono molto silenziosa e non faccio rumori. Quindi capita spessissimo che la gente si prenda degli spaventi quando mi vede per casa. Mia mamma quando ero ragazzina, magari io ero sulla porta, si girava e urlava perché si spaventava: «Minchia, sei un fantasma!». Mio marito pure, quando entro in cucina si spaventa.
Ma perché se stai immobile nel buio cazzo è ovvio che si spaventano!
Forse sì! (Ride) Con la testa un po’ girata, tipo la bambina di Shining.
Hai sentito i pezzi degli altri concorrenti in gara?
No, nessuno. Nessuno che mi abbia colpito. No, scherzo! Non ho per davvero sentito nessun altro pezzo. Sono molto curiosa a questo punto. Vorrei tanto sentire quelli di Tony Effe, Joan Thiele, anche Lucio Corsi. Dicono sia bello quello di Achille Lauro. Ho letto qualche recensione sul mio pezzo che diceva che è simile a Click Boom!, però raga è la mia cifra, non so che dirvi. A parte che hanno due sonorità diverse, ma se scrivo in un modo mica ci posso fare niente. Se non ti piace, allora vuol dire che non l’ho scritta per te.
La competizione ci sarà, ma è anche quello il bello.
Ma sì, io sono serena. Guarda già l’anno scorso: sono arrivata 23esima eppure i numeri dicono che il pezzo è piaciuto a tanti. Chiaramente quest’anno mi piacerebbe un risultato un pelino più alto del 23esimo posto.
Foto: Matteo Strocchia per Rolling Stone Italia. Total look: Juun.J. Bracelet: Malloni
Ci sono dei rituali sanremesi a cui tieni particolarmente?
Per me la cosa più bella è tornare in albergo dopo le interviste. Dalla finestra dell’albergo vedevo solo il mare. Io amo vederlo, mi mette una pace immensa. Specie dopo mille domande. Io l’anno scorso ho avuto un breakdown emotivo al giorno. Questa cosa della routine quotidiana di interviste a Sanremo è molto invasiva dei miei tempi e dei miei spazi. Quasi non mangi. A fine Festival l’anno scorso pesavo tipo quattro chili in meno. Poi hai lo stress da tensione costante. Io ho un po’ di social anxiety, sono molto timida e le mie social batteries non sono illimitate, anzi. Dove c’è tanta gente divento un riccio. Quest’anno andrà meglio perché il mese prima è determinante. L’anno scorso me lo sono vissuta male, quest’anno sono molto più serena. E poi la canzone, nonostante sia più difficile da cantare di Click Boom!, me la sento proprio. È proprio mia. Ho fatto le prove con l’orchestra e mi sono emozionata. L’ho cantata proprio bene.
Tanto di cappello.
Forse aver fatto così tanti live nel 2024 mi ha aiutato. Mi ha temprato. Ho dovuto aprire quattro volte i Coldplay a Roma all’Olimpico. Cazzo, lì o tiri fuori i coglioni o cambi lavoro, 80 mila persone davanti.
Un giorno magari saranno i Coldplay ad aprire te.
Sai che è quello che mi ha detto mio papà? L’anno scorso gli ho anche chiesto con chi potessi fare il duetto. Lui mi fa: «Quello della band famosa, dai, quello inglese». E io: «Ma chi, Chris Martin?». Lui intendeva proprio Chris Martin! Al che gli ho detto: «Ma secondo te viene a cantare con me nei duetti a Sanremo». E lui: «Sarebbe un coglione se non lo facesse». Ok. Oppure mi ha proposto Taylor Swift. Siamo gente poco ambiziosa. Io quest’anno a un certo punto devo aver chiesto all’etichetta Lana Del Rey per i duetti. Mi hanno gentilmente riportata sul pianeta Terra.
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Photographer: Matteo Strocchia
Art direction: Alex Calcatelli per Leftloft
RS producer: Maria Rosaria Cautilli
Fashion editor: Francesca Piovano
Talent stylist: Celia Arias per The Only Agency
Stylist assistants: Bianca Luini, Leonor Carvalho, Fabiana Cucchiara
Make-up artist: Greta Agazzi
Hair styling: Yuri Napolitano
Video production: Visionaria Film, Mauro Fabbri. Daniele Cantalupo
Video operator: Tommaso Ligorio
Video editing: Diego Marinello, Martina Longo, Davide Piunti
Studio manager: Ernestina Calciano, Team Visionaria Film
Studio assistant: Cecilia Anselmo
Photographer assistant: Marco Servina
F.E. Assistant: Elisa Brunello