«So fallire con entusiasmo», racconta ridendo Achille Lauro alla conferenza di presentazione del suo ritorno a Sanremo. La storia di Lauro, in fondo, è una bellissima parabola di successi e catastrofi, dalla rissa memetica con l’Auto-Tune («a ragazzino-o-o-o») all’exploit sanremese con Rolls Royce, dall’aver volato troppo vicino al sole (sotto forma di luci dell’Ariston) due anni dopo nell’ambizioso, ma non molto riuscito, progetto da ospite delle cinque serate della kermesse al fortunato rilancio televisivo di X Factor.
«C’è chi capisce che a Sanremo ho fatto un omaggio all’iconografia di San Francesco e chi invece pensa semplicemente che ho messo una tutina. Mi etichettano come trasgressivo? Mi piace l’iconografia cristiana, è la cosa più pop del mondo. Mi spiace però che a volte le idee e i pensieri dietro a queste scelte non vengano visti o capiti». Ambizioso come sempre, ma l’ambizione come ci tiene a sottolineare «è una maledizione».
Quella di Lauro è una carriera fatta di contrasti, così come la sua vita, figlio di un magistrato e ritrovatosi a vivere da minorenne in una comune, dagli sfarzi del successo ai tempi in cui si presentava in studio con una scatola per le scarpe scoperchiata dento cui c’era tutta la sua vita: le chiavi di casa, un computer, quattro cellulari senza batteria.
Dopo essersi ripreso la scena dopo un periodo di silenzio con il tormentone Fragole e il ruolo da giudice nell’ultimo X Factor, per il Ragazzo Madre è tempo di tornare a “casa” che negli ultimi anni ha preso il nome di Sanremo («penso a Sanremo come a un mio concerto, non un gara»). Sarà la quarta volta in gara, la quinta presenza considerando l’edizione da ospite. Per tornarci ha scelto un brano nato qualche anno fa e rimasto a marinare per la giusta occasione. Titolo: Incoscienti giovani. Sviluppo: la storia di una ragazza «che potrebbe essere mia figlia, il mio amore, mia madre» sullo sfondo di Roma. La cosa più da incosciente che uno potrebbe fare? «Amare, ovvero dare l’opportunità a qualcuno di ucciderti e sperare che non lo faccia. È un brano che si rifà alle grandi canzoni con cui siamo cresciuti. Sembra un classico italiano uscito dagli anni ’60», scrivevamo noi. Nel brano lui canta “ti cercherò in un vecchio film”, e il film non può che non essere «La Dolce vita, naturalmente». E cosa significa questo sesto Sanremo? «Spero questo sia quello che darà valore a tutte le altre cose che ho fatto».
Per i bookmaker Incoscienti giovani potrebbe finalmente portare Achille al trionfo della kermesse. Preoccupato? «Più spaventato», ammette citando i posizionamenti non sempre notevoli delle sue apparizioni. Ma ora Lauro ci tiene ad apparire come qualcosa di nuovo, anche a livello umano. «Arrivo a questo Sanremo per quello che sono, un uomo, e non più un ragazzino. E questo brano racconta chi sono io come uomo», spiega: «Ma la mia musica continua a essere un grido d’aiuto, sempre». Il Ragazzo Madre parla lento, con calma, e spesso al plurale a voler sottolineare come la sua sia una storia fatta di persone, dagli amici in piazzetta ai collaboratori di sempre: «Penso sia giusto visto quanta gente lavora attorno a me. Penso che con il tempo pagherà, far sentire le persone dentro le fa sentire parte di questa cosa.
Anche se sul palco di Sanremo non ci sarà spazio per il suo socio di sempre, Boss Doms: «Scrivono che abbiamo litigato. Non abbiamo mai discusso. Doms è un genio visionario, uno che vede oltre il presente, oltre il contemporaneo. Siamo amici fin da bambini».
E parlando di rumor, Lauro è molto preparato sulla risposta alla domanda che tutti vogliono sapere: ha o non ha avuto un flirt con Chiara Ferragni? «Lascio i gossip a chi ha solo questo per esistere. A me non piace. Si parla tanto di violenza sulle donne, ma anche questa è violenza». Il confronto con Fedez arriverà dietro le quinte dell’Ariston? Non è dato saperci.
A Lauro gliene hanno dette di tutti in questi anni. Dal trasgressivo al satanista, dall’esibizionista all’artista che pensa solo alla sua estetica. Proprio per questo c’è grande attesa per la sua performance: «Sarà minimale; io, un occhio di bue, una canzone. Con un’estetica rétro e l’eleganza della cultura italiana. Siamo un popolo di esteti, immersi nella bellezza, ce l’abbiamo nel dna, anche se spesso ce ne dimentichiamo».
Lauro è uno dei pochi che hanno scelto di duettare nella serata di venerdì con un’altra partecipante, Elodie, con cui condivide un passato popolare e un amore senza confini per Roma. La loro performance sarà una grande dedica d’amore alla città; i due canteranno A mano a mano di Cocciante, ma nella versione di Rino Gaetano («un arrangiamento alla Cocciante ma con un’interpretazione alla Gaetano»), e Folle città, b-side di E la luna bussò, di Loredana Bertè. E da galantuomo quale è, le parole per Elodie sono al miele: «Non è solo una cantante, è una che vive quello che canta. Ha dentro il dramma romano di chi è cresciuto in questa città». Insieme hanno scelto brani che parlano «di una città che non ti lascia andare via».
E il dopo Sanremo? «Un album su cui sto lavorando da anni, di grandi canzoni», ma anche una fondazione per aiutare loro, i ragazzi in difficoltà a cui tanto tiene, un tour nei palazzetti da annunciare e una doppia data al Circo Massimo di Roma (il 29 giugno e l’1 luglio). Ma sempre con un contrasto, quel mix tra ambizione e umiltà che spesso confonde o polarizza: «Non credo di essere un grande interprete, ma qualcuno bravo a raccontare ciò che ha vissuto. Voglio solo scrivere grandi canzoni».