Simone Cristicchi è il simbolo di questo Sanremo normalizzato | Rolling Stone Italia
Di noia e di governo

Simone Cristicchi è il simbolo di questo Sanremo normalizzato

Dalle tenebre alla luce (o viceversa). Nel 2007 cantava che “il cristianesimo è la più grande bugia della storia”. Oggi porta la chitarra in chiesa e recita il Padre nostro col vescovo di Ventimiglia. I buoni sentimenti e la noia come messaggi rassicuranti alla nazione

Simone Cristicchi è il simbolo di questo Sanremo normalizzato

Simone Cristicchi a Sanremo 2025

Foto: Pool Rovaris Trucillo/Mondadori Portfolio via Getty Images

Tony Effe e Noemi hanno servito maritozzi, Sarah Toscano gelati, Rose Villain cappuccini blu. Al posto di fare marketing gastronomico per le vie di Sanremo come i colleghi, Simone Cristicchi è andato a un incontro di preghiera e musica organizzato col vescovo di Ventimiglia nella chiesa di San Siro. «La piazzetta di Sanremo» scrive Annalisa Cuzzocrea, fortunata testimone per Repubblica «è gremita già un’ora e mezza prima dell’evento: c’è solo qualche locandina sparsa per la città, ma sono arrivati a centinaia». Cristicchi ha cantato, pregato, recitato il Padre nostro col vescovo, declamato Walt Whitman. Ha intonato Quando sarai piccola e ha fatto cantare a tutti Che sia benedetta, la canzone di Fiorella Mannoia del 2017. La co-autrice di questo inno alla vita è del resto Amara, la fidanzata di Cristicchi che vedremo questa sera con lui sul palco dell’Ariston per interpretare La cura di Franco Battiato.

Nome dell’evento in chiesa: Dalle tenebre alla luce, come l’album di Cristicchi dell’anno scorso uscito oggi in edizione speciale con la canzone sanremese dedicata alla mamma malata. In copertina c’è il cosiddetto occhio di Dio perché, dice il cantautore citando Benedetto da Norcia, solo nella notte oscura brillano le stelle e il compito dell’uomo è «intercettare tutto ciò che brilla nell’oscurità, riconnettendoci alla parte più autentica in noi: quella scintilla divina che ci permetta di trasumanar, di andare oltre l’umano, oltre la materia, e anche oltre questo mondo». Segue ringraziamento alla «energia invisibile che mi ha sostenuto ogni volta, a un passo dal precipizio».

Il disco si apre proprio con Quando sarai piccola, una delle poche canzoni di questo Festival che dividono la platea in modo netto tra commossi che postano cuoricini e scettici che citano il «ricatto del contenuto» di Edmondo Berselli. Pare d’intravedere in quest’unica canzone del Festival anche una divisione politica tra destra e sinistra, o almeno la sinistra che quelli di destra chiamano radical chic, che non conosce i buoni sentimenti e pensa troppo. E difatti è arrivato puntuale il doppio tweet di Simone Pillon. «Quando a Sanremo si fa musica e non propaganda LGBT escono canzoni coraggiose, come quella di Cristicchi che affronta con dolcezza il tema delle malattie neurodegenerative dei nostri anziani. La famiglia è anche questo: prendersi cura dei nonni, che tornano bambini. Bravo Simone!». Quando il cantautore ha detto che Quando sarai piccola è stata rifiutata da Amadeus e va bene così perché «nei suoi Festival mi sarei sentito a disagio», Pillon ha notato soddisfatto che «Cristicchi prende le distanze da Amadeus e dalle edizioni LGBT del Festival di Sanremo. Questo ragazzo comincia a starmi molto simpatico».

Questa non è un’edizione LGBT, ma CC, casa e chiesa. Mentre noialtri facciamo il tifo per la magnifica stranezza di Lucio Corsi o per lo stile di Joan Thiele, forse è Cristicchi il simbolo del Sanremo normalizzato da Carlo IV, senza strusciate in platea né grandi proclami, democristiano e quindi italianissimo, in sintonia con l’aria di restaurazione che tira. I buoni sentimenti, ma anche la noia come messaggio rassicurante alla nazione, le mamme nelle canzoni, gli struggimenti del cuore. Persino a Malgioglio gli si chiede che cosa ama nelle donne e non negli uomini. In scena niente limonate gaie, al limite un bacetto tra Simon e Katia Le Bon, figuriamoci i riferimenti a Gaza. Le “nuove proposte” Vale LP e Lil Jolie hanno alzato due cartelli giallo-neri con su scritto “Se io non voglio” e “tu non puoi”. In questo contesto sono parse estremiste. Non sono così popolari da sollevare polveroni, il gesto è passato quasi inosservato, se non a volte stigmatizzato. È roba woke, si legge nei commenti. Siamo una nazione che non riesce neanche più a mettersi d’accordo su che cos’è la violenza sessuale.

È il Sanremo degli anelli, scrive Salvatore Merlo sul Foglio. E Carlo Conti è un hobbit, questo lo dice Giampaolo Rossi, AD della Rai. Un festival sia antifascista, come ha detto il direttore artistico in conferenza stampa, sia di destra, di una destra che non ha bisogno di far propaganda, ma solo di normalizzare le mattane dei sinistrorsi che Amadeus aveva lasciato scorrazzare liberamente sopra e sotto al palco. Funziona perché gli effetti sono anche positivi visto che ci hanno risparmiato le letterine a sé stessi e i pensierini spacciati per pensiero. Normalizzare significa anche canzoni senza grandi contenuti, al limite un poco immalinconite o autocelebranti. Normalizzare significa metterci un po’ di noia, che gli ascolti comunque premiano, per quanto non comparabili per questioni metodologiche a quelli degli anni passati. Anche a sinistra qualcuno è rassicurato: non vogliono toglierci le libertà, solo farci sbadigliare.

Sanremo 2025 - Simone Cristicchi canta "Quando sarai piccola"

È un Sanremo passato dalle tenebre della libertà senza paletti alla luce del buon senso meloniano. E dalle tenebre alla luce (o viceversa, se siete laici) pare anche il percorso fatto da Cristicchi in questi anni. Nel 2007, quando ha vinto Sanremo con Ti regalerò una rosa, ha pubblicato un album intitolato Dall’altra parte del cancello, che è una citazione di Gaber, non di Benedetto da Norcia. Nell’album c’erano una canzone dedicata ad Alda Merini e una Piergiorgio Welby, attivista per il diritto all’eutanasia scomparso alla fine di una battaglia di civiltà, accompagnato ai cancelli del paradiso dalle belle parole del Consiglio Episcopale per il quale è «un diabolico inganno poter disporre della vita fino a chiedere che si possa legittimarne l’interruzione con l’eutanasia, magari mascherandola con un velo di umana pietà».

In quel disco di Cristicchi doveva esserci anche Prete, un pezzo decisamente anticlericale che non è mai uscito e che inizia col ricordo di quando, da bambino, portavano il piccolo Simone ad assistere alla messa, una gran noia. Contiene più di un passaggio considerato nel 2007 e forse anche oggi troppo forte, come quando il prete chiede al bambino “quante volte ti sei masturbato il pistolino?”. O quando il sacerdote viene definito “in molti casi un uomo molto presuntuoso, nonostante l’apparenza di un sorriso zuccheroso, crede di essere il depositario di una verità assoluta, ad ogni tua obiezione, lui rigira la frittata”.

Onestamente non è una gran canzone, il testo è banale, ma fa un certo effetto riascoltarla conoscendo la strada che ha imboccato Cristicchi. Se qualche tempo fa se la prendeva sui social con «il mondo ricco, eterosessuale e omosessuale» che compra i figli con la maternità surrogata, nel 2007 sparava parole ad altezza prete: “Io non ho voglia di ascoltarti. Prete! Non hai il diritto di insegnarmi niente! Sei bravo ad inventare e a raccontare favole per addomesticare le paure della gente! Non ho bisogno più di credere a un prete! Se la Madonna piange sangue, è noia! Sei bravo e fai di tutto per alimentare, per tenere in piedi la bugia più grande della storia”.

E poi, “genuflessioni collettive dei politici, salvezza delle anime, la rendita degli immobili”, la storia della Chiesa “seminata di violenza, di soprusi”, i miliardi che alza Padre Pio e Gesù che se fosse vivo “si vergognerebbe delle chiese piene d’oro e delle banche” (ve l’aveva detto che non era un gran testo). Morale: “Perdonate questo sfogo troppo anti-clericale, in fondo ognuno è libero di scegliersi la sua prigione, libero di farsi abbindolare, ipnotizzare, dal Papa, dal guru, dal capo spirituale”. Il Papa non era ancora quello pop che ha inviato un videomessaggio a Sanremo, ma ci siamo capiti.

«Ci sono stati problemi molto grossi», diceva all’epoca Cristicchi ad Alteredo a proposito dell’esclusione del pezzo dall’album. «Ho lottato fino all’ultimo momento per inserirla nel disco, e alla fine hanno vinto loro. Mi dispiace molto. Comunque, per chi vuole andarla a cercare, Prete si trova su Internet, facilmente e anche gratis. Mi dispiace perché è una canzone a cui tengo particolarmente, che esprime una protesta, una polemica. In quella canzone ci sono anche dei luoghi comuni sulla Chiesa, però, in qualche modo, sono cose che pensano in tanti».

Poi Cristicchi è uscito dalle tenebre e ha visto la luce. Nella canzone che dà sul titolo al nuovo album invita «ad abbandonarsi con fiducia al mistero dell’esistenza, nonostante l’abisso dentro e fuori di noi. È una lettera destinata alla Vita, a Dio, a quell’energia insita in ogni essere, a quel Tutto che a tutto sovrintende e che informa di sé ogni cosa. Nel mio transito terrestre, più volte ho sentito una mano invisibile che mi ha salvato dal baratro, spingendomi ogni volta a rialzarmi in piedi e portare avanti la vita». Anche a Sanremo non andiamo verso il nulla, ma ritorniamo all’amore. E alla noia.

Simone Cristicchi - Prete