‘The Alto Knights’ è l’apoteosi del “mafiaverso” di Robert De Niro | Rolling Stone Italia
Quel bravo ragazzo

‘The Alto Knights’ è l’apoteosi del “mafiaverso” di Robert De Niro

L’attore premio Oscar è il suo peggior nemico in questo dramma criminale di Barry Levinson sulla guerra tra gang degli anni ’50. Ma, nonostante lo sdoppiamento di Bob, si gode solo a metà

‘The Alto Knights’ è l’apoteosi del “mafiaverso” di Robert De Niro

Robert De Niro nei doppi panni di Frank Costello e Vito Genovese in ‘The Alto Knights – I due volti del crimine’ di Barry Levinson

Foto: Warner Bros. Pictures

Secondo i dati attuali dell’organizzazione, i membri della Screen Actors Guild sono circa 160mila, molti dei quali lavorano regolarmente. Ma pochissimi di questi interpreti sono vere e proprie icone del cinema degli anni Settanta, per non parlare dell’essere diventati l’incarnazione di un intero genere. Robert De Niro è per i film di mafia quello che John Wayne è stato per i western, e sebbene abbia interpretato ogni tipo di ruolo immaginabile – pugili, panettieri, vescovi, giocatori di pallone, poliziotti, rapinatori, rivoluzionari, un cadavere in crisi esistenziale, persino il diavolo in persona – è ai film polizieschi per maschi adulti che la gente associa maggiormente il sindaco non ufficiale di Tribeca. Mettiamola così: se ci fosse un cosplay al De Niro Con, l’immaginario evento annuale che celebra tutto ciò che riguarda Bobby D., probabilmente nessuno si vestirà come il protagonista del dramma romantico Lettere d’amore del 1990. (Preghiamo in ginocchio, però, che almeno una persona si presenti come l’Impavido Capo delle Avventure di Rocky e Bullwinkle).

Quindi sì, le menti dietro a The Alto Knights – I due volti del crimine (ora nelle sale), il corso avanzato in storia della mafia del regista Barry Levinson sul tentato colpo di Stato del “capo dei capi” che diede inizio a una guerra tra bande nella New York degli anni Cinquanta, avrebbero potuto scegliere tra una legione di ottimi attori caratteristi o grandi star del cinema da contrapporre a De Niro: dipendeva solo da quale dei due ruoli principali la leggenda del cinema avrebbe voluto interpretare. Da una parte: Frank Costello, il grande capo del crimine organizzato che ha aiutato, per così, quella loro attività a trasformarsi da locale a nazionale. È un uomo di classe molto abile negli affari, ama i tramonti e le lunghe passeggiate nel parco. Dall’altra parte: Vito Genovese, amico d’infanzia di Costello e compagno di racket, che ha dovuto lasciare la città molto tempo prima per un fattaccio e che ora è tornato a casa per riprendere il suo posto nella gerarchia mafiosa. Ma il mondo è andato avanti mentre lui non c’era e a Vito, be’… tutto questo non gli piace. Così Genovese decide di orchestrare un cambio di regime. La situazione si fa sanguinosa.

Una decisione difficile da prendere, vero? Il re che difende la sua corona, desideroso di ritirarsi ma costretto a resistere per il bene dell’impero, o la testa calda pronta a fare un casino? Che fare? Fanculo: facciamo recitare a De Niro entrambi i ruoli. Perché no?

È, questa, la trovata in fondo migliore della saga mafiosa di Levinson, che inizia con un attentato ordinato da Genovese a Costello nell’atrio del suo palazzo e termina con un anziano Frank che ricorda i vecchi tempi mentre una galleria di immagini Kodak fa scorrere le foto della sua giovinezza lucrosamente mal spesa. La cattiva notizia è che questo sdoppiamento di De Niro sembra essere il punto di partenza e di arrivo di tutto il progetto. The Alto Knights può vantare una buona dose di talento: Nicholas Pileggi (Quei bravi ragazzi) ha scritto la sceneggiatura, il direttore della fotografia Dante Spinotti (Heat – La sfida, L.A. Confidential, Nemico pubblico – Public Enemies) ha allestito una tavolozza calda e autunnale e lo scenografo Neil Spisak ha ricreato la Gotham perduta di un tempo. Ma tutto questo è semplicemente al servizio di una lunga riproposizione di un terreno molto ben battuto. Si potrebbe giurare che questo film sia stato semplicemente pensato per finire in una maratona di mafia movie su un canale via cavo di seconda categoria la domenica pomeriggio, e che le sue ambizioni si siano fermate lì.

The Alto Knights - I due volti del crimine | Trailer Ufficiale

Sareste contenti di assistere a quella che sembra una carrellata di due ore di classici del genere del passato, da C’era una volta in America a Casinò? Vi accontentereste di vedere un sacco di attori italo-americani di un’epoca specifica vestiti in stile Cosa Nostra e con sguardi da duri mentre Dino, Frankie, Sammy e una serie di altri cantanti passano in sottofondo? L’idea di Debra Messing che ritrae la signora Bobbie Costello come una sorta di Era in pelliccia, o della grande Katherine Narducci che veste i panni di Anna, la moglie respinta di Genovese, vi fa battere il cuore? E che ne dite del Cosmo Jarvis di Shōgun come killer più incompetente dei tre Stati, con l’avvertenza che l’unica indicazione che sembra aver ricevuto è stata: “Entra in questa tuta da grasso e fai finta di indossare un collare per tutto il tempo?”. Vi siete mai trovati a discutere fino a notte fonda se il famigerato Apalachin Summit, in cui i pezzi grossi della mafia di tutto il Paese si sono riuniti a nord di New York per una riunione del sindacato e sono stati poi arrestati, fosse una messinscena o solo sfortuna?

Se avete risposto “sì” a una qualsiasi di queste domande o siete già dei De Nirologi tesserati, allora questo film potrebbe fare al caso vostro. I fan più assidui del genere troveranno pane per i loro denti, con la star protagonista che offre una sorta di meta-analisi a una carriera passata a interpretare gangster. La sua interpretazione di Costello è essenzialmente quella di De Niro “la celebrità”: una sorta di anziano statista che si accontenta di ritirare premi a fine corsa, godendo dei frutti di decenni di lavoro e godendo di una reputazione ben consolidata. Nel frattempo, Costello osserva tutti coloro che lo circondano, assicurandosi che tutto fili liscio e che i soldi arrivino. Non perde la calma, almeno non di fronte agli altri. Se a un’organizzazione criminale nazionale si aggiungono hotel, ristoranti e un festival cinematografico del centro di Manhattan, si intuisce che questo rispettato boss dei boss non è in fondo troppo lontano dalla realtà.

Il suo Genovese, tuttavia, è come il classico De Niro: un personaggio violento, volubile e pronto a bruciare tutto, che opera secondo la filosofia dello “fotti gli altri prima che fottano te”. È un mafioso della vecchia scuola, il tipo di criminale per il quale operare al di fuori della legge è una condizione molto più ideale che essere, diciamo così, in regola. Governare con il rispetto e governare con la paura sono la stessa cosa ai suoi occhi. “Mina vagante” è un termine troppo blando. Un tempo, questo sarebbe stato il personaggio perfetto per Joe Pesci. Ora, De Niro lo interpreta imitando il tono nasale e saccente di Pesci e adottando la postura schiva di un predatore. È come se il Johnny Boy di Mean Streets fosse diventato un uomo d’affari, avesse aggiornato i suoi abiti ma avesse mantenuto il suo lato imprevedibile. Non lo si può accostare ai grandi ruoli di fine carriera dell’attore (tra cui ricordiamo Killers of the Flower Moon, The Irishman e Stone), ma ci si avvicina abbastanza.

Entrambe le interpretazioni suggeriscono che la star non ha firmato per fare le cose a tavolino, e la differenza tra la freddezza quasi inappuntabile di Costello e l’imitazione semi-grottesca di Genovese dei vecchi gangster della Warner Bros. – ci sono momenti in cui si è sicuri che il suo Vito abbia visto Piccolo Cesare – è monumentale. Si capisce perché la star avrebbe potuto apprezzare la sfida di affrontarli in tandem, addirittura di metterli letteralmente l’uno contro l’altro in alcune scene. Ma nemmeno lui riesce a salvare questo pezzo da museo dal torpore e dall’incartarsi lentamente su sé stesso. Sembra di essere entrati in un’attrazione a tema mafioso in un parco divertimenti – la Disney Hall of Famous Mafia Bosses – e di assistere doverosamente alla spunta e alla rievocazione di momenti salienti della storia del crimine. Se si toglie la natura di De Niro Con: The Movie, non si ottiene altro che un fantasioso speciale di Discovery. Che è meglio dimenticare.

Da Rolling Stone US