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Sopravvivere al mercato del teen pop: l’incredibile storia delle Sugababes

Cambi di formazione, anni di silenzio e battaglie legali: le tre componenti originali di una delle girlband più famose del Regno Unito sono tornate insieme e presto suoneranno a Milano. Le abbiamo intervistate: breve (mica tanto) storia di come non uscire distrutti dal mercato discografico del pop anni 2000

Sopravvivere al mercato del teen pop: l’incredibile storia delle Sugababes

Le Sugababes nel 2024

Foto press

Nessun paese di questo continente ci ha regalato una quantità di boyband e girlband come il Regno Unito. A cavallo tra la fine del secolo scorso e i primi anni 2000, e dopo il successo di gruppi come Take That e Spice Girls, sembrava impensabile potesse uscire una canzone pop che non fosse coreografata da gruppi di almeno quattro o cinque persone, meglio se tutti dello stesso sesso.

In mezzo a tutto quel marasma di ombretti color pastello a un certo punto sono arrivate anche le Sugababes, la cui mission però voleva essere diversa. Loro tre facevano un pop morbidissimo, tendente all’rnb, tutto armonizzazioni e intrecci vocali. Indossavano abiti che sembravano usciti dai grandi magazzini e, soprattutto, non sembravano fabbricate in laboratorio.

Il loro primo singolo, Overload, fu un caso. Acclamato da critica e pubblico, nel video si vedevano le tre giovanissime londinesi (Mutya Buena, Keisha Buchanan e Siobhán Donaghy) che armonizzavano in maniera svogliata su un testo che parlava di confusione giovanile.

Sugababes - Overload (Official Music Video)

Overload fu scritta quando le tre avevano più o meno 15 anni (stessa età che hanno nel video che vedete qui sopra), e possiamo serenamente dire che quel beat l’ha fatta diventare una delle canzoni più riconoscibili di quel periodo. Ma non fecero in tempo a godersi troppo le cose che iniziarono i primi problemi. Poco dopo la pubblicazione del primo disco, One Touch, Donaghy lasciò il progetto e fu rimpiazzata da un’altra cantante, Heidi Range. Seguì un periodo di grande successo. Negli anni uscirono brani che abbiamo decisamente sentito anche qui come Round Round, Push The Button, Freak Like Me, Hole In The Head eccetera eccetera.

Sugababes - Round Round (Official Video)

In UK il fenomeno fu di grande portata: sei canzoni al numero 1 della classifica e tantissime altre in top 20, numeri che le hanno rese una delle girlband più famose di sempre nel Regno Unito. Oltre alle canzoni però, l’altro primato delle Sugababes è stato quello di avere avuto una vita travagliatissima, forse una delle più complicate nella storia del pop. Pare che dietro le quinte ci sia stato di tutto. Tensioni, litigi, accuse e soprattutto continui cambi di line-up. Roba da pop drama deluxe: uno Stefano Nazzi della musica farebbe almeno sei puntate.

I media inglesi iniziarono a occuparsi della loro storia con morbosità, tanto che anche un loro disco fu chiamato Catfights&Spotlights, letteralmente «litigi e luci della ribalta».

Il risultato è che, al momento dello scioglimento ufficiale, anno 2009, e quando del sound con cui avevano cominciato non era rimasto decisamente nulla, nessuna delle tre componenti iniziali era più nel gruppo (alleghiamo schema esplicativo). Andate via di spontanea volontà o cacciate dal management al grido di “una fuori, una dentro”, possiamo dire che la storia delle Sugababes è uno specchio piuttosto soddisfacente di come l’industria musicale dell’epoca gestisse i gruppi pop femminili.

Il colpo di scena arriva però intorno al 2012, quando le tre componenti originali decidono di tornare a fare musica insieme, superando screzi e chiacchiere dei media. Nel frattempo però il nome Sugababes era diventato un marchio registrato e loro, fondatrici, non potevano più utilizzarlo.

Le tre hanno quindi iniziato a pubblicare musica utilizzando i nomi di battesimo, ma hanno soprattutto iniziato una lunga battaglia legale per riappropriarsi del nome. Spoiler: ce l’hanno fatta. Succede nel 2019, quando tornano a esibirsi col nome Sugababes e riprendono da dove avevano lasciato.

In UK le cose iniziano a muoversi, tra operazione nostalgia e storia che ha il sapore della rivincita: partecipano due volte a Glastonbury, la prima volta nel 2022, e si presenta così tanta gente che devono aumentare la sicurezza. «Pensavamo ci fosse qualcuno di famoso», ci dice una di loro nell’intervista che segue. Ma la folla era lì per loro, di nuovo. Spiegare questa cosa al pubblico italiano è difficile, dalle nostre parti la cultura pop non è passata attraverso le girlband (ci perdoneranno le Lollipop). Per fare un esempio più comprensibile: immaginate che gli 883 fossero andati avanti senza Max Pezzali né Mauro Repetto, chiamandosi però ancora 883. E che dopo 15 anni Max e Mauro fossero finalmente tornati insieme per riprendersi quello che è loro.

Messo da parte l’esempio puramente esplicativo, quello che resta piuttosto unico in questa storia è come tre donne che hanno vissuto sulla loro pelle tutto il marcio dell’industria del pop giovanile siano riuscite a tornare, da adulte, e a non uscirne distrutte. Proprio per questo le Sugababes, che da poco hanno pubblicato un nuovo singolo (anzi, due) e che saranno presto anche in Italia con una data, hanno una storia che merita di essere raccontata.

Noi ne parliamo con Keisha, alla vigilia del tour a poco dopo la pubblicazione di Jungle, il loro nuovo brano che potete sentire qui:

Sugababes - Jungle

«Siamo molto emozionate», dice subito. «È stato un percorso lungo per arrivare finalmente a tornare in tour, a far ascoltare alla gente la nostra nuova musica, per cui siamo super entusiaste».

Mai avuto paura sembrasse solo un’operazione nostalgia?
Amiamo il fatto che ci sia un lato nostalgico, ma abbiamo deciso molto presto che volevamo anche far parte della scena attuale. Non ci piace la parola reunion.

Perché?
Non è che sia una brutta parola, per noi però suona come la fine di qualcosa. Tipo: facciamo uno show e basta. Noi stiamo tornando con nuova musica, quindi è diverso. Poi abbiamo riadattato molti vecchi successi, li approcciamo in modo diverso. Quindi, niente offesa per nessuno ma la nostra non è una reunion.

E cos’è?
Ti direi solo amore per quello che facciamo.

Come stai vivendo tutto questo, adesso, da adulta, rispetto a come lo vivevi anni fa?
Quando eravamo giovani le cose sono successe molto in fretta. Nessuna di noi voleva diventare famosa, volevamo solo cantare, non eravamo pronte e non me la sono goduta. Ci davano il programma per l’anno, e se c’erano tre giorni liberi, beh quelli erano gli unici. Eravamo sempre in viaggio. Non mi lamento, ma sicuramente ha tolto un po’ di consapevolezza.

La cosa più difficile?
Diventi un marchio. Quando ho lasciato il gruppo, nel 2009, la mia più grande difficoltà è stata capire chi fossi al di fuori delle Sugababes. Ero dentro da 12 anni e avevo iniziato che di anni ne avevo 15. Ho dovuto veramente capire chi fossi. Ora è diverso, e sono riuscita a fare pace con molte cose che mi erano sembrate ingiuste.

Tipo?
Ero una giovane ragazza nera nell’industria musicale britannica. La stampa era molto dura e mi ero abituata a stare sulla difensiva. Se ti senti sempre sotto attacco ti metti un’armatura. Poi però ho imparato che è meglio abbassare le difese. E poi, diventare artiste indipendenti ci ha aiutato.

Come?
Il rapporto tra di noi è cresciuto, siamo donne adulte, indipendenti, creiamo noi il nostro progetto. 20 anni fasenza major non c’era futuro. Oggi puoi creare la tua fanbase, la tua struttura. E abbiamo cambiato testa. Quando viaggiamo lo facciamo anche per vedere più cose possibili, andiamo nei club, nei migliori ristoranti, cerchiamo di viverci le cose che non abbiamo potuto fare da giovani.

Cosa vi ha fatto decidere di riunirvi 13 anni fa, usando i vostri nomi reali?
Le ragazze mi hanno contattato e mi hanno detto che volevano incontrarsi tutte e tre. Era il 2010 o il 2011. Lo abbiamo fatto: era la prima volta che eravamo tutte e tre nella stessa stanza da quando avevamo 15 anni.

E come è stato?
Per me era importante capire che vibe ci fosse. Noi non siamo state messe insieme da un manager, siamo cresciute insieme. E la gente ci ha sempre percepito come autentiche.

La vibe quindi immagino buona.
Abbiamo registrato una canzone e abbiamo capito che la chimica era ancora lì. Le armonie, tutto… è stato molto naturale. Poi ci siamo dette: torniamo insieme, riutilizziamo il nostro nome. Lo avevamo inventato noi, a 12 anni, dopo la scuola.

Però non potevate.
No. Una persona con cui lavoravamo aveva registrato il marchio a suo nome e ci ha praticamente messe in una posizione in cui diceva: «o fate come dico io o non farete nulla». E noi ci siamo rifiutate.

E che avete fatto?
Per 10 anni abbiamo cercato di dimostrare il nostro valore senza quel nome.
Abbiamo pubblicato musica, tipo il brano Flatline, abbiamo investito nei nostri progetti. Abbiamo fatto un tour stato sold out e questo ci ha dato fiducia. Abbiamo capito che l’importante eravamo noi tre, insieme, e che il nome poteva attendere. Ci sono stati anche momenti duri, qualcuno voleva mollare, ma le altre due hanno fatto sì che non succedesse. Alla fine abbiamo vinto e ci siamo riprese il nome.

Sugababes - Flatline (Official Video)

Quello che sta succedendo adesso è un po’ un riconoscimento di tutta quella fase?
Negli ultimi quattro anni abbiamo lavorato per riportare tutto all’origine di quello che era: tre ragazze cresciute insieme e che amano la musica. Nel 2009 si era trasformato tutto, troppi drammi. Volevamo che la gente tornasse a ricordarci per quello con cui avevamo iniziato. E devo dire che ci hanno accolte a braccia aperte. Oggi vogliamo solo celebrare le donne che si uniscono.

Parliamo della nuova musica. Ascoltare il ritornello di Jungle è davvero un po’ come sentire i brani del vostro primo album.

Sì, c’è un po’ quel sound.

Quel disco è un po’ un piccolo classico per chi ama il pop inglese di quegli anni.
Lo abbiamo registrato da giovanissime, non pensavamo che sarebbe diventato un cult. Eppure anche oggi suona fresco. All’epoca non fece grandi numeri, ma fu acclamato dalla critica e ci diede molte opportunità.

State lavorando a musica nuova?
Ci sarà sicuramente un album, sì. Ci siamo prese tempo, ci siamo chieste che tipo di disco volessimo fare. Volevamo trovare una connessione con un produttore come è successo con il nostro primo album, con Cameron McVey, che aveva lavorato con i Massive Attack, o come col team Xenomania. Oggi lavoriamo con John Shave, che ha fatto brani anche per Charli XCX.

Vi aspettavate tutto quel casino a Glastonubury?
Assolutamente no. Nel 2022 hanno dovuto chiamare la polizia e chiudere il campo. Noi pensavamo «per chi?». Non pensavamo sul serio ci fosse tanta gente a vederci. Poi due anni dopo ci hanno richiamate, pensavamo che il successo dell’anno prima fosse stato un caso. E invece di nuovo la folla, di nuovo il campo chiuso. Ricevere tutto questo amore, dopo un viaggio così lungo, è la benedizione più grande.

Sugababes - Freak Like Me (Glastonbury 2024)

E ora c’è il tour. Sarete anche in Italia, a maggio.
Sì, arriviamo! Sarà uno show in cui abbiamo incluso anche la nostra parte più garage. Essendo cresciute a Londra, per noi era importante per noi includerla. Ci vediamo lì?

Ci vediamo lì.

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