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Benvenuti al World Culinary Council, dove si decide che cosa (non) mangeremo

Al complottista non far sapere, che c'è un Consiglio composto da alcuni tra i principali chef al mondo che influenza gli alimenti che troveremo nei nostri piatti. Oppure diteglielo, ma poi spiegategli per bene che cos'è
world culinary council

Foto: press

Noncelodicono!!! Tutti conosciamo l’urlo scandalizzato, condito di troppi punti esclamativi, che contraddistingue i complottisti nello sberleffo popolare. Nonostante le prese in giro, l’idea che il mondo sia manovrato da entità oscure, poteri forti e multinazionali spietate è ancora molto diffusa. Il mondo del cibo, naturalmente, non ne è esente. Solo che qui, per una volta, potrebbero avere ragione.

Scusa, cosa?! Ebbene: se vi dicessimo che esiste veramente una grande entità che a livello internazionale si riunisce per decidere che cosa potete e non potete mettere nel piatto? Non stiamo certo parlando del complotto per inserire la farina di cavallette dentro i vostri cereali del mattino, ma di qualcosa di molto più grosso; che riunisce molti dei più grandi chef del mondo; e il cui scopo è di non farvi mangiare alcune delizie.

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Si tratta del World Culinary Council di Relais & Châteaux, un organismo che riunisce chef di altissimo livello come Michael Caines, Hiroshi Yamaguchi, Patrick O’Connell, e Mauro Colagreco, ex chef numero uno al mondo. Sono loro la setta che ieri ha deciso che non dovevate più mangiare il tonno rosso e che oggi sta tramando per non farvi più gustare l’anguilla.

C’è solo una differenza tra quello che fa il World Culinary Council e l’immaginario, temutissimo club degli Spaccapietre: qui tutto viene fatto pubblicamente e alla luce del sole. Anzi, questo esclusivo conciliabolo prova a sfruttare la forza dell’aggregazione per dimostrare che il risultato è addirittura maggiore della soma delle parti, nonostante le suddette parti siano individualmente gli chef più influenti al mondo.

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L’obiettivo del World Culinary Council
Questa pletora di chef provenienti da tutto il mondo è dunque impegnata a promuovere una cucina etica e sostenibile. Creato nel 2014, il Consiglio vuole preservare le tradizioni culinarie locali, sostenere la biodiversità e garantire l’utilizzo responsabile delle risorse naturali. La sua missione è promuovere un approccio alla gastronomia che rispetti l’ambiente e valorizzi le materie prime locali, mantenendo allo stesso tempo un altissimo standard di qualità.

Infatti gli chef non si limitano a creare piatti eccellenti, ma si impegnano anche in iniziative globali, come la collaborazione con organizzazioni come Ethic Ocean e Slow Food attraverso campagne come Food for Change, che mira a ridurre lo spreco alimentare e a favorire la sostenibilità. Il consiglio si riunisce annualmente, sia in presenza che virtualmente, per discutere idee, iniziative e progetti futuri. Oltre alle sessioni plenarie, gli chef partecipano a incontri locali, promuovendo la collaborazione continua e la condivisione di idee tra diverse culture e stili culinari.

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Un esempio concreto di questa attenzione è stata la decisione, presa di recente dal consiglio, di eliminare l’anguilla europea dai menu dei ristoranti membri, a seguito delle preoccupazioni sollevate dagli scienziati per la conservazione della specie.

Negli ultimi anni, Relais & Châteaux ha intensificato il suo impegno verso la sostenibilità ambientale e la tutela della biodiversità, e con la campagna #anguillenonmerci ha deciso di sensibilizzare al pericolo in cui versa la popolazione delle anguille, risorsa fortemente minacciata dalla pesca intensiva, dall’inquinamento e dalla frammentazione degli habitat.

In collaborazione con Ethic Ocean, gli chef hanno scelto di escludere l’anguilla dai propri menu, inviando così un messaggio forte a consumatori, fornitori e Governi e chiedendo politiche più incisive per proteggere questa specie. La pesca dell’anguilla, infatti, non è regolamentata a sufficienza, e gli scienziati avvertono da decenni sui pericoli di questo liberi tutti. Gli chef di Relais & Châteaux, consci dell’impatto delle loro scelte culinarie, ritengono di poter influenzare il comportamento dei ristoratori e del mercato alimentare.

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Insomma: ci impediscono di mangiare quello che vogliamo!

«Oh, ma certo, ho capito: tu pensi che questo non abbia niente a che vedere con te. Tu apri il tuo armadio e scegli, non lo so, quel maglioncino azzurro infeltrito per esempio, perché vuoi gridare al mondo che ti prendi troppo sul serio per curarti di cosa ti metti addosso. Ma quello che non sai è che quel maglioncino non è semplicemente azzurro, non è turchese, non è lapis, è effettivamente ceruleo». Eccetera, eccetera…

Il celebre monologo sul senso della moda di Miranda Priestly de Il diavolo veste Prada parla proprio a te, caro lettore che stai pensando: “Io non mangio nei ristoranti di lusso come quelli di Relais & Châteaux, mi pare che questo tipo di iniziative riguardi chi va in vacanza in Costa Azzura, non i poveracci come me che a fatica si possono permettere una settimana a Rimini o in Sardegna”.

Vicky Lau, membro del World Culinary Council. Foto: press

Caro amico: quello a cui si rivolge questa azione sei proprio tu, anche se non siamo ancora arrivati al tuo anello della catena. L’aver acceso i riflettori sul tema ha portato molti chef a ragionarci sopra, anche se non tra i non aderenti a Relais&Chateaux. E magari, in maniera indipendente, li ha portati a scegliere alternative, come nel caso di uno chef di Forte Dei Marmi che ha puntato sulla murena, abbondante e simile all’anguilla in molti aspetti. Loro influenzeranno i giovani che oggi lavorano nelle loro cucine, e a pioggia gli chef ambiziosi che magari seguono i big su Instagram. In una lenta catena discendente si giungerà fino al ristoratore romagnolo che magari toglierà dalla carta le anguille di Comacchio, o a quello sardo che non ne metterà più tre alla volta sulla brace.

Quindi alla fine tu non potrai più mangiare anguille? Avevano ragione i complottisti, ti vogliono impedire di scegliere di che cosa godere nel piatto?

In parte sì, ma solo per un po’. Prendiamo per esempio una campagna precedente del World Culinary Council a favore del tonno rosso del Mediterraneo, specie che per anni è stata sfruttata in modo insostenibile e ha rischiato l’estinzione. Il Council è stato tra i primi a lanciare l’allarme e a scegliere di non servirlo. Da lì, grazie a rigide regolamentazioni e a una pesca più controllata, gli stock di tonno rosso hanno impiegato circa un decennio per riprendersi. Questo risultato dimostra che, se adeguatamente protette, le popolazioni ittiche possono essere recuperate, e tornare a fare anche parte della nostra dieta. E, soprattutto, della dieta delle generazioni che verranno dopo di noi (scie chimiche permettendo).

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