Nel 2020 Netflix ha prodotto la serie The goop lab. Se non l’avete vista affatto o vi siete fermati al primo episodio, c’è una ragione: è un TV show insopportabile e al limite del trash. In breve: la compagnia di wellness Goop, fondata da Gwyneth Paltrow, inviava alcuni suoi collaboratori in un resort in Jamaica per partecipare a un retreat terapeutico a base di funghi allucinogeni per poi celebrare i benefici della pratica magica. L’azienda fu tacciata di divulgare messaggi anti-scientifici e pericolosi. Il Guardian titolò: “Se le droghe psichedeliche hanno perso il loro momento, prendetevela con Paltrow e il suo Goop”.
Eppure, ciò che la dea della “bellezza pulita” Gwyneth riuscì strategicamente ad anticipare fu altro: l’accesso del mondo micologico all’industria wellness e al suo giro d’affari. Infatti i funghi, allucinogeni e non, avevano enormi potenzialità nella narrativa del “benessere”. Goop decise allora che le proprietà di funghi comuni come Reishi, Chaga e Maitake fossero buoni canditati per promuovere una nuova ricerca sulla bellezza, anticipando il mercato che sarebbe fiorito da lì a poco. E mentre l’impero di Goop ha perso qualche colpo – quest’anno una collaboratrice di Paltrow, Elise Loehen, ha pubblicato On our best behavior, dove svela quanto tossica fosse invece la politica interna all’azienda – il marketing intorno al mondo dei funghi è esploso.
Basti pensare che, appena un mese fa e dopo decenni di stigma, la California ha approvato una legge che decriminalizza l’uso e il possesso della psilocibina, l’ingrediente attivo nei funghi alluginogeni, e della DMT, più nota come ayahuasca. Il bill include che la California Health and Human Service Agency, una sorta di Istituto Superiore di Sanità della West Coast, sia responsabile di studiare gli effetti terapeutici dell’uso della pscichedelia e pubblichi un rapporto sul tema. Secondo i dati del National Survey of Drug and Health, già nel 2019 il 2,6% della popolazione americana ha fatto uso di micro-quantità di allucinogeni. Ma questa è solo una delle narrazioni disponibili sui funghi.
L’altra, che ha trasformato il mondo dei miceti – o dei funghi “buoni” – in un’operazione di marketing, separandolo dalla psichedelia, è merito di Goop. Ciò che un tempo era territorio hippie, oggi approda tra gli scaffali dei consumatori più sofisticati. Dalle polveri adaptogene, un mix di maca, funghi Reishi ed erbe ashwaganda (nota come ginseng indiano, tra gli ingredienti naturali cardine nella medicina ayurvedica), ai sieri per il viso a base di funghi Shiitake. Mentre scrivo, l’algoritmo di Instagram mi segnala un nuovo brand di “superfood”, una miscela di funghi adaptogeni, da sostituire al caffè e che promette – leggo – “calma, focus, supporto al sistema immunitario per un corpo bilanciato e una mente chiara”. Nessun trip. Organismi come i Reishi, definito il “fungo della immoratalità”, o il chaga, che cresce nelle foresti di betulle della Siberia e della Corea, sono ormai senatori tra gli ingredienti dello skincare, grazie alle proprietà anti-infiammatorie e anti-fatica.
Pur nella sua scaltrezza, però, Goop non ha “scoperto” proprio niente. Già Ippocrate identificava alcune specie di funghi come antinfiammatori, e la medicina cinese li ha ultilizzati per secoli, sia per scopi nutrizionali che curativi. In Cina, infatti, il loro uso era considerato essenziale per la pulizia dei reni e della cistifellea, e, in generale, sono sempre stati visti come una pozione di benessere e portatori di longevità. Più vicino a noi, nel 1991, due alpinisti scoprirono il corpo mummificato di “Ötzi”, uomo dell’Età del Rame, in un ghiacciaio della Val Senales. Insieme al suo equipaggiamento, il progenitore portava nella sua sacca un po’ di Fomitopsis betulina, fungo non edibile le cui proprietà antiparassitarie erano necessarie per sopravvivere sulle Alpi.
Oggi, la medicina occidentale sta osservando da vicino il fenomeno “shroom boom”, come lo chiamano gli americani. Secondo uno studio curato da un luminare della medicina delle piante, Alex Pannosian, gli adaptogeni – ovvero sostanze funzionali come quelle contenute nei funghi – possono aver un ruolo chiave nel trattamento dello stress e di alcune patologie legate all’invecchiamento. Il potenziale è enorme, basti pensare che il giro d’affari globale intorno al movimento dei funghi è raddoppiato negli ultimi cinque anni. E che, delle 150 mila specie finora identificate, non si conoscono ancora tutte le proprietà. “Mi farà venire le allucinazioni?”, si legge nel FAQ di un’azienda californiana che produce cioccolato a base di funghi, Fungirl. “Non questo tipo di prodotto”, spiegano dalla compagnia, la cui fondatrice ha creato il marchio dopo aver combattuto con una colite cronica. “Assumere questi nutrienti aiuta ad aumentare concentrazione e migliorare l’umore, scacciando il rischio di depressione e ansia”. Nessun trip. Qui la promessa è un “glow” da dentro a fuori.