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Elogio della strana, giustissima voglia di mangiare italiano all’estero

Dimenticatevi tovaglie a quadretti bianco-rossi, pizze surgelate e pummarola piena di aglio. Ora, mangiare nostrano fuor di penisola è diventato una cosa seria. E vo lo dimostriamo a partire dalle strade di una città per nulla a caso: Londra
padella Londra

Foto: press

Nonostante il costo della vita ci abbia reso tutti più poveri, continuiamo a prendere voli e fare vacanze all’estero. Esplorare nuove mete ci piace perché ci dà la sensazione di vivere, anche solo per qualche giorno, una vita parallela in un luogo dove tutto è diverso: dall’architettura alla gente, dalla lingua al cibo. È sempre stato così, anche quando viaggiare era molto meno accessibile. Ma da quando i Millennial hanno trasformato i viaggi in esperienze, nessuno si azzarderebbe mai a mangiare italiano all’estero.

ombra londra

Da Ombra, a Londra. Credits: Stefania Zanetti e Matteo Bellomo

Per i genitori di molti di noi (sì, chi scrive si mette dentro quella generazione), era più che tollerabile: provare cibi nuovi lontani da casa era riservato agli impavidi. È un fenomeno curioso, dato che fino a vent’anni fa il rischio di imbattersi in ristoranti italiani stereotipati e di pessima qualità era quasi una certezza. Nel frattempo, i cervelli in fuga sono aumentati, portando con sé bagagli pieni di competenze e nostalgia di casa, e la cultura del cibo è ai massimi storici. Il risultato? In alcune grandi città internazionali sono nate scene di cucina italiana che si sono ibridate con il e dentro il contesto, rafforzando la propria identità e dando vita a diverse cucine italiane meritevoli di essere provate.

Padella a Londra. Foto: press

È sicuramente il caso di Londra, dove il Consolato italiano, a fine 2022, aveva censito circa 366.000 connazionali. La capitale inglese è la settima città italiana, con una popolazione di expat equiparabile a Firenze o Bologna e un’età media di 37 anni: non stupisce che si contino più di duemila ristoranti italiani e che la maggior parte abbia abbandonato le tovaglie a quadretti, i mandolini e le ricette improbabili. Ora le carte dei vini (certo, italiani) sono ricercate, gli ingredienti vengono prodotti in loco o importati da piccolissimi produttori tricolori, e soprattutto dietro certe realtà c’è un concept strutturato e la volontà di ridisegnare una cucina italiana genuinamente made in London.

Da Ombra, a Londra. Credits: Stefania Zanetti e Matteo Bellomo

Il prezzo medio di questi locali rispecchia la norma londinese, non essendo proibitivo ma riflettendo la tendenza generale della capitale britannica, dove pranzare o cenare fuori è spesso considerato un investimento. Il discorso è valido soprattutto per quanto riguarda i vini importati, che subiscono i dazi doganali.
 

Avvisati i naviganti, abbiamo fatto una lunga ricerca e provato per voi alcuni dei ristoranti più interessanti della scena, selezionando i sette migliori — almeno per il momento. E ricordate: nei ristoranti italiani di Londra sharing (i piatti) is caring.

Belvedere a Londra. Foto: press

Ombra Bethnal Green
Ombra, che prende il nome dal termine veneziano che si usa per ordinare un piccolo bicchiere di vino, ha aperto le sue porte nel 2011. Lo chef e co-proprietario Mitshel Ibrahim è cresciuto a Milano, figlio di ristoratori egiziani. Si è trasferito a Londra per studiare Environmental Science, per poi scoprire la passione per la cucina e fare diverse esperienze importanti prima di arrivare a Ombra nel 2017.

Da Ombra, a Londra. Credits: Stefania Zanetti e Matteo Bellomo

Il ristorante è incantevole e ricorda un po’ Venezia, con il suo affaccio privilegiato sul Regent’s Canal, posizione perfetta per fare people watching mentre si assaggia ottimo cibo. Il menu à la carte cambia regolarmente e offre piatti sempre nuovi, con un’enfasi sulla pasta fresca fatta in casa e i salumi stagionati nel loro laboratorio. I piatti, suddivisi tra Cicchetti, Antipasti, Primi e Secondi sono un riuscito mix tra tradizione italiana e il meglio degli ingredienti offerti dal Regno Unito. Giusto per nominarne alcuni: fagioli piattoni grigliati con miso, scalogno & Parmigiano; tonnarelli con ragù di granchio e funghi maitake; rana pescatrice con pomodorini ciliegino & brodetto di pesce.

Ombra a Londra. Credits: Carlo Gibertini

La carta dei vini ha molte sorprese locali come i Pignoletti rifermentati e il Prosecco Col Fondo. I camerieri sono giovani e simpatici, la musica sempre all’altezza del mood, contribuendo a creare un’atmosfera davvero cool e accogliente. Ricordatevi di chiedere il loro limoncello alla fine del pasto.

 

manteca Shoreditch
Dopo il successo di due pop-up a Mayfair e Soho, manteca ha trovato la sua sede permanente a Shoreditch e si è guadagnato già un Bib Gourmand e una menzione nella 50 Best Discovery. Sinceramente guadagnati: la cucina degli chef David Carter e Chris Leach è ispirata all’Italia e si definisce nose-to-tail, in cui cioè non si utilizzano solo i tagli di carne pregiati ma anche quelli considerate erroneamente più povere. Braci, salumi stagionati nel locale sotterraneo con le pareti in vetro, pasta fatta in casa, focacce: tutto rigorosamente da condividere.

 

Gli interni sono progettati da Box 9 architects, con materiali organici e palette delicata in cui risalta l’affettatrice Berkel gialla in vetrina. È bellissima la cucina centrale aperta, come lo è il forno a legna progettato per mostrare l’arte e lo stile di cucina di Chris. Si può mangiare al tavolo o seduti lungo il bancone, circondati dalla luce naturale o da quelle elettriche soffuse la sera.

manteca a Londra. Credits: Carlo Gibertini

A pranzo e cena si viene accolti con focaccia e pane a lievitazione naturale, accompagnati da burro montato. Un piatto di salumi della casa per assaggiare i salumi appena affettati dalla sala di stagionatura, come salame al polline di finocchio (o al pepe nero e Lambrusco), coppa o ‘nduja, e molte altre delizie introvabili in Italia. L’antipasto da assaporare sono le cozze al vapore alla ‘nduja; tra i primi le tagliatelle al ragù; come secondo i piatti cotti alla brace come la costata di maiale tagliata spessa e l’orata arrostita sulla legna. Anche i dessert includono un piatto a base di carne: accanto a gelato al cannolo e agli amaretti c’è un delizioso fudge al grasso di manzo.

 

Da bere, manteca offre un’ottima selezione di aperitivi, cocktail e amari, oltre a una lista dei vini curata da Emily Acha Derrington con bottiglie provenienti da Italia, Europa e Nord America con un focus sulla vinificazione a basso intervento.

 

Trullo – St Paul’s Rd
Est. 2010, Trullo è diventato un punto di riferimento a Highbury Corner, offrendo una cucina italiana rivisitata in chiave britannica con ingredienti iper-stagionali. Lo chef e proprietario Conor Gadd propone un menù di antipasti, primi piatti di pasta fatta a mano e cibi cotti al forno e alla griglia. Parole chiave della cucina: semplicità, altissima qualità degli ingredienti (sul serio, una burrata che parrebbe arrivata un’ora prima dal Sud Italia) e ottima fattura. Tra i piatti da provare ci sono le pappardelle al ragù di stinco di manzo e la bistecca T-bone di angus frollata per 28 giorni, servita con pomodoro del Vesuvio, cipolla fresca di Tropea e crescione.

 

Oltre al servizio ristorante, il bar offre la possibilità di fare un aperitivo in stile italiano e una carta dei vini prevalentemente composta da vini a basso intervento, con una combinazione interessante di classici e rarità poco conosciute. Consigliamo un metodo classico English Sparkling che fa scintille con molti dei piatti presenti in menu e in Italia è conosciuto solo dagli addetti al mestiere.

Trullo a Londra. Foto: press

Una menzione speciale va all’atmosfera del locale, rilassata e quasi da ristorante al mare, insieme al tovagliato bianco e ai piatti semplici di porcellana. Terminate assolutamente il pasto con una lemon tart: vi farà girare la testa.

 

Padella – Borough Market
La sorella minore di Trullo, sempre molto frequentata, si trova nel vivace Borough Market. Creato da Tim Siadatan e Jordan Freida, Padella è famoso per servire piatti di pasta fatta a mano, insieme a squisitezze stagionali che combinano tecniche tradizionali italiane con i migliori prodotti britannici. La pasta è fresca e preparata sul momento nei locali di Borough Market e Shoreditch, spesso davanti alle vetrine.

Padella a Londra. Foto: press

Si inizia con gli antipasti, come i peperoni grigliati e marinati, gli asparagi inglesi con burro e pecorino se di stagione, e lo speck con il loro pane di lievito madre. Poi è d’obbligo provare alcuni piatti di pasta in condivisione, come i Pici cacio e pepe, simbolo di Padella. In alternativa, i Ravioli di ricotta Westcombe, piselli, menta, limone di Amalfi e peperoncino o il piatto wow del locale: i Tagliarini agli spinaci con ortiche, noce moscata, Parmigiano e tuorlo d’uovo. Nessun pasto da Padella è completo senza una fetta del loro amato tiramisù e uno Spritz per mandare giù. Padella è diventata un’istituzione londinese, da frequentare soprattutto in pausa pranzo, seduti al bancone della cucina per vedere gli chef all’opera.

 

Belvedere – Holland Park
Inserito nei lussureggianti giardini di Holland Park, il ristorante Belvedere è molto posh e porta in tavola i sapori del Sud Italia con un twist da alta cucina, senza però mai mettere in soggezione.

 

Antonio ‘Lello’ Favuzzi è il nuovo chef del locale, e a Belvedere ha portato la sua esperienza e la cucina della sua città natale, Sassari. Risalente al 1638, il Belvedere era originariamente una rimessa per carrozze e stalle, poi trasformato in una sala da ballo elegante nel XIX secolo. La sede ha attirato alcune delle figure più importanti dell’epoca, tra cui Charles Dickens e William Wordsworth. Lo spazio è stato ufficialmente rilanciato nel 2022 da George Bukhov-Weinstein e Ilya Demichev.

 

Lavorando con piccoli produttori, il menù di Lello celebra la stagionalità con ingredienti di pregio provenienti da tutta Italia, tra cui i pomodori neri invernali dalla Sicilia, il radicchio tardivo dal Veneto e i funghi porcini dall’Umbria.

Belvedere a Londra. Credits: Ed Schofield

I piatti più apprezzati di Belvedere: il Vitello tonnato, i Ravioli di barbabietola con burrata affumicata e il Rombo selvatico con vongole e zafferano. Squisiti anche i crudi di pesce, tra cui il Carpaccio di scampi, il Ceviche di branzino selvatico e la Tartare di tonno rosso.

 

Non manca anche la pizza al forno a legna. Da provare i cocktail prima del pasto, ma anche durante e dopo, seduti presso il bancone del bar o sulla terrazza quando il tempo è clemente.

 

Infine, la carta dei vini del capo sommelier Joseph Pelosi mette insieme gemme nascoste e vini pregiati da piccoli produttori e vigneti rinomati. In breve, quando si ha un budget un po’ più alto a disposizione, il consiglio è di passare un pranzo o una cena qui, con la massima tranquillità.

 

Tiella – Islington
Si dice che il Compton Arms fosse il pub preferito di George Orwell. Attivo già dall’’800, ora ha preso le forme di un gastropub che ospita a rotazione le ‘residenze’ degli chef più cool di Londra. Al momento risplende grazie alla cucina di Dara Klein, nata in provincia di Bologna. All’infanzia nella campagna emiliana ha dedicato Tiella, non tanto nello stile culinario quanto nello spirito caloroso e amorevole. Il menu, invece, propone piatti provenienti da diverse regioni italiane. Il nome della sua residenza al Compton Arms è mutuato infatti dal piatto pugliese a base di riso, patate, cipolle e cozze, una dedica alla sua famiglia materna, di origine pugliese.

Tiella a Londra. Credits: Safia Shakarchi

Il cuore di Tiella è la cucina rustica italiana, con paste fatte a mano, carni brasate e tanti altri piattini deliziosi come la Panzanella, le Tagliatelle alle vongole e la Battuta di manzo con pane guttiau e pecorino. Gli ingredienti usati da Klein sono di altissimo livello, con un’attenzione costante alla stagionalità.

 

La famiglia di Dara si è trasferita in Nuova Zelanda quando lei aveva sei anni, dove i suoi genitori hanno aperto un ristorante italiano in autentico stile trattoria familiare. Klein lavorava in sala, ma non era molto interessata a quel lavoro. Gli anni successivi li ha trascorsi studiando prima a Melbourne e poi a New York, dove, sentendo la mancanza di casa, il suo amore per la cucina italiana è finalmente sbocciato. Il trasferimento a Londra è avvenuto nel 2019.

 

Non dimenticate di provare la panna cotta: mai assaggiata una più buona.

 

Dalla – Hackney
Dalla è una chicca. È il primo progetto di ristorante di Gennaro Leone, promoter musicale diventato mercante di design del ‘900, insieme al fratello chef Gianmarco e all’ex chef di P. Franco, Mitchell Damota. Il menù è stagionale e ricco di ricette d’archivio, quelle che non ti aspetteresti di trovare se non nelle regioni dove questi piatti sono nati: dai Calzagatti (frittelle modenesi di polenta e fagioli) ai Pisarei e Faśö (minestra del piacentino). Damota è ossessionato dalle ricette della nonna che stanno per essere dimenticate, e così le riporta in vita.

 

Per chiudere il pasto, oltre ai dessert, Dalla punta molto sulla frutta, perché questo è il modo in cui la maggior parte degli italiani termina pranzi e cene a casa propria. La lista dei vini include un vino della casa molto conveniente (£5,50 al bicchiere), ma anche magnum da diverse regioni italiane. Il contenuto della cantina dipenderà dal tempo e dalla stagione: pensate a bianchi naturali in estate, rossi più ricchi in inverno.

Tutto richiama all’Italia senza mai cadere negli stereotipi. Forse sarebbe meglio dire che Dalla è un compendio dell’atmosfera e del cibo italiani, anche e soprattutto nella scelta degli interni e del design, che risvegliano ricordi di pranzi lenti in qualche trattoria dispersa nelle campagne italiane, forse anche solo nell’immaginazione.

 

Menzioni speciali
Fare una selezione è sempre difficile, soprattutto quando il livello è alto. Per questo, è opportuno menzionare qualche altro nome: c’è Polpo Soho, che ricorda in tutto e per tutto un bacaro veneziano; Lardo a Hackney stile industriale la pizza cotta nel forno a legna; e Bocca di Lupo, molto frequentato dagli spettatori dei teatri di Piccadilly Circus (provare il carpaccio di ricciola!).

 

Alla faccia di chi “io italiano all’estero non lo mangio proprio mai”.

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