Sembra che un professore di micologia amasse iniziare le lezioni con questa massima: «Tutti i funghi sono commestibili. Alcuni una volta sola». Del resto, il regno dei funghi è così: con 700 mila specie conosciute, stimate 3 milioni (dati Wikipedia), raggruppa tutto e il contrario di tutto. Il grande grande e il piccolo piccolo, il pluricellulare e il monocellulare, l’utile, il patogeno e il tossico. Il piacione coltivato e il fungo assassino che spunta nei boschi.
Cosicché, se i mesi a cavallo tra estate e autunno sono per molti sinonimo di cerca e scorpacciate di porcini, chiodini, finferli e compagnia, negli stessi giorni le cronache riportano di avvelenamenti provocati da un Boletus satanas scambiato per edulis o, dio non voglia, da una mortale (letteralmente) Amanita phalloides confusa con una cesarea, il pregiatissimo ovolo.
L’ultimo caso che ha fatto scalpore è avvenuto qualche mese fa in Australia, dove metà di una famiglia è morta dopo un pranzo a base di funghi. Chi li aveva cucinati, tale Erin Patterson, si è salvata insieme ai suoi figli (nessuno di loro aveva toccato il venefico contorno) ed è sospettata dalla polizia di aver servito volontariamente il piatto.
Al di là del caso specifico, andare a funghi non è semplice come dirlo. Che l’iconico fungo rosso con i pallini bianchi (altra Amanita, muscaria) sia tossico, benché non mortale, è cosa nota. Ma non sempre è altrettanto chiaro che, a meno di essere veri esperti, e ancorché minuti di specifico patentino (rilasciato a livello regionale), la certezza di salubrità dei funghi nel cesto può arrivare solo da un controllo micologico, da effettuare presso le aziende sanitarie locali.
Più comodo e prudente acquistare funghi dall’ortolano. Di sicuro, nella sporta della spesa non finirà una Tignosa, o Amanita verna, simile ai prataioli, i comuni champignon largamente coltivati. Né Galerine, che si possono confondere con i commestibili chiodini e pioppini, Cortinari o Lepiote: tutti con esito fatale pressoché garantito, assai diffusi e spesso anche carini da vedere. Ingannevoli, ma letali. Per dire: è stato individuato in un funghetto bianco all’apparenza innocuo la probabile causa della misteriosa “sindrome da morte improvvisa dello Yunnan” che, dal finire degli anni Settanta, ha mietuto centinaia di vittime tra i raccoglitori della provincia cinese, che ne smangiucchiavano manciate con piacere.
«You’ve just had some kind of mushroom, and your mind is moving low, go ask Alice, I think she’ll know», cantavano i Jefferson Airplane in White Rabbit (1967): «Hai appena preso una specie di fungo, e la tua mente sta affondando, vai a chiedere ad Alice, penso che sappia perché». Lo sappiamo anche noi: probabilmente si trattava di funghi del genere Psilocybe o altri contenenti psilocibina, principio dall’azione psicotropa. Sono i funghetti “magici” allucinogeni, tornati prepotentemente di moda – oltre 50 anni dopo l’era dei figli dei fiori – tra i fan del microdosing, la “disciplina” che prevede di assumere quantità infinitesimali di droghe per sfruttarne i soli effetti positivi su umore, creatività, prestazioni.
Fico, no? Non fosse per il rischio di esagerare in cui può incorrere chi si affida al fai-da-te, coltiva sul terrazzo, dosa a sentimento. Gli effetti collaterali di un’assunzione indiscriminata vanno da nausea e crampi ad attacchi d’ansia, tachicardia, forti allucinazioni visive e sonore. Un bad trip, insomma. Ciò non toglie che in alcuni Stati (per esempio l’Australia e l’Oregon) sia autorizzato l’uso terapeutico di psilocibina, che da noi è inserita nell’elenco degli stupefacenti.
Ma il regno dei funghi, come si diceva, è incredibilmente vasto e, oltre a quelli con gambo e cappello, ne comprende di minuscoli, persino invisibili a occhio nudo. Alcuni sono buoni: «È un fungo il Saccharomyces cerevisiae, il lievito che si usa per panificare, produrre la birra o il vino, così come il Penicillium roqueforti, la muffa che pervade i formaggi erborinati, dal nostro gorgonzola al francese roquefort». A raccontarmelo la dottoressa Pieranna Martino, microbiologa e professoressa associata presso l’Università degli Studi di Milano. Suo il merito di avermi ricordato il brano dei Jefferson Airplane. Ma anche quello di avermi aiutato a fare un po’ d’ordine tra i miceti.
«Ci sono funghi patogeni, come gli Aspergilli (responsabili di affezioni allergiche e polmonari, ndA). Ce ne sono sulla nostra pelle, come la Malassezia, e nel nostro microbiota, anzi, micobiota intestinale, e in genere sono innocui. Prendi la Candida albicans: nei soggetti sani è presente in quantità molto basse, senza conseguenze, ma in determinate circostanze può proliferare e dare luogo a infezioni come il mughetto o le micosi vaginali». In particolare, le circostanze sono quelle degli individui che, negli ultimi anni, abbiamo imparato a definire genericamente fragili: bambini, anziani e, soprattutto, soggetti immunodepressi e/o debilitati da altre patologie.
C’è, in particolare, un tipo di Candida, denominata auris (perché isolata per la prima volta nel condotto uditivo di una paziente giapponese) che ultimamente sta creando un certo allarmismo. Basta leggere alcuni titoloni usciti di recente sui giornali e in rete: “Il fungo killer uccide a Milano: uomo morto per la Candida auris” (MilanoToday); “Questo fungo killer dalle misteriose origini desta preoccupazione in tutto il mondo” (National Geographic); “Candida auris, perché è così pericoloso e perché resiste ai farmaci” (La Stampa).
«La Candida auris mostra resistenza agli antimicotici comunemente usati nelle infezioni fungine», conferma la microbiologa. Una resistenza che si potrebbe mettere in correlazione con un uso indiscriminato di questi farmaci, contro i quali alcuni ceppi avrebbero sviluppato una sorta di difesa. L’infezione può risultare particolarmente severa, fino alla sepsi. «Per esempio in chi ha ferite cutanee, dispositivi medici invasivi come i cateteri venosi o vescicali e comunque in chi manifesta problemi di salute pregressi e un sistema immunitario fortemente indebolito». Ecco perché l’allarme per il “fungo killer” è partito e resta circoscritto nelle strutture ospedaliere. Mentre «a oggi non esiste il rischio per un contagio nel quotidiano», come affermato dal dottor Roberto Gindro su The Wom.
Con buona pace dei titoli clickbait, tiriamo un sano sospiro di sollievo per epidemia schivata. Un incubo in meno a popolare i sonni agitati anche di chi – come la sottoscritta – non aveva mai giocato a The Last of Us sulla Playstation, ma poi ha visto la serie su Sky Atlantic, interiorizzando un nuovo incubo: il Cordyceps, micidiale fungo che nella fiction colonizza gli umani trasformandoli in zombie (come si dice faccia anche IT Alert in combutta col 5G, ma questa è un’altra storia).
Poi, vai a guardare e scopri che il Cordyceps esiste, in ben 600 varianti. È un fungo parassita pericoloso per gli insetti (che, sì, se lo contraggono “impazziscono”) ma – pare – benefico per l’uomo. Tanto da essere usato in integratori miracolosi, tonici e rinvigorenti, che rafforzano il sistema immunitario e addirittura combattono i tumori. Grande sostenitrice anche Gwyneth Paltrow: sul suo sito di e-commerce Goop commercializza diversi prodotti contenenti Cordyceps che, a suo dire, è persino un booster per la libido di tutti, ma specialmente degli uomini. Qui, ci starebbe una battuta un po’ forte sulle sue celebri candele profumate e la Candida albicans. Ma no, non la farò.