Quello di Carmine Gorrasi, enfant prodige della cucina scoperto dal programma tv MasterChef (di cui è stato il secondo classificato nell’ultima edizione), è un sogno che parla di culture, viaggi nel mondo, contaminazioni. Da quando a 12 anni ha iniziato a mettersi i fornelli, non ha più smesso, continuando a studiare e raffinare le sue tecniche prima a casa, e poi direttamente nella temibile cucina di MasterChef dove nonostante la giovane età è stato uno dei concorrenti più sorprendenti della trasmissione. Non ha mai mollato – cosa che in molti forse immaginavano visto che Carmine è poco più che un ragazzo – continuando a lavorare e studiare come ha sempre fatto, dentro e fuori lo show: «Quando cucini stai usando degli strumenti. Il risultato finale non è una canzone ma un piatto. Entrambe le cose coinvolgono i sensi, provocano piacere, scatenano emozioni».
Carmine è giovane, e per questo sogna in grande: una cucina libera di girare il mondo per reinventarsi nelle sue idee e nei suoi piatti. Un’immaginazione fusion, che dalle ispirazioni del mondo torna sempre a relazionarsi con la sua cultura partenopea. In un ambiente iper-competitivo come quello della cucina, Carmine sta cercando la sua dimensione. Carmine non è solo uno chef, ma un vero sognatore, il ritratto perfetto del dreamer. Noi lo abbiamo raggiunto per farci raccontare cosa significa vivere un sogno in così giovane età.
Ciao Carmine. Spesso quando sentiamo gli chef parlare del loro rapporto con la cucine le parole usate sono amore, per il cibo e le materie prime, dedizione e studio. Cosa rappresenta per te la cucina e come l’hai scoperta?
La cucina, e in generale tutto quello che riguarda cibo, sono la mia più grande passione, ciò che mi fa sentire più realizzato e orgoglioso di me stesso in assoluto. Da un po’ di tempo a questa parte la mia vita dipende sostanzialmente dal cibo: i miei studi, la mia professione, l’80% dei miei pensieri, la mia quotidianità. Avevo 12 anni quando ho iniziato ad appassionarmi sempre di più a programmi culinari in tv. Un giorno ho deciso di imitare qualcuno di quei personaggi che stavo guardando nei miei pomeriggi. Io e mia sorella abbiamo preparato un pranzo della domenica per la nostra famiglia. Abbiamo quasi dato fuoco alla cucina ma per me era scattata la scintilla, letteralmente.
Durante la tua permanenza a MasterChef hai dimostrato che avevi tutti i mezzi in regola per realizzare questo tuo sogno. In particolare si è visto quanto ti fossi preparato, quanto avessi studiato per arrivare pronto in quell’occasione. Dove vorresti arrivare? Qual è il tuo obiettivo?
Sono una persona molto ambiziosa. Trascorro le mie giornate a pensare al mio futuro, a come potrebbe essere, a come mi immagino da grande, a cosa fare per ottenere ciò che desidero più di tutto. Mi piace sognare, lo faccio in continuazione; MasterChef mi ha davvero dato l’opportunità di credere che i sogni possono davvero realizzarsi. È stata un’esperienza unica, mi ha arricchito tantissimo, sia a livello umano che in ambito culinario. Ma voglio che il sogno continui e che questo sia solo l’inizio. Ho imparato che bisogna andare avanti un passo alla volta, altrimenti perdi di vista tutto e rischi di perderti. Quindi procedo, determinato e consapevole.
La cucina è il tuo sogno da adulto, o almeno da ragazzo visto la tua giovane età. Ma da piccolo avevi altri sogni? Ci vedi qualche legame tra i due?
Fa ridere ma il mio sogno da bambino era di fare il veterinario. Il desiderio di fare qualcosa per il prossimo e di dedicarsi agli altri è ancora presente ma ha preso una piega totalmente diversa. Ora lo faccio tramite la trasformazione del cibo, la creazione di piatti che le persone possono gustare provando emozioni connesse al momento dell’assaggio.
Hai già incontrato il tuo piatto dei sogni?
Per il momento il piatto che si è avvicinato di più a quello dei miei sogni è un piatto fusion. Si tratta di una combinazione di sapori ambigua che mette insieme ingredienti e preparazioni di due culture diametralmente opposte: da un lato la cucina campana, quella delle mie origini, e dall’altro la cucina giapponese, la mia preferita. Il piatto è una rivisitazione di una parmigiana di melanzane, composto da un cubo di melanzana fritta ripiena di provola glassata con una teriyaki di pomodoro, fonduta di parmigiano e pesto di basilico.
Il mondo degli chef è pieno di personalità importanti. A chi ti ispiri? E per quali qualità singole?
Enrico Crippa, Massimo Bottura e ultimo ma non per importanza Chef Antonino Cannavacciuolo. Ho avuto l’onore di conoscere e condividere del tempo prezioso con due dei tre grazie a MasterChef. La loro è cucina da visionari. Ciò che più apprezzo della cucina di chef Crippa è la sua semplicità e il suo approccio agli ingredienti. È come se lui parlasse col cibo. Di Cannavacciuolo amo il visibile attaccamento alle sue origini. I suoi piatti raccontano da dove viene, cosa lo ha portato a diventare chi è oggi, sono un ringraziamento alla sua terra che è anche la mia. Di Bottura c’è poco da dire, è un idolo che continua a scrivere la storia della nostra cucina.
Come immagini la tua cucina dei sogni?
In cucina come nella vita non amo le chiusure. Voglio che la mia sia aperta, inclusiva. Amo viaggiare e assaggiare piatti tipici e sapori autentici di altri paesi. Il mio sogno è quello di riuscire a integrare in qualche modo le culture, racchiudere le diversità nei piatti ed elevarle, ricavare tutte le varie sfaccettature di elementi differenti che si incontrano e si fondono creando pura bellezza. Il mio punto forte è la capacità di immaginare come due sapori possano fondersi insieme e cercare il modo giusto per far sì che il connubio funzioni.
Dentro MasterChef, ma soprattutto fuori nella vita, il tuo lavoro è sicuramente complesso e pieno di difficoltà. Quali sono quelle che fino ad ora hai dovuto affrontare e quelle che ti spaventano di più?
Sono passato velocemente dall’essere un ragazzino che vive e studia nel suo paesino a un ragazzo che si relazione con persone e realtà molto più grandi di lui. Certe volte ho paura di bruciare le tappe e perdermi dei passaggi importanti. Cerco sempre di trovare un equilibrio tra l’essere un ventenne che deve viversi la sua gioventù e spensieratezza con l’essere anche un ragazzo che ha già avuto la possibilità di iniziare a progettare concretamente il suo futuro e deve starci dietro se vuole avere successo.
In ultimo ti faccio una domanda dove puoi lasciare spazio a tutta la tua immaginazione: il tuo servizio dei sogni. Chi vorresti al tavolo? E cosa prepareresti?
Gli chef di cui sopra ma anche il mio artista musicale preferito in Italia, ovvero Francesco Servidei, in arte Frah Quintale. Proporrei un menù con pietanze ispirate alle sue canzoni, quelle che ascolto tutti i giorni e spesso anche quando sono all’opera in cucina. Oltretutto non chiedetemi il come e il perché ma di recente per puro caso ho quasi realizzato questo piccolo sogno.