E se non ne bevi uno in compagnia, non ci fidiamo. Non è l’ennesimo bianchetto ingollato per disperazione al bar, quando gli amici premono e ricordano che “in vino veritas”. L’avessero avuto quando il latino andava di moda, forse avremmo un ipse dixit dedicato anche alla bevanda black as midnight on a moonless night (David Lynch docet), che presiede al momento limbico della pausa e fornisce una scusa per stare insieme e contempolare la superficie di una tazza – o tazzina, vedetevela voi – di caffè.
Non siamo mai così sinceri come davanti a un espresso, insomma. Lo sa bene Lavazza, che non solo del caffè ha fatto professione, ma che dal 2018 fa accadere uno dei formati più “svelati” in circolazione: Basement Cafè. E che, giunto alla sesta edizione, si rinnova con un abito live, per confermarsi «ancora di più come un luogo di contaminazione, di scambio culturale e di dibattito su tematiche rilevanti rispetto alla società in continua evoluzione in cui viviamo», così Carlo Colpo, Marketing Communication Director e Brand Home Director del Gruppo Lavazza.
Ciò a cui fa riferimento Colpo è la peculiarità di questo “hub digitale”, reso famoso per aver ospitato le conversazioni dei sogni di molti (avete detto Guè feat Fabri Fibra?) e altre che sembrano uscite direttamente dal metaverso (Mahmood ed Enrico Mentana, che hit). Quelli che ne sanno lo definirebbero disruptive, “dirompente”, e in effetti non capita tutti i giorni che un brand heritage si metta in testa di facilitare il dibattito sul modo contemporaneo, e di farlo avvenire soprattutto attraverso le voci dei giovani.
Che poi, questi fantomatici, i giovani. Andando empiricamente, e associandoci all’osservazione di uno dei conduttori e ideatori di Basement Cafè, l’autore Antonio Dikele Distefano, i giovani non esistono. Secondo Marianna Mammone aka BigMama – tra gli ospiti della prima puntata live di Basement Cafè –, invece, la parola crea un cortocircuito: pensare che qualcuno sia “giovane” lo svaluta, ne si riconosce il potenziale ma, allo stesso tempo, una certa immaturità. La missione, allora, è sempre la più difficile: costruire conversazioni che sappiano parlare del presente, portando sul palco sguardi disomogenei ma che dialoghino tra di loro. Perché forse il punto di vista di questi giovani non risolverà l’intero reale; ma di sicuro precludere loro il contatto con interlocutori “adulti” non cambierà le cose.
Questo lo scopo della nuova missione di Basement Cafè, che nasce per staccarsi dal coro mediatico su temi come le cultura pop (la prima stagione è dedicata al debunking del mito del rap “pericoloso”), i diritti, il rispetto della diversità, l’identità sessuale e la costruzione del futuro. Dopo la presenza di Sofia Viscardi alla conduzione, la coppia di master of ceremonies si riconferma, per la sesta edizione, composta dallo stesso Dikele Distefano e dall’autrice Carlotta Vagnoli. Ad aprire le danze, due conversazioni napoletane, tenutesi nella cornice di Teatro Bellini: Guè e Luchè intervistati da Dikele Distefano, BigMama e l’attore Massimiliano Caiazzo (“delfino di Napoli” perché di principe ce n’è solo uno, e Carmine di Mare Fuori). Per i prossimi appuntamenti si guarda a Roma e al 21 maggio, con due doppiette: Andrea Delogu e Margherita Vicario (intervistate da Vagnoli) e Marco Giallini e Noyz Narcos (intervistati da Dikele Distefano). Per il debutto sotto il Vesuvio, oltre al classico espresso, il pubblico ha potuto assaggiare una selezione di CoffeeTail™ a base di caffè Lavazza realizzati dal Training Center del brand con la partecipazione speciale de L’Antiquario, speakeasy napoletano in trentatreesima posizione nella 50 Best Bars per il 2023.
Non un caso che una nuova fase del format parta dalla città che più di tutte, in Italia, ha fatto parlare di sé per la sua capacità di rinascere – e una sfida non da poco per un brand che, da Torino, si associa a una tradizione molto, molto napoletana, appunto quella del caffè. «Parlare al Teatro Bellini è un sogno che si avvera», ci confida BigMama. «È un luogo pieno d’arte, molto importante per la città e la sua comunità artistica». Non importa se i suoi natali rimangono in provincia di Avellino: BigMama parla sempre al plurale, perché sa che l’esperienza di quello che lei definisce “popolo campano” è unitaria, e che ciò che vive sulla sua pelle (o nel suo Sangue, per citare il titolo del suo album d’esordio) parla delle storia di molte e di molti.
«Bisogna parlare delle cose, perché è solo facendo così che diventano normalità. A volte uno pensa che “sia capitato solo a me”, ci si sente isolati, ma non è vero. Io ho avuto questa sensazione per gran parte della mia vita. È quando ho capito che non era vero, che anche le altre persone avevano avuto esperienze simili alla mia, e che potevano capire quelle che stavo dicendo, che è arrivata la svolta. Posso risultare martellante, me ne rendo conto, rompere pure il cazzo. Ma le cose stanno come stanno. Se la sicurezza delle donne è un problema nella nostra società bisogna dirlo, allo stesso modo in cui non mi sognerei mai di dire che non sono grassa. È anche così che si costruisce comunità».
Le chiacchiere le facciamo prima del live in cui siederà a fianco di Caiazzo. I due si conoscono e si stimano, e infatti appena calcheranno le scene sarà chiara la loro forza inarrestabile di duo comico: pettinatino ma senza pretese lui, portamento del gentleman a neanche trent’anni; un tornado lei, si presenta alle riprese con una maglietta con la faccia di lui sopra e una dedica al personaggio di Mare Fuori, quel Carmine che l’ha portato nelle case di circa tutti gli italiani. «Penso che per passare messaggi importanti si debba anche scherzare, così buchi la bolla, riesci davvero a far capire quello che stai dicendo. È recitazione spiccia, trovare un modo di tenere alta l’attenzione dello spettatore. Se non fosse un’intervista sarei pronta a dichiarare che il mio hobby preferito è raccontare le barzellette. Poi va a finire che lo scrivi nel titolo e diventa un’altra di quelle interviste scabrose: “Io, BigMama, vivo di freddure”».
Il gioco è naturalmente metateatrale, anche se qui l’intenzione è diversa. Marianna continua: «Basement Cafè è prezioso perché permette di parlare senza filtri, senza l’occasione diciamo. Come artista arrivi a patire le interviste a tesi, quelle che vedi che mirano a un titolo forte e sono a posto così, che cercano di spingerti a dire “la cosa-scandalo”. Qui non succede. E poi si possono unire serio e faceto con più leggerezza, come piace a me. Ognuno di noi alla fine fa la propria parte, ma la pace nel mondo, diciamocelo, la vuole solo Miss Italia. La mia urgenza è aprire le porte al dialogo, far passare qualcosa. Visto che siamo a Napoli, dico anche questo: parte di questo messaggio, oggi, è levarci di dosso lo stereotipo del terrone, parola che non avevo mai sentito prima di trasferirmi al Nord. Senza nemmeno parlare della musica poi, a Napoli e in tutta la Campania si nasce con la musica dentro, e il riconoscimento che stanno avendo e che hanno sempre avuto i nostri artisti lo dimostra. Ecco: secondo me, che Lavazza sia qui vuol già dire che siamo fuori dal periodo buio diciamo, e che non deve essere un’occasione fuori dall’ordinario. Perché altrimenti torniamo a essere un ghetto».
L’invito, naturalmente, è a far proseguire la conversazione, sia tra noi e queste parole che tra BigMama e Caiazzo. Quest’ultima sarà online sul canale YouTube Basement by Lavazza a partire da maggio. Nel frattempo, portatevi a casa questa lezione: le storie migliori, come in Coffee and Cigarettes di Jim Jarmusch, nascono spesso attorno a una casuale tazza di caffè. E attenti a rifiutarne una, perché potreste passare dalla parte di chi non ha niente da dire.