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Volere tutto, in fretta, godendo poco: sopprimere l’appetito ci renderà felici?

Un farmaco antidiabetico - l'Ozempic - sta letteralmente facendo passare la fame agli americani, diabetici e non. Inclusa Kim Kardashian, entrata grazie a lui, si dice, nel famigerato abito di Marilyn. Polemiche a parte, oltreoceano non sono mai stati così contenti (o almeno, pare)
Kim-Kardashian-Met-Gala-2022

Foto: Cindy Ord/MG22/Getty Images for The Met Museum/Vogue

«Una volta mi hanno detto che avevo una personalità da 36, la taglia. Che parlavo da più magra di com’ero. Nessuno lo dice, tutti lo sanno. Essere magri ti dà potere».

Queste frasi sono state pronunciate da un’americana, ma non avrebbero stonato nei quartieri up-and-coming di Milano, dove ritrovarsi per l’aperitivo – poi, dritti a cena – è d’obbligo, non rifiutare mai il bicchiere pure, sebbene siano tutti sono magri, sfilati, bellissimi. Sì, anche le mamme al primo figlio, con il passeggino di fianco al tavolo: proprio gnocche. Nella metropoli il rituale sociale si consuma di fronte a una facciata di godimento, accompagnata da porzioni mignon, piatti lasciati a metà (la scarpetta sta rigorosamente male su tutto) e mugugni inframmezzati tra una pausa sigaretta e l’altra: «Sì, ma tanto domani dieta». «Buono, eh, ma mi sento così piena…». Insomma: mentre la body positivity impera sugli scoli di cultura online, la realtà fisica viaggia ancora sull’antica dicotomia: magro-grasso, bello-brutto, cool-sfigato. E il desiderio finisce sempre dalla parte degli anni Novanta, quando Kate Moss ci ha insegnato – suo malgrado – come vivere il mondo in passerella e avere potere: con i vestiti larghi, e gli spigoli di chi ha deciso che il piacere (almeno, quello provocato dal cibo) non gli serve.

A chi scrive non interessa sindacare sul valore più o meno intrinseco della magrezza; piuttosto, constatare che “essere magri” è passato a essere una questione di attitudine. Un mito, oggi come ieri, raggiungibile seguendo una piccola formula preconfezionata, che non comprende alcuna pratica avvilente quale sottomettersi a diete ferree o scambiare il latte intero per il totalmente scremato (che, tra l’altro, può ancora dirsi latte?). No: per scimmiottare il corpo di Hailey Bieber (o Zendaya, decidete voi) è arrivata una soluzione incredibilmente più semplice, che non comprende nemmeno la sbatta di cambiarsi in pantaloncini e sottostare alle angherie maniache di un personal trainer. Si chiama Ozempic, è un farmaco nato per trattare adulti affetti da diabete di tipo 2, e – secondo l’ultima storia di copertina del New York Magazine (da cui proviene la citazione di apertura) – negli Stati Uniti lo usano tutti, diabetici e non, a partire da quelle celebrity di cui vorremmo replicare la silhouette. Perché l’Ozempic ti fa passare l’appetito, e – tra botte piena e moglie ubriaca – promette la chimera di quelle cene milanesi: essere splendidi, non avere più bisogno del cibo, elevarsi al di sopra dell’essere umano comune. Il tutto con una semplice punturina.

L’Ozempic replica la presenza dell’ormone GLP-1 nell’intestino, aumentando la quantità di insulina prodotta dal pancreas a seguito dell’ingestione di cibo e facendoti sentire «fatto di Adderall: una dose piccola, e senza gli effetti collaterali». Un segreto discreto, magico magico, da portare sempre con sé e non abbandonare mai. Anche perché, altrimenti, si riprenderebbe tutto il peso di prima, se non di più. E lui tornerebbe, antico nemico di tante notti insonni passate a rigirarsi nel letto: l’appetito, il desiderio; ciò che ci rende umani e che, invece, vorremmo andasse via. Per essere un po’ più simili ai filtri di TikTok o al girovita di Kim Kardashian, e liberarci, una volta per tutte, dal peso di portarci dietro un corpo che vorremmo fosse più leggero. Per essere, così ci hanno detto, felici: perché se chi ha quel corpo è amato da tutti, allora voglio essere amata anche io. Voglio trasformarmi in un cyborg, e non tornare più indietro. Ozempic, a me.

Facile? Mica tanto. Il problema è che, più che Mecca dell’autodeterminazione e nuovo sogno americano, le punturine 2.0 sembrano l’ennesimo goffo tentativo di “volere tutto” a zero fatica. Un capriccio schiavo delle dinamiche FOMO dettate dalla velocità di aggiornamento algoritmica dei feed dei social network che ci convincono di poter cambiare la nostra vita con uno scroll, a ogni momento. Il cibo, in questo senso, è stata una delle categorie più bistrattate dagli albori di Instagram: ve lo ricordate, quando tutti postavano foto bruttissime di uscite #foodie e #foodporn? Ecco: non erano una dimostrazione di amore per il cibo, bensì di essere usciti, di aver provato quel posto di cui chiunque parlava, di non essersi persi nulla. Poi, dietro le quinte, tutti a fare dieta per cinque giorni per concedersi quella maxi-pizza da 235 like più commenti. Il cibo, quello vero, non l’abbiamo mai voluto. Vogliamo esattamente quello che può farci fare bella figura, darci potere, farci assomigliare a una taglia 38: mangiare sporadicamente, nel locale giusto, a fatica-zero. Nell’Ozempic-cene (nel senso di era, non che magni), ogni piacere è subito guilty, e il godimento alimentare viene ucciso a suon di iniezioni. E chissenefrega se la sera hai lo stomaco che si rivolta dai crampi: «ti puoi sempre bere un tè con un po’ di magnesio, uno Xanax, e via a dormire».

Ci sarebbero da aprire diverse parentesi: sul valore di un complimento – «Ti trovo benissimo, sei dimagrito?» – che in barba a tutta la body positivity e gli -ismi prodotti negli anni è ancora in cima alla lista dei preferiti; sulla veloce efficacia che esigiamo da qualsiasi azione, unita alla pretesa di eliminare qualsiasi sforzo. D’altronde, così come c’illudiamo di essere profondi conoscitori della questione palestinese perché abbiamo letto un paio di story su Instagram, allo stesso modo reclamiamo il nostro corpo da sogno in poche settimane, semplicemente bucherellandoci lo stomaco con qualche punturina sottocutanea.

Le star, chiaramente, vengono incolpate di cavalcare il trend del momento alimentando il gioco perverso del bue che dà del cornuto all’asino. Non stupisce che la miccia provenga dal clan Kardashian. Prima, con la bufera per il supposto Brazilian Butt Lift sfoggiato per anni, e con orgoglio, da Kim, e che oggi pare disimpiantato per adeguarsi alle mode skinny di ritorno. Postilla: alla fine, Stromae ha ragione quando, in Tous les mêmes, dice che l’unica cosa eterna è proprio Kate Moss (già: ero-chic is SO back). Poi, è arrivata la sorella Khloé, “accusata” da alcuni fan di essersi appoggiata all’Ozempic per ottenere un dimagrimento rapido e altrimenti impossibile. Infine, le polemiche sul K-lan sono state coronate dallo sfoggio da parte di Kim, al Met Gala 2022, dell’iconico abito “Happy Birthday, Mr. President” di Marilyn Monroe (a detta della fanbase, troppo stringato per le curve di KK). Ma la lista potrebbe continuare, arrivando a includere Elon Musk, che ha ammesso di aver fatto ricorso a un dimagrimento d’urto somministrato con Wegovy, farmaco che funziona tramite lo stesso principio attivo dell’Ozempic.

Sfogliando gli strati del pettegolezzo e della polemica online, però, possiamo tornare alla cena che descrivevamo all’inizio; provare a origliare quando il discorso cade su “questi famosi qua” che ora pensano di poter fare quello che vogliono con il loro corpo e, solo perché sono ricchi, diventare delle divinità. Passati i due minuti di moralismi, i commensali si guarderanno imbarazzati nel silenzio, finché qualcuno oserà: «sì, però, avessi i soldi, lo farei anche io».

Vedremo, quindi, quale sarà la parabola dell’Ozempic. L’ipotesi più probabile è che se ne andrà così come è arrivato: con una storia di copertina, una moda, un soffio. Sostituito dal prossimo metodo di felicità straordinaria, pronto per renderci un po’ più cyborg, ogni giorno di più. In ogni caso, ce ne accorgeremo: a cena, ai tavoli di fianco, le persone mangeranno sempre meno, saranno sempre più belle. Probabilmente, non riusciremo più a distinguerle dagli ologrammi del metaverso. E chi, invece, oserà portarsi ancora addosso lo strascico dei vizietti umani, questo ostinato piacere, se ne andrà, confinato in apposite colonie per non inquinare il paesaggio della gentrificazione. Dove non avranno nulla, tranne la fatica.

Prima di giungere a ulteriori conclusioni, però, fatemi fare un attimo una corsa dal mio spaccia-farmaci di fiducia: io, l’Ozempic, mica l’ho mai provato, e chissà che non riesca a farmi rientrare dentro il vestito da reginetta del ballo che indossavo il giorno che mi sono diplomata al liceo. Lì sì che avevo il mondo ai miei piedi: ero bellissima, e mia mamma a momenti mi insultava per quanto ero magra. Era circa un anno che avevo deciso di saltare un pasto al giorno, e, anche se scopavo sì è no, non mi ricordo di essere mai stata più felice di allora. Pensate che ora lo posso fare senza nemmeno fare fatica. Wow.

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