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Il mondo brucia, ma il Pumpkin Spice Latte arriva sempre prima

Starbucks ha deciso: l’autunno, quest’anno, è cominciato il 24 agosto, data in cui ha riportato nei suoi store il famigerato Pumpkin Spice Latte. Ma che cosa si nasconde dietro questo beverone speziatino? E perché facciamo finta che il 24 agosto non si muoia ancora di caldo?

Alla fine è successo: Starbucks ha rimesso sul menù la “bevanda” che davvero nessuno, tranne gli americani, può davvero comprendere. È mezza marrone, mezza arancione. Non ti vien voglia di avvicinarla alle labbra se non è stata prima coperta da una generosa quantità di panna montata, spruzzatina di cannella on top. Ogni anno, quando si avvicina la stagione in cui le foglie toccano terra, si impossessa degli schermi della più popolare catena di café americain. Dovrebbe ricordare una torta alla zucca. A questo punto, avete capito: stiamo parlando del Pumpkin Spice Latte, il re dell’autunno, almeno secondo la squadra marketing di Starbucks, che ha prontamente ingaggiato Ed Sheeran con grembiule di barista perché, come sappiamo, esce Autumn Variations, e poi è l’anno in cui le celebrities passano dall’altra parte del bancone. Lo stesso Starbucks che, da un po’ di tempo, cerca di rassicurarci sulle nostre ansie climatiche, anticipando sempre di qualche giorno la data di lancio. L’autunno arriva sempre dopo, il Pumpkin Spice Latte sempre prima. Il mondo brucia, ma il nostro consumismo deve continuare. Nel caso del PSL da vent’anni, quando fu introdotta per la prima volta.

Non c’è bisogno di viaggiare negli States per capire che, questa volta, si è superata una certa linea. Il 24 agosto l’Italia era preda di temperature insostenibili o nubifragi tropicali. Le storie dalla spiaggia e da Bali erano ancora ai primi posti nei feed Instagram, e alle zucche non ci stava pensando proprio nessuno. Come scrive Jaya Saxena su Eater, lo stesso in realtà vale per gli americani. A fine agosto sono davvero poche le parti degli USA in cui si possono annusare ventate d’autunno.

L’anticipo a rotta di collo sulla stagione in casa Starbucks – che sceglie agosto dal 2018, mentre tra 2015 e 2017 era settembre; pensare che, ancora prima, il mese designato era ottobre – sembra infatti dettato, oltre che dal fatturato, da una certa idea di autunno. Un’idea ricalcata su alcune caratteristiche che la stagione presenta nello stato del New England, che si infila a Nord nella geografia della costa Est, dentro i territori del Canada. E che danno vita ad altri gusti “imperdibili”, tra cui si possono trovare doughnut, Oreo, cereali, o le patatine di McDonald’s; e ancora: apple cider, acero, marshmallow abbrustolito.

Come dice il nome, “Nuova Inghilterra”, il New England fa parte delle prime colonie che gli invasori europei strapparono ai nativi, che nel nome volevano conservare legami con i Paesi di partenza. Fu l’esploratore John Smith, nello specifico, agendo per conto della corona britannica, a chiamare la regione New England nel 1616. Quattro anni più tardi, i “padri fondatori” dell’America bianca, i Pilgrim Fathers, sbarcarono in New England a bordo della Mayflower, dando inizio alla conquista permanente, e sistematica, dell’area. I sapori dell’autunno del New England, dunque, richiamano un passato storicamente costitutivo per gli Stati Uniti contemporanei, eppure problematico per le conseguenze che l’arrivo degli europei ebbe sulla vita e cultura dei nativi. Non è un caso che il PSL, che dei sapori dell’autunno “di una volta” in New England porta il vessillo, sia classificato come “white girl drink”. Come scrive il Seattle Met dalla città che proprio al PSL diede i natali: «Come si fa un Pumpkin Spice Latte? Metti dei leggings da yoga, degli Ugg, il cappuccio di una felpa, un iPhone 5 e una ragazza bianca in un mixer».

Ironia da meme a parte, la domanda è fondamentale per capire la relazione perversa tra pianeta che va in fiamme e autunno precoce in casa Starbucks. Dunque com’è fatto, il Pumpkin Spice Latte? In teoria, come nome vuole, con la purea di zucca – vegetale molto caro all’identità statunitense. ancora una volta per questioni coloniali. Come il pomodoro, la zucca è originaria del continente americano, dove era già usata dai nativi a mo’ di maiale, visto che non se ne buttava via niente. Si sfamavano con la polpa, e con le fibre intrecciavano stuoie e giacigli. Quando gli europei, sempre in New England, si trovarono a dover fronteggiare carestie, la zucca funse da patata ottocentesca, tenendo tutti vivi e più o meno vegeti.

Nei secoli, la produzione di zucca si estese a tutta la nazione e non fece che aumentare, anche perché la popolazione cominciò presto a usarla anche a scopo ricreativo. Furono gli irlandesi, per esempio, a introdurre l’abitudine di intagliarle per Halloween, visto che erano più morbide e maneggevoli dei tuberi e radici che conoscevano in patria. E oggi non è raro imbattersi in famiglie e comitive intente a godersi la loro giornata in mezzo a un campo di zucche.

Ma qui arriva la parte divertente: nonostante l’amore viscerale degli americani per le loro zucche, Starbucks ha introdotto vera zucca nel PSL solo nel 2015. A spiegarci come la bevanda veniva miscelata tra il 2003 e il 2015 ci pensa il New York Times con un video che non le manda a dire: nel PSL erano presenti solo le spezie che ricordavano il tempo delle zucche – cannella, noce moscata, chiodi di garofano o, in alcuni casi, aromi artificiali per sopperire anche a questi – in quanto il sapore delicato della zucca non sarebbe in grado di emergere in composti ricchi di grasso o sale. Grazie a latte e panna montata, il Pumpkin Spice Latte rientra comodamente in questa categoria.

Il tanto decantato beverone, a questo punto, potrebbe cominciare a suonare come una fraud, come direbbero i suoi connazionali, o una presa in giro, come diremmo noi altri. Una bandierina di hype – ordineremmo tutti una cosa che possiamo avere solo in un periodo dell’anno, no? – da pizzare come se nulla fosse anche se, o forse proprio perché, il pianeta brucia. Come commenta Jason Fischer, Assistant Professor di Scienze Psicologiche della Johns Hopkins University, nell’intervista a Eater: «forse il perdurare del caldo ci porta a immaginare e desiderare proprio il clima più temperato che associamo al sapore di pumpkin spice, e ciò avviene sempre prima durante l’anno». Forse questa la ragione per cui Starbucks, oltre a darci il PSL il 24 agosto, ha pensato di introdurre anche due nuovi gusti autunnali in edizione limitata. Furbescamente, però, entrambi in versione Cold Brew, quindi freddi, conditi al ghiaccio: l’Iced Pumpkin Cream Chai Tea Latte e l’Iced Apple Crisp Oatmilk Shaken Espresso. La versione fredda del PSL, il Pumpkin Cream Cold Brew, è in giro già da un po’. Tirano un sasso sull’autunno, poi si accorgono che si bolle e nascondono la mano.

Per tutte queste ragioni, il Pumpkin Spice Latte si è guadagnato, nei venti anni di carriera, l’etichetta di “basic”. Conformista, noioso. Alla portata di tutti, intellettuale prima che economica. E forse, anche, perché ha venduto 600 milioni di bicchieri in vent’anni di carriera. Niente Grinch Club, quindi, per il PSL, a discapito delle mancate corrispondenze climatiche che ci stende platealmente sotto gli occhi? No, non proprio. Anzi, il Pumpkin Spice (everything, non solo Latte) è ormai diventato come il Natale: hate it or love it. Qualcuno si travestirà da renna alla Vigilia, qualcuno posterà meme stanchissimi sull’inizio ufficiale dell’autunno, ora che anche la nostra bevanda preferita ci ha raggiunto. Chi scrive pensa che il sapore del PSL sia inconsistente, che non sappia nemmeno di spezie, e che una caramella mou darebbe più soddisfazione.

Se anche voi siete i proverbiali guastafeste, non preoccupatevi. Le tessere del Club sono molte, e contano Anthony Bourdain, il quale scrisse che «Mi piacerebbe vedere la mattana attorno al pumpkin spice affogare nel proprio sangue. E in fretta». O Jimmy Kimmel, che descrisse il nuovo gusto Pumpkin Spice introdotto in una pizzeria del New Jersey come «peggio di qualsiasi cosa si sia vista al Congresso questa settimana» – in riferimento ad alcune vicissitudini parlamentari statunitensi attorno alla riforma del sistema sanitario. Anche lo schieramento opposto conta però combattenti valorosi. In prima linea troviamo lei, Martha Stewart, che dichiara serafica: «Le persone adorano il pumpkin spice. Basta solo trovare il blend che piaccia a ognuno, e poi non ce ne si separa più. […] Penso proprio che rimarrà con noi».

Alla fine, tutto quello di cui possiamo essere certi è proprio questo: sia il cambiamento climatico che il Pumpkin Spice Latte di Starbucks saranno con noi ancora per un bel po’. E sarebbe carino trovare un modo più sensato di farli interagire insieme. Una cosa, però, sarebbe bene tenerla a mente, sempre: vi potranno anche vendere il PSL al banco del caffè, però alla fine è un dessert da fast food come tutti. Un bel milkshake caldo un po’ piccantino, e non c’è nulla di male nell’innamorarsi di un frappè di conforto. Sempre che, però, non si faccia finta che oltre il bordo del bicchiere vada tutto bene. Quello sì, che sarebbe bere per dimenticare.

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