Nel mondo occidentale, parlare apertamente del bagno e di tutto ciò che vi accade è considerato un tabù. Poop shame is real, e si manifesta persino nei piccoli trucchi utilizzati nei bagni pubblici o sul luogo di lavoro, come il flush hush – tirare l’acqua prima di iniziare per nascondere i rumori imbarazzanti agli orecchi dei vicini di gabinetto. Ma dall’altra parte del mondo, la conversazione sui servizi igienici è abbastanza naturale. Le persone hanno una vera passione per i bagni fatti come si deve, e questa ossessione ha assunto forme straordinarie negli ultimi due decenni, spaziando dalla musica alle creazioni culinarie ispirate a… voi sapete cosa.
Sì, viviamo in un mondo in cui i bar della pupù are a thing. La Poop-Mania è un esempio di come in Asia persino il più inaspettato degli oggetti può trasformarsi in un’icona culturale e culinaria.
Il pupù curry giapponese
La cultura giapponese è conosciuta per aver assegnato divinità a una vasta gamma di cose, e naturalmente il bagno non fa eccezione. E non è un’iperbole: ci sono effettivamente divinità legate ai servizi igienici. Nell’antichità, si praticava la venerazione di tali numi, con statue religiose collocate all’interno o addirittura sotto la tazza del water. In passato, le feci umane venivano raccolte dai contadini giapponesi per essere utilizzate come fertilizzante, dando origine alla fede locale nel kawaya kami, ovvero il Dio del bagno. Questa divinità non solo influenzava l’agricoltura, ma contribuiva anche in modo significativo alla fertilizzazione.
Con il passare degli anni, la devozione alle divinità legate al bagno non è affatto diminuita, anzi, ha continuato a evolversi. Nel 2010, la canzone Toire no Kamisama (Il dio nel bagno) ha portato la cantante, Kana Uemura, a vincere il disco d’oro. Ma il fascino giapponese per questo argomento non si è fermato alla musica. In Giappone, esistono centinaia di ristoranti e caffetterie a tema bagno, nati più che dalla venerazione per le divinità stesse dall’idea che tutto nel Paese del Sol Levante è Kawaī かわいい (adorabile), pure la cacca. La pupù in Giappone ha lo stesso effetto di un endorsment di un influencer: attira la gente. Questo è ben noto al proprietario del Kiyosato Restaurant and Cottage Boku a Hokuto, il quale ha visto un incremento dei clienti dopo aver introdotto il gelato Ku Soft. Servito in una coppetta a forma di gabinetto, questo gelato al cioccolato dal design scontato viene accompagnato da un cucchiaio con uno sticker a forma di mosca e da un lungo bastoncino di zucchero di canna karinto che assomiglia in modo evidente a una pupù.
Tokyo è stata invece l’epicentro di un audace esperimento culinario: il Curry Shop Shimizu. Nel 2015, Ken Shimizu, noto come Shimiken e famoso per le sue centinaia di film per adulti, ha aperto un ristorante pop-up specializzato in un piatto che riproduce sia la consistenza sia il sapore delle feci umane, chiamato “Poo-Flavoured Curry”. Questo stravagante curry veniva servito in contenitori a forma di tradizionale vasino giapponese. La motivazione di Shimiken per aprire un ristorante del genere era alquanto singolare come il locale stesso: “Prima di morire vuole svelare il mistero del vero sapore delle feci”, ha detto Hiroki Okada, il manager del ristorante e mente creativa dietro questo insolito piatto. Il proprietario e lo chef del ristorante hanno ignorato le statistiche di mercato che indicavano che l’85% delle persone non avrebbe mai messo piede in un luogo del genere e hanno deciso di aprire comunque. “Non si tratta tanto di saziare l’appetito – ha proseguito Okada – quanto di regalare ai clienti un momento divertente. Il curry è solo un pretesto.” E il loro audace approccio ha pagato profumatamente. Nell’unico anno di attività il Curry Shop Shimizu ha riscosso un successo travolgente, attraendo persino attori e cantanti di fama. Prima della chiusura, nel 2016, hanno anche svelato gli ingredienti di questo piatto infame: cipolla, carota, pollo tritato, zucca amara, cacao, tè verde e curry in polvere. A completare questa creazione culinaria c’era il kusaya, un pesce sgombro essiccato al sole e salato che emana un odore simile a quello delle feci canine.
La poop mania nei K-drama
Dall’altra parte del mare, in Corea del Sud, le feci hanno conquistato uno status iconico grazie alle loro associazioni con la ricchezza e la fortuna. Le credenze locali vogliono che sognare di feci (senza interagire direttamente con esse) è presagio di successo nella vita. In tempi più recenti, l’immagine della pupù, specialmente quella con la caratteristica forma di montagnola ricurva tipica dei manga giapponesi, è stata integrata in ogni aspetto della cultura pop coreana. È possibile trovare quest’iconica immagine ovunque, dalla moda all’arte urbana, dai bar ai musei, persino nei dessert. Chi si trova a Seoul può imbattersi nel Ttongppang 똥빵 (letteralmente poo bread), un dolce venduto in strada. Questo particolare pane ha la forma di una piccola montagna di feci, farcita con vari ripieni, tra cui i più popolari sono la pasta di fagioli rossi con i pezzetti di noce e il cioccolato.
Chi è alla ricerca di un Instagrammable moment può prendere un drink al Ddo-Ong Café, dove tutto è concepito attorno al tema dei servizi igienici. Qui, cuscini a forma di feci adornano i tavoli, piccoli sturalavandini decorano le pareti, e gabinetti a squat sono posizionati strategicamente per permettere ai clienti di scattare selfie. Per un piccolo extra rispetto ai prezzi del menù, il caffè viene offerto in tazze a forma di toilette e gelati e waffle a forma di feci in ciotole somiglianti ai water. La ciliegina su questa torta trash è data dalla presenza di bambole esposte che simulano reali flatulenze. Anche il mondo della cinematografia e della televisione coreana non è immune a questa ossessione, e questo tema è presente in quasi tutte le commedie e i k-drama.
Celebri serie come Coffee House, Dream High, Hyena, My Girl, e Playful Kiss contengono scene e battute che cavalcano questo umorismo scatologico decisamente esplicito.
Il ristorante a tema bagno per educare le persone in Indonesia
In alcuni angoli dell’Asia, l’inaspettato connubio tra cibo e toilette rappresenta molto più di una semplice eccentricità passeggera; è, piuttosto, una scelta ponderata e impegnata. Un esempio emblematico di questa unione tra gastronomia e servizi igienici si trova in Indonesia, dove ha preso vita il primo “Caffè Bagno” con una missione ben precisa, ovvero l’educazione. L’Indonesia si trova a fronteggiare uno dei tassi più allarmanti di defecazione all’aperto del mondo. Dietro a questa iniziativa c’è Budi Laksono, un esperto di sanità pubblica con una precedente carriera nell’amministrazione locale e due obiettivi: istruire la popolazione sulle corrette pratiche igieniche e promuovere l’adozione diffusa dei bagni. È così che ha preso vita il Jamban Cafe (Jamban, in indonesiano, significa bagno). Qui, i pasti vengono serviti in veri e propri water a squat, mentre i clienti prendono posto su sedie rudimentali create con toilette posizionate verticalmente. La realizzazione di questo ristorante insolito è stata resa possibile grazie al contributo di donatori eterogenei, tra cui professionisti medici e associazioni che promuovono l’igiene pubblica.
Nonostante alcune critiche iniziali, legate soprattutto a presunti conflitti con la legge islamica, il Jamban Cafe rimane un potente richiamo al fatto che ancora oggi, in varie zone dell’Indonesia, molti cittadini non hanno accesso a servizi igienici adeguati. E per coloro che dovessero trovare questa esperienza culinaria troppo insolita da digerire, un pratico sacchetto per il vomito è messo a disposizione proprio all’ingresso.
Oltre al mondo dei ristoranti, in Indonesia esiste una bevanda unica strettamente connessa alla pupù. Si tratta del kopi luwak, famoso per essere uno dei caffè più pregiati e costosi al mondo. Questa bevanda unica viene prodotta utilizzando le ciliegie di caffè che vengono mangiate, parzialmente digerite e poi espulse da creature simili a civette, chiamate Luwaks. Gli esperti sostengono che parte della sua straordinarietà risieda nel fatto che questi animali selezionano le ciliegie di caffè più prelibate, quasi come se agissero da raffinati sommelier naturali. Fino a qualche tempo fa, il caffè kopi luwak non era affatto un grande affare.
Ma poi, nel 2007, è stato menzionato nel film “The Bucket List” con Jack Nicholson e Morgan Freeman. Ed è stato subito hype. L’interesse ha raggiunto livelli sorprendenti, e affaristi scaltri sono stati pronti ad approfittare di questa nuova follia. Ma mentre il caffè delle civette guadagnava popolarità, e l’Indonesia diventava una meta turistica in crescita, sempre più civette selvatiche venivano tenute prigioniere in gabbie all’interno delle piantagioni di caffè. Una ricerca condotta dall’Università di Oxford, in collaborazione con l’organizzazione no-profit World Animal Protection, ha esaminato le condizioni di vita di circa 50 civette selvatiche tenute in cattività presso 16 piantagioni a Bali. I risultati, pubblicati sulla rivista Animal Welfare, dipingono un quadro piuttosto desolante. Ogni piantagione ispezionata ha fallito clamorosamente i requisiti fondamentali per il benessere degli animali.
In Cina i ristoranti toilette per alleviare lo stress
La Cina, pur non avendo mai manifestato una particolare predilezione per i ristoranti a tema, ha assistito all’emergere di diverse tavole e caffetterie con un insolito richiamo al bagno. Le motivazioni di tale fenomeno spaziano dall’aspetto economico a quello del sostegno mentale, soprattutto nei confronti dei giovani. “Ho aperto questo locale principalmente per offrire ai rgazzi un rifugio dalla frenesia del lavoro e della vita quotidiana”, ha dichiarato il fondatore del primo ristorante a tema bagno di Pechino. La taverna, aperta nel 2009, aveva sedie che imitavano da vicino veri water, stoviglie che assomigliavano a mini gabinetti e vasche da bagno trasformate in tavoli. Il loro piatto principale portava un nome che non ammetteva fraintendimenti, Cacca nera secca da costipazione.
La conferma che questi stravaganti ristoranti siano mirati soprattutto ai giovani è giunta dal proprietario del “Libra Sagittarius Toilet Themed Restaurant” di Hangzhou. “Gli studenti universitari hanno una mentalità aperta, sono curiosi e seguono le tendenze. – ha spiegato Jin Xiang – Questo tipo di ristorante alternativo riesce facilmente a catturare la loro attenzione. Infatti, poco più di due settimane dopo l’apertura, il 90% dei nostri clienti sono studenti universitari.” In alcuni casi, l’ispirazione per questi locali ha radici nei gusti dei giovani, o meglio in ciò che vedono in televisione.
Il taiwanese Dao Ming Zi, un ex banchiere, ha rivelato che l’idea per il suo ristorante a tema bagno è venuta da un personaggio robot di un cartone animato giapponese, Dr. Slump, che adorava “giocare con la cacca e mescolarla con uno stecchino.” Da questa stravagante ispirazione è nato prima un redditizio negozio di gelato al cioccolato a forma di pupù, e successivamente la catena di ristoranti Modern Toilet. Questi sono locali, dove tutto, ma proprio tutto, ruota attorno al bagno. I muri sono rivestiti con piastrelle a scacchi e decorati con docce, mentre dal soffitto pendono sturalavandini e luci a forma di feci.
I clienti pranzano seduti su wc in acrilico (non funzionanti) decorati con rose e conchiglie e i tavoli su cui vengono serviti i pasti sono lavandini da bagno coperti da lastre di vetro. I piatti vengono offerti in mini scodelle a forma di gabinetto, mentre le bevande sono all’interno di mini orinatoi di plastica che i clienti possono portare a casa come souvenir. Ogni dettaglio è curato con estrema attenzione per ricreare un’atmosfera autentica, compreso lo scarico, il cui pulsante può essere effettivamente premuto. Le decorazioni sono talmente che nel 2018, presso un Modern Toilet di Hong Kong, un cliente estremamente confuso ha involontariamente utilizzato il sedile a forma di toilette come se fosse una vera, costringendo il ristorante a evacuare e chiudere temporaneamente i battenti per due settimane.
Questo curioso “poop gap” culturale tra il mondo occidentale e quello orientale, oltre a far sorridere, apre un’interessante finestra sulla diversità culturale. Mentre da noi c’è una ritrosia a discutere apertamente dei servizi igienici e il bagno è spesso avvolto da una cortina di segretezza, dall’altra parte del mondo si celebra la propria relazione con il bagno in modi che sfidano qualsiasi tabù. È un promemoria che non c’è un unico modo giusto di trattare gli aspetti più universali della vita. Una riflessione ironica che ci ricorda quanto possano variare le prospettive culturali, anche quando si tratta del nostro più intimo rapporto quotidiano.