Sono andato per la prima volta a seguire la Mostra del cinema di Venezia nel 1996. Ma perché, avevano già inventato il cinema? Sì, ma da poco. Ricordo ancora, fu il Festival di Sospesi nel tempo di Peter Jackson, Independence Day (visto con seduto sulle scale di fianco a me Enrico Ghezzi), del Leone d’oro a Michael Collins e lo “scandalo” del prete pedofilo Fabrizio Bentivoglio in Pianese Nunzio di Antonio Capuano. Abel Ferrara portava i suoi Fratelli, con il compianto Chris Penn, e Nicole Kidman fu la star del tappeto rosso, con l’allora marito Tom Cruise a fare da accompagnatore, per Ritratto di signora di Jane Campion. Fu un grande Festival, l’ultimo diretto da Gillo Pontecorvo. Ne sono passati di anni, di direttori meno, solo quattro (Felice Laudadio, Moritz De Hadeln, Marco Müller e Alberto Barbera, quest’ultimo in due tornate).
Una cosa che invece non cambia, mai, anzi, al massimo peggiora – o migliora, a seconda dei punti di vista – è la straordinaria capacità da parte degli abitanti e commercianti del Lido di Venezia di dissanguare chi decide di passare le prime due settimane di settembre in quel posto. Come se non ci pensassero già le zanzare da chilo che sembrano uscite da un romanzo di Michael Crichton.
Il salasso avviene in duplice forma. La prima sotto forma di alloggio. Quest’anno ho sentito cifre che neanche un attico Mayfair a Londra. La seconda tornata arriva quando sei già in loco. Perché uomini e donne sono fatti di carne. E hanno fame entrambi. E qui cominciano i dolori. Soprattutto se siete neofiti, al Lido si rischia la triplice fregatura: spendere tanto, mangiare male, essere trattati peggio. A meno che non si conosca bene l’ambiente, grazie a tattiche di mimesi affinate negli anni e un’attenta, e talvolta coraggiosa, sperimentazione. Dopo ventisette anni sono quindi giunto a una sintesi che mi permette di godere della proposta cinematografica al pari di quella gastronomica. Ma a determinate condizioni.
Numero uno: budget. Mi piacerebbe poter andare tutte le sere a cena alternando Andri e Valentino, senza ombra di dubbio i due ristoranti dove si mangia meglio al Lido (con le dovute eccezioni che poi fornirò). L’antipasto di crudi di mare di Valentino è favoloso, così come i suoi gnocchetti alla grancevola. E le seppie in umido con la polenta di Andri, ne vogliamo parlare? Ma dobbiamo essere equilibrati, almeno se si va li per lavoro, perché almeno per un giornalista freelance, se durante il Festival si spende più di quello che si porta a casa tra interviste e recensioni, allora si chiama vacanza, non lavoro. E anche per chi va lì per passione, ma non certo con comoda prenotazione all’Excelsior o al Quattro Fontane (albergo che ho sempre trovato molto più signorile ed elegante oltretutto), deve alimentare la sua passione e anche sé stesso.
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Numero due: rapporto qualità-prezzo. State sereni, nessuno vi manda da McDonald’s (che oltretutto al Lido neanche c’è). Al Lido, e sottolineiamo in periodo Festival, si può mangiare bene spendendo il giusto. Basta avere fatto tanti, tanti tentativi.
Numero tre: l’ultima è una complicata equazione tra distanza dal Palazzo del Cinema/velocità del servizio/orario in cui si decide di andare a mangiare. Una triangolazione di cui bisogna tenere conto nei vorticosi giorni del Festival, scanditi da proiezioni con ritmi serratissimi e incastri al secondo.
Detto ciò, andiamo a cominciare, ricordandoci di quello che gli esperti dicono essere il pasto più importante della giornata. E no, non è l’aperitivo, anche se la risposta è quella corretta.
Pasticceria Santin
Via Sandro Gallo, 126
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Senza ombra di dubbio il miglior bar pasticceria del Lido. Cornetti eccezionali, ma ancora di più la frolla di riso. Cappuccino ottimo, e, consiglio veramente sentito, andate sempre via con una scorta di biscotti di frolla allo zafferano. Danno dipendenza, ma che importa. Santin è a quindici minuti a piedi dal Palazzo, ma se avete preso casa da quelle parti rappresenta una tappa praticamente obbligata. Se invece state dalle parti dell’imbarco di Santa Maria Elisabetta, il Bar 9 a Via Doge Michiel è perfetto.
Pasticceria Caldara
Via Sandro Gallo, 145
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Avete bisogno di un Crodino e due tartine per scacciare la fame come aperitivo prima di pranzo? Questo è il posto che fa per voi. Sette minuti a piedi dal palazzo, quattro dall’Excelsior, ancora su via Sandro Gallo. Per la vicinanza con il PalaBiennale (è praticamente di fronte) è molto gettonato dagli accreditati, quindi dovete cogliere il momento giusto per trovare un tavolino, ma in ogni caso non c’è mai da attendere molto. Rustici buonissimi; soprattutto, se vi allungate e vi trovate a dover mangiare anche una cosa al volo per pranzo, i loro tramezzini sono eccezionali (quello crema di tonno e uovo meraviglioso). E qui occorre una piccola digressione…
Il tramezzino veneziano
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Il tramezzino veneziano è diverso da quello torinese, di cui è comunque parente, e soprattutto da quello romano. Se quest’ultimo si distingue per la le linee geometriche perfette e squadrate, un poliedro di rara eleganza e funzionalismo, il tramezzino veneziano si basa invece sul concetto di accogliente ventre materno – non a caso, la prima cosa che viene in mente guardandolo attraverso la vetrina del bar è la Madonna del Parto di Piero Della Francesca. E un tramezzino veneto fatto a regola d’arte vale quanto un capolavoro del Maestro di Borgo San Sepolcro, anche perché con due stai a posto fino all’aperitivo.
L’aperitivo
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Partiamo da un presupposto: che a Venezia uno spritz venga fatto pagare più di tre euro è immorale. Credo ci siano gli estremi per mettere di mezzo l’avvocato e fare anche qualche nome che potrebbe far tremare il Palazzo. Ma viviamo in tempi oscuri e, ahimè, succede. A meno che non andiate al Chiosco ai Soci: non sarà glamour come il Lion (l’elegante caffè con terrazzina sul red carpet del palazzo del cinema), anzi, è proprio davanti la fermata dell’autobus, sulla rotonda tra Sandro Gallo e via Morosini (dove, se avete proprio taaaaaanto tempo da perdere e soldi da buttare c’è La Tavernetta) e il massimo che potrà accompagnare il vostro rilassante spritz sarà un pacchetto di patatine. Ma se avete poco tempo tra un film e l’altro è perfetto, vista la posizione strategica tra Palazzo e PalaBiennale. Se invece ve la potete prendere più comoda, allora allungatevi Da Cri Cri e Tendina (in via Sandro Gallo 159). Situazione molto veneta, locale rustico frequentato da autoctoni, oltre allo spritz, che qui è molto meglio bere tradizionale, ovvero tocai fermo e acqua di soda, senza aggiunta di Aperol, Campari o Select. Semmai provatelo con il Cynar, davvero speciale. E accompagnatelo con qualche cicchetto (se le chiamate tapas vi legano una pietra al collo e vi buttano in Laguna). Se invece siete dalla parte opposta del Lido, fate lo stesso.
Osteria al Mercà
Via E. Dandolo, 17B
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Non dovrei, ma è il mio preferito in tutto il Lido. Credo a causa del loro baccalà mantecato, davvero eccezionale, e anche le polpette di bollito. E poi perché invece dello spritz puoi osare una bollicina di livello o un bianco fresco e asciutto, tutto rigorosamente di zona, per accompagnare l’aperitivo, sicuro di bere bene, magari appoggiato su uno dei vecchi banchi inclinati di quello che una volta era il mercato del pesce. E se vi va di fermarvi a cena, ambiente rilassato, servizio ottimo, e le pappardelle capesante e funghi sono assolutamente da provare.
Ai Do Mati
Granviale Santa Maria Elisabetta, 49C
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Siamo arrivati a ora di cena, quindi. E questo ristorante pizzeria è una delle mete classiche di tutti gli accreditati, di qualunque casta essi siano, per una ragione tanto semplice quanto fondamentale: è aperto fino a tardi per gli standard veneziani. In un posto in cui la maggior parte delle cucine, anche in periodo Festival, chiudono al massimo alle 22:30, un posto dove se arrivi a mezzanotte ti fanno mangiare è da dargli una medaglia. Le pizze sono buone, ma la loro specialità, per quanto assurdo possa sembrare, è il filetto al pepe verde. Il bianco frizzante della casa ti manda a casa sorridente.
La Cucina Bistrot
Via Sandro Gallo, 57A/B
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Relativamente nuovo nel panorama del Lido, nel giro di pochi anni ha scalato le preferenze dei frequentatori del Festival. Prima di tutto perché è relativamente vicino al Palazzo del Cinema (un quarto d’ora a piedi o poco più). Secondo perché, come si intuisce dal nome stesso, contamina la cucina tipica con qualche tocco d’estro assai piacevole. In più, cosa da non poco, fa un’eccellente pizza cotta a legna con impasto napoletano. Spazia tra terra e mare, dalle pappardelle con ragù d’anatra al polpo al curry con riso venere che unisce suggestioni catalane e orientali. Ha un bel porticato, quindi vale la pena aspettare un tavolo lì. L’importante è essere muniti di Autan a litri.
El Cason Tiki Lounge
Via Giovanni Pividor, 15
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Questo è un posto per cui ci si deve proprio prendere la serata apposta. Viene chiamato agriturismo, ma in realtà sembra un pub per motociclisti convertito a… ristorante pizzeria per motociclisti. Se si è automuniti è meglio, altrimenti in cinque minuti ci si arriva in autobus dal PalaBiennale di Via Sandro Gallo (e per gli accreditati gli autobus sono gratuiti durante il periodo del Festival). Al Cason ci si va per la loro carne alla griglia: bistecche, salsicce, grigliata mista, a prezzi abbordabili, in gran quantità e molto buona. Atmosfera assai amichevole e rilassata. Se ci si viene in gruppo ci si diverte parecchio.
La Grande Cina
Via Perasto, 8
Questa è un’altra tradizione: almeno una volta andare al cinese. Le origini di questo rito si perdono nella notte dei tempi, c’è chi dice di averci visto una volta Orson Welles, Charlie Chaplin e Gabriele Mainetti contendersi un’anatra laccata. Ne dubitiamo, più per l’anatra a dire il vero. Ma ciò non toglie che se tornando al Lido gli accreditati trovassero questo posto non più funzionante, be’, aspettatevi servizi del telegiornale con una folla inferocita con forconi e torce.
Quartiere Malamocco
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Non è un ristorante, è la punta estrema del Lido, e anche la parte più bella a dire il vero. Ma durante il Festival è come fosse la Terra di Mezzo, perché anche se automuniti per andare e tornare ci vogliono venti minuti (in proporzione è come da andare da Bologna a Modena) e i ritmi festivalieri quasi mai permettono un lusso del genere. Ed è un peccato, perché ci sono tre posti che meriterebbero una visita. Il primo è senza dubbio la Trattoria Scarso, cucina tipica veneziana, locale rustico con un bel porticato. Anche il Sotoportego val bene una messa e una chance la merita la Trattoria al Ponte del Borgo. Se ci fosse una sala a Malamocco probabilmente sarebbe la mia preferita.
Bagno Marconi
Lungomare Guglielmo Marconi, 58
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Lo metto alla fine perché se si è in zona Excelsior questa è la prima ma anche l’ultima risorsa. Stabilimento balneare, American bar, ristorante, pizzeria, si mangia di fronte anche al mare e, spesso, anche se si arriva dopo mezzanotte almeno un’insalata te la mettono davanti. Ha un difetto che per molti è un pregio: nelle ore di punta è sempre stracolmo, il che crea non pochi problemi al servizio, sia per l’attesa che per la qualità. Il pregio è che in un colpo solo puoi riuscire a fare tutto il networking di una giornata. Ma almeno io, dopo una giornata di Festival, quando mi siedo a tavola voglio solo mangiare, bere e stroncare qualche film. In allegria.