Tarvisio è un posto dell’anima. Lo diceva qualche tempo fa un macchinista con un dente zuccherino per il vino, incontrato in fiera tra calici e assaggi. «Io sono napoletano, sto a Padova, e mi sono innamorato di Tarvisio venendoci a portare i treni merci. È il posto più bello del mondo, il mio angolino. Mi ci preparo già per la pensione». A sentirla così, vien da ridere. E le risate dimostrano che, probabilmente, non avete mai esplorato per bene quella protuberanza d’Italia tra Austria e Slovenia, mondo vecchissimo e ricco di Storia. Vino, natura, voglia di sedersi a tavola. Laghi blu, nevi precoci d’inverno, stazioni sciistiche. E, quando tira luglio, anche grande musica internazionale. Perché, con il bene che ti voglio, è No Borders Festival, baby. La manifestazione che, da 28 anni, unisce natura, cultura, e sostenibilità. Il tutto, nomen omen, sotto il segno dell’assenza di confini. Geografici, ma anche musicali.
Si vede negli ospiti di quest’anno, che hanno fatto ballare, cantare ed emozionare un pubblico internazionale nella cornice incantevole dei Laghi di Fusine: Jack Johnson, Baustelle, Ben Harper, Mannarino, Emma Nolde, LP, Skunk Anansie e Mika (ancora qualche data per la fine del mese: Stefano Bollani e Trilok Gurtu il 29 luglio, Wrongonyou e Benjamin Clementine il 30 luglio). In linea con lo spirito di sostenibilità e rispetto della natura con cui nasce No Borders, la location è raggiungibile solo tramite apposite navette o una meritevole passeggiata nella foresta millenaria di Tarvisio.
Sul posto sembra una favola, Summer of Love. Acqua, aria, ombre fresche. La natura, gli alberi che si mischiano con il pubblico, sanno quando si trovano al cospetto di amici. Sabato 22 il temporale grazia la performance degli Skunk Anansie di giusto un’oretta. Anche il 23, nonostante nuvole a banchi, tutto liscio per Mika: scende tra la folla, tre cambi d’abito, è un rito collettivo di rinascita. Le batterie si uniscono ai ritmi della foresta, attorno gironzolano bambini: è la festa di tutti. C’è anche il cibo, voilà, veloce ma eccellente, tra paninazzi (sic), aperitivi, vino a prezzi popolari e i burger di Eugenio Boer, sul posto a grigliare e validare l’hype che sale per le braci imminenti di Ferragosto. Last but not least: ma quando mai capita di farsi la scorte di formaggi di montagna nei famosi “baracchini” a lato di un palco di concerto?
Se la bocca ha iniziato a salivare, se pensate che, va bene la musica, ma il No Borders è forse un appuntamento anche per i gourmand, ci avete beccato. Come l’anno scorso, il festival ha raddoppiato, unendosi a un’inedita anticipazione estiva di Ein Prosit 2023 (coming soon a Udine, 17-22 ottobre), tra i principali appuntamenti europei per gli amanti e i professionisti della cucina stellata e le bevute da maestro.
Due settimane di turismo esperienziale per valorizzare i prodotti del tarvisano e le punte di diamante della cucina italiana tra cene, degustazioni e laboratori. Il tuffo nei vini è a cura di Francesco Annibali (giornalista enologico, vincitore del Premio Biblioteca Lunelli nel 2022) e Gae Saccoccio, filosofo del vino, gestore di Rimessa Roscioli a Roma. Quattro appuntamenti per capire i codici del nettare degli dèi, il suo parlare di noi e del nostro tempo. Se fossimo su Instagram ci chiederemmo «che cosa c’entrano Italo Calvino, Marco Bellocchio, Milan Kundera e Guerra e pace» con una bevuta. La seconda slide reciterebbe «tutto». Per capirne davvero però si deve andare a lezione da Saccoccio, che insegna che il vino riflette il passato e il presente, ed è uno strumento maieutico per ampliare gli orizzonti e guidare rivoluzioni. Ce lo insegnano i Barolo Boys, lo scandalo metanolo, e anche chi tratta i vini naturali con metodo e scienza, onorando la materia prima che il mercato.
Però ci vogliono dei fatti: si beve, ad esempio, Pinot Grigio Fuoripista di Elisabetta Foradori, non-Gewürztraminer Okr di Milan Nestarec, Refosco dal peduncolo rosso Scodovacca di Denis Montanar, Pinot Nero Pedecastello Elevare di Alex Della Vecchia, Brna Teran di Čotar. Per gli esploratori, consigliati soprattutto Scodovacca e Brna – quest’ultimo, ricordi di Lambrusco su uve slovene e mineralità. Sorprendente.
Non delude, anzi, soddisfa proprio il fronte delle cene stellate: Arianna Consiglio (Exit Pastificio Urbano, Milano); Benedetto Rullo, Lorenzo Stefanini e Stefano Terigi (Giglio, Lucca); Jacopo Ticchi (Da Lucio, Rimini) e Federico Sisti (Frangente, Milano) in una doppia cena congiunta; Alessandro Negrini (Il Luogo Aimo e Nadia, Milano); Chiara Pavan/Francesco Brutto (Venissa, Mazzorbo) e Michele Lazzarini (Contrada Bricconi, Oltressenda); Salvatore Sodano (Local, Venezia) e Alberto Toé (Horto, Milano); Kondo Takahiko e Karime Lopez (Gucci Osteria, Firenze); Alessandro Dal Degan (La Tana Gourmet, Asiago) e Riccardo Gaspari (SanBrite, Cortina).
Chi scrive parla ormai da una dimensione altra, dove i salti spaziotemporali tra Italia e mondo, regione e regione sono realtà. E non serve un motore a curvatura. Basta affidarsi alle cure degli chef, e non essere timidi. Certo non davanti a un punto interrogativo sibillino sul menù Sodano-Toé, rivelatosi essere un’ostrica che, mentre la blue hour si spegne sulle montagne, tira verso il mare. Non all’incontro con “Anguilla, more fermentate rapa al bbq”, piatto firmato da Toé con un’intenzione pulp: se preparare l’anguilla significa decapitarla viva, l’impiattamento ricorda che, a questa offerta di vita, devono corrispondere rispetto e valorizzazione dell’ingrediente. Al palato, la sorpresa più grande della serata.
Le tappe proseguono in Messico e Giappone, ma solo per tornare allo Stivale. Il menù Lopez-Kondo è il riassunto di quanto i due chef, messicana e giapponese rispettivamente, hanno imparato dell’Italia e dall’Italia, ma non pensatelo un sussidiario. Un blocco appunti, piuttosto, dove ricordi e intuizioni danno vita a piccoli cadeaux e, a loro volta, nuovi souvenir. Uno è il “Bignè di pappa al pomodoro”, capire “casa” in un boccone. L’altro è un quinto quarto del baccalà, kokotxa (gola): insieme a bisque di astice e involtino primavera è “Quello di Piazza della Signoria”, omaggio al lampredotto fiorentino. Il caviale in coperta di wasabi della “Torta In-Salata”. Il mole messicano (tipica salsa nazionale) unita al fondo di chianina, sostenuta dalla melanzana (“Viaggio in Messico”). Portarsi dietro la rifrazione dei rosoni delle chiese fiorentine con il dolce, “Il Sole Attraverso” (colomba, nuvole, albicocche e rum).
Il No Borders Festival giunge ormai purtroppo agli sgoccioli, ma l’anno prossimo, mi raccomando, non prendete impegni per luglio. Così potrete incontrare di nuovo la saggezza di prima mano dei macchinisti che percorrono l’Italia in lungo, largo, e diagonale. E, ancora più importante, vi godrete fino all’ultimo l’aria strana, frizzantina, delle zone di confine (e le loro bollicine).