C’è un gioco che molti londinesi fanno passeggiando per le strade della capitale: chi conta più Pret a Manger vince. Non è complicato, dato che ce ne sono 311, sei in meno del 2021, ma comunque una bella cifra. Continuando a dare i numeri, sono 421 in tutto il Regno Unito, mentre 61 quelli negli Stati Uniti, per arrivare a un totale di 509 nel mondo, con future aperture in Arabia Saudita e nell’area medio orientale, in Canada e in Irlanda e Irlanda del Nord, dove ancora il marchio non era riuscito ad approdare e dove sono previste 25 aperture nei prossimi 10 anni, con il primo negozio a Dublino che inizierà a servire il pubblico nei primi mesi del 2023.
Sandwich, naturalmente, insieme alle baguette, le insalate, i toast, le zuppe, oltre ai croissant, pain au chocolat e tutte le altre opzioni dolci e le diverse sfumature di caffè e tè. Chissà se pensavano di creare un simile impero Julian Metcalfe e Sinclair Beecham quando nel 1986, dopo avere rilevato il marchio di un deli di Hampstead, aprirono il primo Pret a Manger al 75b di Victoria Street a Londra. La motivazione che spinse questi due compagni d’università era semplice: era impossibile trovare a Londra un posto che facesse dei buoni panini. La tipologia che andava per la maggiore in quegli anni era abbastanza semplice: due fette di pane in cassetta piuttosto spesse con dentro del cheddar o dell’insalata di uovo o della crema di tonno. Era l’epoca dei caffè per i lavoratori dove una Full English Breakfast si strappava anche a 2,99 sterline e con una in più ti portavi via anche il panino per pranzo.
Metcalfe e Beecham però avevano in mente qualcosa di diverso, un prodotto che fosse gustoso, ma anche salutare, più leggero, da mangiare seduti nella pausa pranzo nel piccolo ristorante o da portare via, gustandolo al parco su una panchina o su un prato, o anche camminando, senza il rischio di sporcarsi prima di rientrare in ufficio. Una rivoluzione che ha preso piede rapidamente, cambiando le abitudini dei professionisti della città, in particolare quelli della City, e che ha fatto crescere vertiginosamente il numero di punti vendita nel giro di pochi anni. La filosofia di Pret è semplice: buon cibo, caffè 100% organico, e soprattutto grande impegno nella sostenibilità e sul territorio. Ancora oggi tutto quello che si trova sugli scaffali di ogni negozio della catena è assemblato nella sua stessa cucina, così da poter assicurare un prodotto sempre fresco al cliente evitando inutili sprechi. Che comunque non ci sarebbero.
Nel 1995 nasce la Pret Foundation, una charity gestita direttamente dall’azienda che ha come obiettivo quello di combattere la povertà in Inghilterra e in tutti i paesi in cui opera il marchio. Tutto ciò che è invenduto quando si chiudono le saracinesche (intorno alle 18, nessun Pret resta aperto la sera) viene raccolto e portato nei centri di accoglienza, nelle mense sociali e distribuito ai bisognosi e ai senza tetto. In un report redatto all’inizio del 2021 è certificato che nel corso del 2020 Pret ha donato 7,3 milioni di prodotti provenienti dai loro negozi. E nel periodo in cui i negozi sono stati chiusi nel corso del primo lockdown, l’equivalente di 1,5 milioni di sterline in materie prime alimentari è stato donato per evitare che venisse buttato. Insomma, non parliamo di semplici tramezzini, ma di un’azienda con un’etica che andrebbe replicata.
In realtà Pret a Manger è un po’ come La Settimana Enigmistica, vanta innumerevoli tentativi d’imitazione, non tanto come catena, ma come prodotto. Quello dei sandwich è diventato un mercato ricchissimo, ogni brand della grande distribuzione ha i suoi, con le sue ricette e combinazioni diverse. E questa è un’altra delle caratteristiche di Pret: la certezza. In ogni ristorante, ovunque esso sia, ci sono esattamente le stesse proposte di un menù che da anni è costante e con variazioni minime e rigorosamente stagionali. La Italian Prosciutto Baguette non vi abbandonerà mai, così come il doppio sandwich con salmone e formaggio fresco. E se siete vegetariani potete scegliere la Beet Wellington Baguette che trovate in tutti i Pret-Veg, i ristoranti dedicati a chi non mangia carne e che sono stati la grande innovazione della catena nel 2016, aperti dopo l’acquisizione della catena concorrente EAT.
Il futuro di Pret a Manger è l’espansione in mercati non ancora battuti, ma non aspettatevi di vederli in Italia. Pret nasce proprio guardando con attenzione al fast food italiano, e per quanto possa essere appetibile il nostro mercato e oliata la macchina aziendale, è difficile competere con un’offerta così varia e qualitativamente alta come quella presente in una qualunque città italiana. Immaginate Pret a Bologna sotto le Due Torri, a pochi metri da Tigellino che sforna tigelle con dentro la qualunque a ciclo continuo, o a Napoli, dove con cinque euro puoi prenderti una frittatina di maccheroni, una pizzetta margherita e una sfogliatella. Per non parlare di Roma, dove la cultura del tramezzino è radicata e scatenata, con ripieni alla carbonara, all’amatriciana e alla trippa al sugo.
Pret a Manger ha certamente qualcosa che può insegnare a tutti: che si può fare del bene anche facendo tanti soldi. E che si possono trattare con dignità i propri dipendenti. Nell’aprile del 2022 l’azienda ha alzato il compenso minimo da 9.40 sterlije (che è la soglia minima di legge nel Regno Unito) a 10.15 sterline l’ora a 8.000 persone della sua forza lavoro, un investimento da 9.2 milioni di sterline l’anno, diventato di 20 quando dal primo dicembre l’azienda ha deciso di aggiungere un ulteriore 5% per fronteggiare l’enorme innalzamento del costo della vita nel Regno Unito. E da quando è iniziato il conflitto tra Russia e Ucraina, oltre 200 rifugiati ucraini sono stati assunti grazie a uno schema dedicato che comprende anche lezioni di inglese gratuite e rimborsi sui trasporti per i primi due mesi di lavoro.
Sarà un caso, ma ultimamente la Chicken Caesar Bacon Baguette, la mia preferita, mi sembra molto più buona.