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The Botanist: dalle isole scozzesi a Roma, in un giro di gin (e di vip)

A Villa Laetitia, sul Lungotevere romano, è stato presentato il nuovo gin The Botanist, con tanto di live (bellissimo) di Thony e un coefficiente di romanità (fortunatamente) più basso del solito

È giusto denunciare subito una debolezza di chi scrive: causa doppia paternità, non partecipa a occasioni serali di condivisione enogastronomica e culturale da circa quattro anni. E a dirla tutta festaiolo non è mai stato, neanche prima. Ecco perché quando è arrivato l’invito di The Botanist, nella sconosciuta – per me, pur essendo romano – Villa Laetitia (scoprirò di esserci passato per due decenni davanti senza mai notare un edificio splendido), con un misto di speranza e terrore ho immaginato uno scenario da Grande Bellezza, accarezzando persino la tentazione di indossare un completo bianco. Con cui avrei fatto tappezzeria, ovviamente.

In fondo io non volevo partecipare a questa presentazione di un gin ottimo e raffinatissimo, volevo il potere di farla fallire. Non ci riuscirò, anche perché le 22 erbe selvatiche raccolte a mano per farne questo dry gin, prodotto dalla Bruichladdich Distillery a Islay, in Scozia, sono in una stanza, in essenza, pronte per essere annusate e io lo faccio subito, uscendone di ottimo umore, profondamente colpito, e con la strana sensazione che un paio fossero sostanze psicotrope.

Grazie allo speech di Tlon – probabilmente la realtà culturale romana più innovativa e interessante degli ultimi anni che con una serie capillare di appuntamenti live ha reso in un lustro la filosofia pop e glam senza perdere però di approfondimento analitico e culturale – scopro che è uno degli unici due gin prodotti sull’isola e che la raccolta a mano è comunitaria. Tutta Islay tra marzo e ottobre viene battuta da raccoglitori professionisti per poi arrivare alla distillatrice che inizialmente era stata dimenticata, considerata vecchia e brutta (non ho potuto non solidarizzare con lei, sentendomi esattamente così ogni giorno) e poi recuperata proprio per questo prodotto unico. E che questo gin esca fuori da un oggetto di rame un po’ goffo che gli stessi proprietari chiamano Ugly Betty mi sembra subito molto poetico. Oltre che darmi speranza.

A dirmi questo ultimo aneddoto è Mario Molinari, consigliere delegato dell’azienda omonima (e mitica, per la sambuca e non solo, ma anche per aver detto di no alla distribuzione della Coca Cola in Italia) e distributrice di The Botanist in Italia. Mi piacerebbe dirvi che da giornalista d’assalto l’ho pedinato tutta la serata, per carpirgli informazioni. In realtà me l’ha presentato Pierluigi Pardo – che conosco dai tempi in cui faceva Tiki Taka (la migliore trasmissione sportiva mai fatta, la sua Tiki Taka, diciamolo) e che allora era così folle da usarmi saltuariamente come opinionista – con cui conversava amabilmente. Confesso che avendolo sequestrato per circa 80 minuti parlando di viaggi, alcolici, massimi sistemi, figli, calcio, levrieri e tanto altro (il fratello Angelo e un suo amico messicano hanno cercato di salvarlo da me, ma senza successo), sto attendendo una giusta denuncia per stalking.

Al secondo bicchiere di gin ero già conquistato da The Botanist – e anche tutti gli altri, visto che il presente all’uscita è stato saccheggiato, ma va pure detto che l’assalto a gadget e affini mi ha sempre fatto orrore, maledetto pudore, ora sono assetato e a mani vuote – però è Mario Molinari a farmi innamorare definitivamente della bevanda. «Islay è un’isola particolare: decide lei se puoi visitarla o no». Non so a voi, ma a me sembra un aforisma spettacolare, che peraltro ha la stessa metrica di «Non si dice Sambuca, si dice Molinari». O quasi.

Torniamo al gin in questione, però, The Botanist viene da questa landa scozzese in mezzo a mari e meteo tempestosi che possono costringerti a cambiare programmi in pochi minuti. La regina delle Ebridi e degli Scotch Whiskey torbati ha una vita propria e lo senti dalla personalità del gin tonic che ho in mano. Tanto che quando vedo la donna di cui ero innamorato da adolescente (che poi allora lo era anche lei, più di me) ho quasi l’impressione che mi sorrida. Ovviamente era una smorfia, tipico gesto che suscito nell’universo femminile.

Insomma, temevo una Roma trash e vippettara, e mi ritrovo invece in una villa bellissima, elegante, con una comunità di artisti (tipo Bob Angelini, che quando lo chiami vip minaccia ritorsioni ferocissime e ha dribblato foto come Dybala gli avversari) e ottimismo – parola chiave della serata, pure un po’ troppo, ma che bello scoprirne l’etimologia grazie a Tlon, ottimismo viene da optare, scegliere – parlando però di autenticità del territorio, tradizione e innovazione, futuro e passato che si legano nella sostenibilità ambientale su un’isola selvaggia e bellissima, filosofi moderni che fanno da collante al tutto, una Thony in gran forma che regala un live delicato e potente, come è la sua voce ma anche la sua capacità espressiva al cinema. Devo ancora decidere se mi piaccia più come cantante che come attrice, ma in fondo amo rimanere nel dubbio.

Certo, un po’ la Carrà che riempiva la villa con la sua musica mi è mancata, ma io sono tornato a casa presto, che i pupi hanno risvegli notturni frequenti. Magari al posto mio qualcuno vestito di bianco con un gin tonic in mano e una bottiglia di The Botanist nell’altra ha aperto le danze. Io sono tornato dalla mia famiglia con un unico dubbio. La degustazione responsabile di cui si vantava il comunicato stampa. Continuo a pensare sia un ossimoro. O che il politicamente corretto ci ucciderà. Meno male che c’è il buon gin.

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